«Altro che aiutare le donne, così si calpestano i loro diritti»
La presidente di «Punto a Capo» guarda con preoccupazione a quello che sta accadendo in Italia
Parte da un ricordo Lina Borghesio, presidente di Punto a Capo, per rendere pubblici - non nascondendo amarezza e delusione - i problemi che continuano a investire il pianeta donna.
«Altro che aiutare le donne, così si calpestano i loro diritti»
«Nel 1970 fu eletta per la prima volta una donna come presidentessa della Camera dei Deputati, Nilde Iotti. E nel primo anno del suo mandato l’8 marzo ricevette tante mimose. In Parlamento ringraziò tutti i colleghi, aggiungendo: “Da domani mi aspetto opere di bene”. Certo qualche opera di bene dal 79 in poi c’è stata, ma...
Anche quest’anno abbiamo festeggiato l’8 marzo però opere di bene non ne vedo semmai, opere che con il bene dei diritti delle donne hanno nulla a che fare».
E cita alcune criticità: «Continua la situazione delle donne che sono per strada senza casa o che stanno per perderla». Commenta: «Nessuno fa nulla. E inoltre si sono aggiunte delle figure nuove di donne straniere con figli minori che magari sono irregolari però ci sono e ci sono anche i bambini e le collocazioni non si trovano. Non possiamo cancellarli». Aggiunge: «Ma la cosa che inquieta di più e il fatto che con modalità diverse si stiano mettendo in atto attacchi ai diritti delle donne. Ecco un esempio, anche se per l’opinione pubblica non sembra ricollegarsi alle donne. Ovvero, la diminuzioni dei tempi per le intercettazioni. Sembra si stia attestando sui 45 giorni. Perché collegarlo alle donne? Perché il reato di stalking se attestato per un periodo di soli 45 giorni è troppo poco per cui si rischia che non si configuri come reato: Invece è una delle situazioni più pericolose che spesso sfocia nel femminicido. Abbiamo visto sentenze che hanno a assolto lo stalker perché tre mesi non sono stati ritenuti sufficienti per definire il reato. E’ una cosa molto grave».
Non si ferma qui il discorso. Fa notare Lina Borghesio: «Un’altra questione di cui si sta discutendo in modo superficiale è quella della presenza che verrà imposta dei movimenti pro vita nei consultori.
La legge non lo prevede. La 194 è una legge referendaria che come tale non può essere ne modificata ne abrogata. La legge prevede la presenza di personale sanitario e organico al consultorio, che sia utile alla donna perché possa decidere in modo autonomo, senza imposizioni. Non prevede personale esterno. Quindi la presenza di questi centri dentro i consultori significa una restrizione della libertà personale.
Noi possiamo dimenticare che le donne vivono dei momenti molto drammatici quando decidono di abortire. In questo 8 marzo si sono dette tante belle parole ma qualcuno ha pensato di controllare come è l’applicazione della legge 194 sul nostro territorio? Qualcuno, che ha competenza per farlo, ha pensato di andare a vedere come è applicato l’aborto farmacologico o l’intervento chirurgico? Funziona o no? Come sono seguite le donne che intendono sottoporsi all’interruzione di gravidanza?
Le donne che intendono continuare a essere donne e non solo fautrici di bambini hanno bisogno che la società aiuti il loro essere madri».
Conclude: «Credo che su tutto il territorio nazionale, compreso il nostro, non ci siano molto servizi adeguati all’aumento della natalità. E una riflessione che va fatta. E bisogna rilanciare una politica di servizi sociali che vada in quella direzione».