Don estromesso dalla gestione della Casa di Riposo
Il sacerdote si è affidato all’avvocato Boraso: «Negli anni messi a disposizione 450 mila euro»
Deluso, amareggiato ma pieno di fiducia in quella che si rivelerà la «volontà di Dio».
Don estromesso dalla gestione della Casa di Riposo
Don Corrado Cotti, per oltre sessant’anni parroco di Verrua Savoia, dallo scorso primo giugno si trova in un profondo stato di malessere legato alla decisione del Vescovo di Casale, Monsignor Gianni Sacchi, di sollevarlo dall’incarico di «legale rappresentante» della parrocchia, ruolo subito affidato al parroco di Cocconato don Igor Peruch.
Impossibile assegnare il ruolo a don Ametepe Kossi Gamon, nuovo parroco di Verrua, in quanto non cittadino italiano.
Fin qui potrebbe trattarsi di un normale avvicendamento (era stato lo stesso don Corrado a rinunciare l’incarico di guida della parrocchia per sopraggiunti limiti di età, in data 29 settembre 2022), ma il provvedimento ha dirette conseguenze anche sulla casa di riposo «Terra di Canaan», un gioiello voluto e creato da don Corrado che, ad oggi, si trova assolutamente estromesso da quello che era ed è un fiore all’occhiello della comunità verruese.
Nonostante questa estromissione, però, i nuovi «responsabili» avrebbero comunque bussato alla sua porta per chiedergli di coprire le spese per l’acquisto di un nuovo sollevatore...
La storia della «Terra di Canaan» è legata a filo doppio alla figura di don Corrado, che in quella struttura ci ha messo anima, corpo e tanto, tantissimo denaro.
Ma andiamo con ordine.
I fatti
Tutto ha inizio nei primi Anni ‘80, quando Maria Moletto vedova Motta dispone un testamento in cui lega la proprietà del suo alloggio a Torino alla parrocchia di San Giovanni a Verrua, mettendo nero su bianco come la somma ricavata dalla vendita dello stesso dovrà essere destinata «all’istituzione di una casa di riposo per poveri vecchi del paese da realizzarsi in Verrua». Da quell’alloggio di pregio vengono ricavati poco meno di 200 milioni di lire, e da quel momento partono i lavori sempre confidando nella provvidenza.
A metà degli Anni ‘90 Mario Gennaro, un anziano parrocchiano, dopo un periodo di degenza in ospedale viene dimesso. Non ha parenti prossimi, e quindi è don Corrado che si fa carico di tutte le incombenze.
Nel testamento indica come erede la parrocchia, 150 milioni che dovranno essere destinati «al completamento della casa a favore degli anziani».
Prima di entrare in seminario, don Corrado aveva lavorato come garzone in un negozio di fiori, a Casale, gestito dalle due sorelle Assuntina ed Angiolina Costa. Nel 1994, quando viene a mancare Angela, don Corrado ne viene nominato erede universale «perché possa realizzare l’opera iniziata a favore dei poveri vecchi della parrocchia di Verrua».
Da quel momento inizia la storia «recente» della Terra di Canaan, diventata un punto di riferimento per le famiglie che sapevano di poter contare su di un’assistenza, come ribadisce lo stesso don Corrado, «migliore di altre strutture, laiche o religiose», con nuove e importanti donazioni come quella dei coniugi Enzo Ferrante e Maria Teresa Asigliano (80 mila euro per il restauro dell’organo e 200 mila per la realizzazione di una camera mortuaria a servizio della casa di riposo).
Impossibile, anche dal punto di vista materiale, non capire quanto sia stretto il legame tra don Corrado e la Terra di Canaan.
Lo scorso 3 ottobre, per far valere i propri diritti, don Corrado si è quindi rivolto all’avvocato Alexander Boraso, di Verrua, che ha scritto al Vescovo Sacchi ricordando come don Corrado «Provvedeva ad utilizzare ingenti risorse personali e le spese ammontavano a circa 450 mila euro nel corso degli anni, per la costruzione, l’adeguamento, gli arredi e quant’altro necessario alla casa di riposo, ancora nel giugno ’23, post revoca, provvedendo personalmente all’acquisto di un sollevatore di persone per la struttura al costo di euro 4 mila 500 euro».
«Il mio assistito - si legge ancora - lamenta la propria esclusione dalla gestione della struttura (...) e nutre forti dubbi sulla prosecuzione dell’attività, atteso che egli veniva interpellato dal nuovo legale rappresentante della Parrocchia in ordine alla copertura dei costi per il completamento della camera mortuaria ed ampliamento della struttura, opera necessaria, obbligatoria e necessitante di adeguamenti. Don Corrado, inoltre, evidenzia non solo che i lasciti di scopo dei vari benefattori venivano a lui donati al fine della costruzione della casa di riposo ma che egli stesso donava la gran parte dei denari necessari alle opere, venendo oggi “brutalmente” escluso dalla gestione della struttura. Ma vi è di più: l’attuale situazione ha generato nel mio cliente un senso di grave ingratitudine da parte del soggetto beneficiario dei propri lasciti, al punto da far sorgere nel donante una facultas poenitendi, che gli dà il diritto di promuovere il giudizio che mi ha incaricato di predisporre. Lo studio della posizione, tra l’altro mi consente di affermare che andrebbe considerato il disposto normativo previsto dal Diritto canonico in ordine al diritto del mio assistito di amministrare il soggiorno per anziani, a prescindere dal contenuto del decreto di nomina del 1.06.23 ed anche il disposto previsto dalla normativa legata alla ristrutturazione e ricostruzione di beni altrui, per il quale si dovrà valutare, attesa la esclusione del mio cliente dall’amministrazione, la possibilità di restituzione dei danari utilizzati in forza del principio legato alla restituzione dell’utilità legata al miglior godimento del bene a fronte delle migliorie apportate, anche in questa circostanza siamo in fase di valutazione sulla determinazione della misura dell’indennità spettante al mio cliente quale autore dell’opera».