Il caso

Clara Marta e lo stalker: "Devo essere la prossima vittima?"

Il giovane richiedente asilo si è addirittura tolto il braccialetto elettronico per potersi avvicinare. Ora è in carcere? Assolutamente no.

Clara Marta e lo stalker: "Devo essere la prossima vittima?"
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Dello stalker di Clara Marta, consigliere comunale a Chivasso e in Città Metropolitana Torino per Forza Italia, avevamo già scritto nel mese di aprile.
Denunce, arresto, braccialetto elettronico per evitare che si avvicinasse alla donna diventata per lui una ossessione con telefonate, messaggi e appostamenti a ogni ora del giorno e della notte.
E’ servito a qualcosa? Assolutamente no, alla faccia del «codice rosso» e delle continue battaglie in difesa delle donne. Forse le donne non sono tutte uguali, o forse perché chi di dovere intervenga deve accadere qualcosa di grave, irreparabile.

Clara Marta e lo stalker: "Per essere ascoltata devo essere la prossima vittima?"

Ma forse nemmeno quello, dato che l’assassino di Giusy Arena è in libertà da quasi due anni, senza nome e senza volto, un femminicidio di «serie B» che molto probabilmente resterà senza colpevoli.
Dopo l’ennesimo choc, quel giovane richiedente asilo alcuni giorni fa si era tolto il braccialetto elettronico e lei se l’è trovato davanti senza che scattasse l’allarme dal dispositivo che porta sempre con sé (ora è in carcere? nemmeno per sogno), Clara Marta ha deciso di uscire allo scoperto, mettendo nero su bianco le sue angosce e le sue paure.
Anche perché il suo stalker ha alzato il tiro, presentandosi con mazzi di fiori davanti alla sede della Città Metropolitana e inondando di mail deliranti e vergognose la sua casella di posta istituzionale.
Cosa deve fare ancora prima che qualcuno lo fermi e lo allontani per sempre dalla vita di Clara Marta? Accoltellarla, come è successo a Sharon Verzeni?

Lo sfogo di Clara Marta

«Oggi mi rivolgo a voi - ci racconta Clara Marta, seduta sulla «panchina rossa» di piazza della Repubblica - con il cuore afflitto, segnato da un dolore che non avrei mai immaginato di dover affrontare. Sono una donna, una madre, e una moglie che ha visto la sua vita trasformarsi in un incubo, un incubo fatto di paura, angoscia e solitudine. Questo incubo è iniziato un anno fa e da allora non ha più lasciato la mia esistenza. Vorrei condividere la mia storia, perché nessuno dovrebbe mai affrontare un'oscurità così profonda in solitudine.

Nel 2017, ero assessore al commercio del Comune di San Raffaele. Piena di entusiasmo e determinazione, ho partecipato a un progetto di integrazione per una comunità di migranti appena arrivati nel nostro paese. Credevo profondamente nella possibilità di costruire un ponte tra culture diverse, offrendo una nuova vita a chi scappava da situazioni disperate. Accettai di partecipare ai corsi di insegnamento della lingua italiana con gioia, certa che l’educazione fosse la chiave per un futuro migliore.

Ma mai avrei immaginato che quel gesto di solidarietà potesse portarmi a vivere il dramma che sto affrontando oggi. Tra i migranti c’era Sudais, un giovane che si distinse per la sua intelligenza e voglia di apprendere. Iniziò una relazione con la figlia di un insegnante e, al termine del progetto, si trasferì a Milano con lei. Sembrava che tutto stesse andando per il meglio, ma poi la mia vita è stata stravolta.

Un anno fa, Sudais è tornato da Milano e da quel momento sono diventata la sua vittima. Il suo amore non corrisposto si è trasformato in un’ossessione che ha invaso ogni aspetto della mia vita. Appostamenti fuori casa, dichiarazioni d’amore non richieste, una presenza costante che ha reso la mia esistenza un inferno. La libertà, che prima davo per scontata, mi è stata tolta. A gennaio, Sudais è arrivato a compiere un atto che nessuna madre dovrebbe mai dover affrontare: è entrato in casa mia, quando c’erano solo i miei figli. Il terrore che ho provato in quel momento è indescrivibile.

Ho cercato aiuto e all’inizio la magistratura non ha riconosciuto la gravità della situazione. Mi sono sentita abbandonata, sola, ma non ho mai smesso di lottare. Grazie all’intervento di un caro amico avvocato, sono emerse nuove prove che hanno rivelato la pericolosità di Sudais: aveva già aggredito un’altra donna.
Solo allora le autorità hanno agito, mettendogli un braccialetto elettronico e arrestandolo. Tuttavia, il dramma non è finito qui: è quasi incredibile, ma il 31 agosto, Sudais si è tolto da solo appositamente il braccialetto elettronico per venirmi a cercare. Una volta portato in carcere, il giudice non ha ritenuto questo gesto importante, sottovalutando così la gravità della situazione.

In questo contesto, desidero esprimere il mio più profondo apprezzamento per le forze dell'ordine che, con il loro impegno e professionalità, mi hanno regalato attimi di libertà, proteggendomi in un momento in cui la giustizia sembrava invece non dare il giusto peso a fatti così gravi come lo stalking.

Questa è la mia storia, un racconto di dolore e di resistenza che, credo, meriti di essere ascoltato. Vi invito a unirvi a me nella lotta contro l’indifferenza e la violenza che, purtroppo, troppe donne devono affrontare ogni giorno. Insieme possiamo fare la differenza, insieme possiamo spezzare il silenzio».

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