giudiziaria

«Cerbero», fiumi di droga sul Chivassese

La scure dei giudici su Alvaro e Carbone

«Cerbero»,  fiumi di droga sul Chivassese
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«Dichiara inammissibili i ricorsi di Francesco Agresta, Natale Agresta, Domenico Alvaro, Pasquale Michael Assisi, Francesco Barbaro, Saverio Barbaro, Elez Begaj, Brulind Begaj, Giuseppe Carbone, Domenico Cosimo Catanzariti, Francesco Catanzariti, Pasquale Catanzariti, Paolo Cirelli, Antonino Cristian Gatto, Francesco Macrì, Orazio Valentino Maggiore, Junior Giuseppe Nerbo, Vincenzo Oneto, Luciano Paparo, Antonio Piccolo, Giuseppe Priolo, Giuseppe Romeo, Michelangelo Versaci e Alessandro Villani e li condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della cassa delle ammende».

«Cerbero», fiumi di droga sul Chivassese

Con queste parole i giudici della Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione, presidente Pierluigi Di Stefano e relatore Angelo Costanzo, hanno scritto la parola fine al processo (rito abbreviato) legato all’operazione contro la criminalità organizzata «Cerbero», nata dalla «Minotauro» (con gli aggiornamenti legati alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Domenico Agresta) e dall’unione di più filoni d’inchiesta.

Tra questi, il «Carne 'i cane» (le cui indagini, svolte dalla Squadra Mobile di Torino, si sono concentrate sull'operatività della famiglia Alvaro in Piemonte, nell'area di Brandizzo), e l’operazione «Miracle», la cui attività di indagine, per i delitti di associazione finalizzata al narcotraffico e per associazione mafiosa, è stata condotta dalla Compagnia di Chivasso all’epoca guidata dal Maggiore Luca Giacolla.

Entrando nello specifico, per quanto riguarda il commerciante di frutta e verdura chivassese Domenico Alvaro, classe 1977 (recentemente è stato condannato, sempre in Cassazione, «Quale esponente di vertice, dal febbraio 2003 e con condotta perdurante, dell'omonima cosca ’ndranghetista radicata in Sinopoli, con compiti di pianificazione e decisione delle azioni delittuose da compiere con particolare riferimento al territorio di Chivasso, ove domiciliava e operava»), gli Ermellini hanno considerato il suo ricorso manifestamente infondato.

Tra le altre cose, la Corte rimarca come «La sentenza impugnata ha considerato che non emergono ragioni di astio del collaborante Agresta nei confronti di ricorrente e ha idoneamente vagliato i riscontri alle accuse offerti dalle attività di videosorveglianza e dalle conversazioni che confermano i rapporti di Alvaro con Carlo Pezzo e Vincenzo Pasquino e le varie proposte di Alvaro a Pasquino di acquistare notevoli (anche quintali) quantità di stupefacenti di varia natura, fino all'attivarsi del ricorrente, dopo il suo fermo per un controllo da parte dei carabinieri affinché i sodali si allontanassero al fine di “Scomparire tutti perché c'è l'associazione”».

Inammissibile anche il ricorso presentato dal brandizzese Giuseppe Carbone, nato nel 1989 e parente di Alvaro. Nel suo caso, i Giudici citano l’episodio dell’acquisto a fine di successiva cessione di 60 chilogrammi di hashish, per cui avrebbe concordato come corrispettivo il rilevante importo di 60 mila euro.

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