CHIVASSO

Clara Marta, chiuse le indagini sul suo stalker: aveva un coltello

Nelle carte della Procura nuove e inquietanti rivelazioni. L’uomo si trova ancora in carcere

Clara Marta, chiuse le indagini sul suo stalker: aveva un coltello
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A distanza di mesi emergono nuovi ed inquietanti particolari sul caso di Sudais Kunate, nato in Ghana nel 1989, lo stalker di Clara Marta (consigliera della Cità Metropolitana di Torino e del Comune di Chivasso) arrestato la scorsa estate.
Nei giorni scorsi, infatti, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Ivrea (PM Giulia Nicodemi) ha inviato a Kunate (attualmente in carcere ad Ivrea) e al suo legale, Filippo Amoroso del Foro di Ivrea, l’avviso di conclusione delle indagini preliminari.

Clara Marta, chiuse le indagini sul suo stalker

A Kunate, che si era avvicinato a Clara Marta nell’ambito di un progetto di integrazione, vengono contestati una serie di reati che vanno dallo stalking alla violazione del divieto di avvicinamento. Ma c’è una «novità» che ha preoccupato non poco Clara Marta, anche perché il prossimo 6 marzo Sudais Kunate potrebbe uscire dal carcere.
Lo scorso 6 febbraio, infatti, Sudais Kunate era stato fermato dai Carabinieri e trovato in possesso di un coltello a serramanico con lama da otto centimetri. Una semplice dimenticanza o qualcosa di più grave? Saranno i giudici a stabilirlo.

Una storia incredibile

«Oggi mi rivolgo a voi - ci aveva raccontato Clara Marta, seduta sulla «panchina rossa» di piazza della Repubblica - con il cuore afflitto, segnato da un dolore che non avrei mai immaginato di dover affrontare. Sono una donna, una madre, e una moglie che ha visto la sua vita trasformarsi in un incubo, un incubo fatto di paura, angoscia e solitudine. Questo incubo è iniziato un anno fa e da allora non ha più lasciato la mia esistenza. Vorrei condividere la mia storia, perché nessuno dovrebbe mai affrontare un'oscurità così profonda in solitudine.

Nel 2017, ero assessore al commercio del Comune di San Raffaele. Piena di entusiasmo e determinazione, ho partecipato a un progetto di integrazione per una comunità di migranti appena arrivati nel nostro paese. Credevo profondamente nella possibilità di costruire un ponte tra culture diverse, offrendo una nuova vita a chi scappava da situazioni disperate. Accettai di partecipare ai corsi di insegnamento della lingua italiana con gioia, certa che l’educazione fosse la chiave per un futuro migliore.

Ma mai avrei immaginato che quel gesto di solidarietà potesse portarmi a vivere il dramma che sto affrontando oggi. Tra i migranti c’era Sudais, un giovane che si distinse per la sua intelligenza e voglia di apprendere. Iniziò una relazione con la figlia di un insegnante e, al termine del progetto, si trasferì a Milano con lei. Sembrava che tutto stesse andando per il meglio, ma poi la mia vita è stata stravolta.

Un anno fa, Sudais è tornato da Milano e da quel momento sono diventata la sua vittima. Il suo amore non corrisposto si è trasformato in un’ossessione che ha invaso ogni aspetto della mia vita. Appostamenti fuori casa, dichiarazioni d’amore non richieste, una presenza costante che ha reso la mia esistenza un inferno. La libertà, che prima davo per scontata, mi è stata tolta. A gennaio, Sudais è arrivato a compiere un atto che nessuna madre dovrebbe mai dover affrontare: è entrato in casa mia, quando c’erano solo i miei figli. Il terrore che ho provato in quel momento è indescrivibile.

Ho cercato aiuto e all’inizio la magistratura non ha riconosciuto la gravità della situazione. Mi sono sentita abbandonata, sola, ma non ho mai smesso di lottare. Grazie all’intervento di un caro amico avvocato, sono emerse nuove prove che hanno rivelato la pericolosità di Sudais: aveva già aggredito un’altra donna.
Solo allora le autorità hanno agito, mettendogli un braccialetto elettronico e arrestandolo. Tuttavia, il dramma non è finito qui: è quasi incredibile, ma il 31 agosto, Sudais si è tolto da solo appositamente il braccialetto elettronico per venirmi a cercare. Una volta portato in carcere, il giudice non ha ritenuto questo gesto importante, sottovalutando così la gravità della situazione (l’arresto è di pochi giorni dopo, ndr).

In questo contesto, desidero esprimere il mio più profondo apprezzamento per le forze dell'ordine che, con il loro impegno e professionalità, mi hanno regalato attimi di libertà, proteggendomi in un momento in cui la giustizia sembrava invece non dare il giusto peso a fatti così gravi come lo stalking.

Questa è la mia storia, un racconto di dolore e di resistenza che, credo, meriti di essere ascoltato. Vi invito a unirvi a me nella lotta contro l’indifferenza e la violenza che, purtroppo, troppe donne devono affrontare ogni giorno. Insieme possiamo fare la differenza, insieme possiamo spezzare il silenzio».

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