CALUSO

Deceduto per Covid nella RSA, maxi risarcimento alla famiglia

Mezzo milione a moglie e figlio

Deceduto per Covid nella RSA, maxi risarcimento alla famiglia
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Per la morte di un 82enne di Caluso avvenuta nel 2020 a causa del Covid, in piena pandemia, una Rsa in Canavese è stata condannata per grave negligenza.

Deceduto per Covid nella RSA, maxi risarcimento

La Seconda Sezione Civile del Tribunale di Padova (di competenza in base alla sede principale della struttura), ha pronunciato una sentenza (pubblicata il 30 settembre scorso) che, con ogni probabilità, farà giurisprudenza. Perché è la prima che accoglie la richiesta di risarcimento (danno parentale) dei famigliari, assistiti dall'avvocato Giacomo Vassia di Ivrea.
I fatti. E’ l’autunno del 2020 quando si scatena la seconda andata di contagi e l’uomo, un 82enne muore a causa del Covid all’interno della casa di riposo. Quest'ultima, stando al verdetto del Tribunale, è stata condannata a risarcire la moglie ed il figlio del defunto versando una somma superiore al mezzo milione di euro per non aver impedito l'ingresso del virus all'interno della struttura. Nella somma disposta sono stati conteggiati gli interessi legali, rivalutati anno per anno sulla base degli indici Istat.
La condanna, in solido, prevede anche di rifondere alla famiglia le spese di giudizio, e compenso professionale per altri 46mila euro, oltre agli accessori di legge e spese generali.

La sentenza

Dopo 3 anni di fase istruttoria con numerose testimonianze e consulenze mediche, il Tribunale ha dunque stabilito la diretta riconducibilità causale dell'infezione Covid 19 alle prestazioni rese nella casa di riposo, documentato: «Nonostante le ben note plurime pregresse patologie di rilevante entità, il degente non è mai stato visitato da un medico e gli è stato somministrato solo ossigeno ed aerosol, senza alcun altra terapia».

«Secondo la Ctu – spiega l’avvocato Giacomo Vassia – eseguita da due luminari, per 58 ore il “de cuius” (la successione per causa di morte) non è stato monitorato. Da quando è stato verificato con il tampone positivo, cioè da quando si è scoperto che aveva il Covid, fino al decesso l’ospite della Rsa non è mai stato visitato da un medico. L'unico accertamento – precisa l’avvocato - lo abbiamo da una Oss che ha misurato la febbre. Cosa molto grave. A maggior ragione, avendo il degente già delle patologie pregresse, doveva essere monitorato attentamente perché non era nelle condizioni di lamentarsi in quanto questo povero uomo non riusciva a parlare».
Nella sua disamina, il legale della famiglia si è anche soffermato sull’iter processuale durato tre anni: «Abbiamo sentito molti testimoni che affermavano come nell’Rsa si rispettassero i protocolli. Ma se avessero rispettato i protocolli non ci sarebbero stati casi di Covid perché, nella seconda ondata della pandemia, i protocolli erano già molto precisi, in quanto si conosceva meglio la patologia. Dopo aver contratto colposamente il virus il paziente è stato anche curato malissimo. Non curandolo gli hanno negato la possibilità di vivere. Una doppia grave negligenza».

Purtroppo nel 2025, dopo 5 anni dallo scoppio dell’emergenza sanitaria, andrà tutto in prescrizione e se anche altri parenti di persone decedute a causa del Covid nelle Rsa volessero eventualmente fare chiarezza non resta molto tempo per farlo.

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