L’ultimo saluto a Marco, «Ragazzo con la testa sulle spalle, ci mancherà»
Il giovane chivassese, appena 30 anni, è rimasto vittima di uno schianto contro un muro a Montiglio Monferrato
«Che volete che vi diciamo...? E’ una tragedia, non ci sono altre parole per descrivere quanto accaduto». A parlare sono gli amici di Marco Berardi, 30 anni compiuti appena lo scorso maggio.
Terribile incidente
E’ rimasto vittima di un brutto incidente stradale, sabato 23 settembre, mentre era in sella alla sua moto Bmw GS 1200. Una curva e poi lo schianto contro un muro nei pressi del lago di Codana a Montiglio. Per lui non c’è stato niente da fare, nonostante l’immediato allarme da parte dei passanti e dei testimoni. I sanitari intervenuti sul posto non hanno potuto fare altro che constatarne il decesso. A nulla è servito anche l’arrivo dei sanitari del 118 a bordo dell’elisoccorso, per il giovane Marco, 30 anni compiuti lo scorso maggio, non c’era già più nessuna speranza. Un incidente drammatico, autonomo - secondo le prime ricostruzioni delle forze dell’ordine che sono intervenute sul posto per i rilievi del caso -, che non ha lasciato scampo al giovane settimese che da poco tempo abitava a Chivasso in via Ivrea. Capotreno di professione, da circa 3-4 anni, di recente si era trasferito a Chivasso. Un modo per trovarsi a metà strada tra i suoi familiari, il papà Matteo, la mamma Carmela, la sorella Sabrina che abitano a Settimo e la sua fidanzata Agnese che invece abita a Torrazza. «Un ragazzo con la testa a posto - lo ricordano i conoscenti -. Sin dai tempi del liceo ha sempre dimostrato grande attenzione a tutti e si è rivelato disponibile con chiunque».
Dopo l’incidente avvenuto lo scorso sabato, le forze dell’ordine hanno - come di rito - avvertito la sua famiglia. Sul posto si sono precipitati i suoi familiari, compresa la madre che una volta arrivata sulla scena del dramma ha accusato un malore ed è stata subito soccorsa dai sanitari intervenuti sul posto su richiesta proprio delle forze dell’ordine.
I funerali sono stati celebrati mercoledì 27 settembre, alle 14,30, presso la Chiesa di San Vincenzo de’ Paoli.
Intanto nelle ultime ore sono moltissimi i messaggi di cordoglio che stanno circondando la famiglia in questo momento di estremo dolore.
I ricordi
Tanti come i post che compaiono sulla bacheca del profilo di Facebook del giovane ragazzo di Settimo che da poco viveva a Chivasso.
Un sentimento di incredulità diffusa per una notizia che ha sconvolto tutti i giovani settimesi che conoscevano Marco e che con lui avevano condiviso, in modo particolare, i corridoi dell’Istituto 8 Marzo di via Leini.
Un’ennesima tragedia sulla strada che colpisce il nostro territorio e che lascia sgomenta un’intera città.
Lo dimostra anche la folla di amici e conoscenti che, in queste ore, sta affollando la camera ardente allestita presso l’obitorio, nel Monferrato, dove è stata ricomposta la salma e messa da subito - secondo le indicazioni della magistratura - a disposizione della famiglia.
«La vita umana è come un pendolo che oscilla incessantemente tra dolore e noia, passando attraverso l'intervallo fugace, e per di più illusorio, del piacere e della gioia».
«Ci siamo avvicinati anche e a causa di questa citazione di Schopenhauer - ricorda Danilo, uno dei compagni di classe di Marco Berardi -. Erano i tempi del liceo ed entrambi eravamo molto appassionati di filosofia».
«Volevamo - aggiunge l’amico Danilo - in qualche modo sfidare il filosofo e confutare la sua tesi. Anche perché Marco era una persona speciale, capace di parlare di tutto e con chiunque. Disponibile, e soprattutto con la testa sulle spalle. Sempre attento ai suoi doveri di ragazzo e poi di uomo». «Anche per questo - in relazione anche alla citazione del filosofo Schopenhauer - di lui ricordo che con lui e in lui non ci fosse alcun momento di noia. Era vitale, e ha sempre lavorato per inseguire le sue passioni». Come quella per la divisa. Era appassionato, sin da ragazzo dell’Aeronautica Militare e ha sognato di indossare quella divisa da grande, per affrontare una carriera militare che lo mettesse di fronte alle responsabilità di uomo che lui era pronto, e l’ha sempre dimostrato, di potersi assumere. Così, in questi giorni, non è raro per gli amici e i conoscenti ritrovarsi di fronte a quelle foto che lo ritraggono orgoglioso mentre frequenta quella che alcuni anni fa era la «Mini-Naja», che aveva frequentato proprio a Rivolto, sede del 2° stormo della Forza Armata e anche delle Frecce Tricolori. «Aveva un carattere deciso, quando era necessario - conclude l’amico -, ma era una persona schietta e soprattutto sempre pronta a mettersi in discussione. Così come ha fatto per il lavoro». Prima come addetto di Poste, sul territorio del Chivassese, e poi - in ultimo - sotto indossando la divisa di Trenitalia. «Posso soltanto ricordarlo - spiega l’ex vicepreside dell’istituto 8 Marzo, la professoressa Benedetto - come un gran bravo ragazzo, onesto, leale, amico fidato. Uno di quei ragazzi che un insegnanti non può e non vuole mai scordare».