BRANDIZZO

’Ndrangheta, Giuseppe Pasqua ricorre in Cassazione: i Giudici respingono tutto al mittente

Arrestato nel corso dell’operazione «Echidna», aveva presentato otto motivi di censura contro la decisione del Riesame

’Ndrangheta, Giuseppe Pasqua ricorre in Cassazione: i Giudici respingono tutto al mittente
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«Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali». Queste le parole con cui la Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione, presidente Rossella Catena e relatore Maria Elena Mele, il 12 novembre 2024 (pubblicata il 10 febbraio 2025) ha di fatto rispedito al mittente le «censure» promosse da Giuseppe Pasqua, classe 1943, contro la sentenza con cui il 22 aprile 2024 il Tribunale del Riesame di Torino aveva parzialmente confermato il provvedimento con cui il GIP aveva applicato nei suoi confronti la misura cautelare della custodia in carcere. Un provvedimento legato ai reati di partecipazione, con ruolo apicale, ad associazione mafiosa armata (’ndrangheta), e di due estorsioni.

’Ndrangheta, Giuseppe Pasqua ricorre in Cassazione

«Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali». Queste le parole con cui la Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione, presidente Rossella Catena e relatore Maria Elena Mele, il 12 novembre 2024 (pubblicata il 10 febbraio 2025) ha di fatto rispedito al mittente le «censure» promosse da Giuseppe Pasqua, classe 1943, contro la sentenza con cui il 22 aprile 2024 il Tribunale del Riesame di Torino aveva parzialmente confermato il provvedimento con cui il GIP aveva applicato nei suoi confronti la misura cautelare della custodia in carcere. Un provvedimento legato ai reati di partecipazione, con ruolo apicale, ad associazione mafiosa armata (’ndrangheta), e di due estorsioni.

I Giudici respingono tutto al mittente

Per quanto riguarda il primo motivo, secondo la difesa di Pasqua, il Tribunale del Riesame avrebbe ritenuto provata l'esistenza nel Comune di Brandizzo di una articolazione locale di ’ndrangheta, nella quale il ricorrente avrebbe rivestito un ruolo apicale e che sarebbe stata legata alla “casa madre” costituita dalle ’ndrine Nirta e Pelle (secondo quanto emerso dalle dichiarazioni di Giuseppe Pasqua e del figlio Claudio) senza tener conto delle argomentazioni svolte dalla difesa che aveva ricondotto tali dichiarazioni a manifestazioni di «spavalderia e millanteria».
Il Tribunale avrebbe inoltre omesso di considerare che i cognomi Pelle e Nirta erano quelli di due strettissimi parenti.
La difesa di Pasqua ha poi contestato la ritenuta sussistenza della forza intimidatrice derivante dal vincolo associativo. Il Tribunale del riesame avrebbe omesso di motivare con riferimento all'esistenza e operatività delle presunte ’ndrine di Nirta e Pelle; inoltre, la motivazione sarebbe manifestamente illogica nella parte in cui non si confronterebbe con la assenza di attività criminali quali affiliazioni, riunioni e riconoscimenti di dote nel periodo di vita della presunta associazione a Brandizzo; neppure avrebbe considerato la singolare circostanza per cui nessuno dei familiari stretti dell'indagato risulterebbe affiliato, nonostante che le associazioni criminali calabresi si fondino su vincoli di parentela.
E ancora, il Tribunale avrebbe omesso di indicare quali sarebbero state le condotte poste in essere da Giuseppe Pasqua nell'ambito del progetto elaborato dal figlio Claudio di «ricucire il legami sul territorio della cintura nord di Torino». Avrebbe poi mancato di specificare i fatti da cui aveva dedotto l'esistenza di uno stretto collegamento con alcune strutture della 'ndrangheta piemontese e segnatamente quelle di Volpiano, Chivasso e Santhià, nonché con le strutture calabresi.
Dopo un passaggio sui collaboratori di giustizia e sul ruolo apicale di Pasqua, la difesa ha contestato che (nella ricostruzione della Cassazione) «L'applicazione della misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di Pasqua, soggetto ultraottantenne, non sarebbe giustificata dalla ricorrenza di esigenze cautelari di eccezionale gravità. Invero la motivazione dell'ordinanza impugnata avrebbe dato rilievo al ruolo apicale rivestito dall'indagato, ruolo che però sarebbe privo di condotte fattuali concrete. Inoltre, avrebbe trascurato di considerare la risalenza nel tempo di molti degli episodi contestati, mentre quelli più recenti consisterebbero in condotte realizzate per le aziende di famiglia».
Nelle nove pagine successive, i Giudici della Suprema Corte hanno smontato punto per punto le censure di Pasqua.
Tra i vari passaggi, «L'ordinanza impugnata ha fondato il collegamento di Giuseppe Pasqua, così come del figlio Claudio, con la ’ndrina Nirta di San Luca, alla quale erano imparentati tramite (...), sulle conversazioni intercorse tra padre e figlio. Con motivazione ineccepibile dal punto di vista logico giuridico, il Tribunale del riesame ha escluso che tali conversazioni fossero frutto di millanteria, in ragione del fatto che non avesse alcun senso che l'indagato e il figlio, parlando tra loro, simulassero di avere rapporti con i Nirta e se ne vantassero. Inoltre, in modo non manifestamente illogico, pur dando atto della circostanza che Domenico N*** era ancora incensurato, l'ordinanza impugnata ha valorizzato sia le segnalazioni in SDI a carico di costui, sia il tenore dei dialoghi intercorsi tra lui e Claudio Pasqua, sia il racconto entusiastico fatto da quest’ultimo dell'episodio dei settembre 2015, in cui egli era salito al Santuario della Madonna di Polsi, in Calabria, dove aveva incontrato “tutta la costellazione”, episodio interpretato in modo non irragionevole dal Tribunale come la possibile attribuzione di una dote più elevata».
Per quanto riguarda la detenzione, «Nella specie, ritiene il Collegio che il Tribunale del riesame ha congruamente argomentato nel ritenere prevalenti le ricordate esigenze di tutela della collettività rispetto a quelle della salute del ricorrente, evidenziando la sua personalità, connotata da indifferenza per la carcerazione già subita a seguito della condanna per il delitto di omicidio nel 1982 e per traffico di stupefacenti nel 1997, e sottolineando la mancanza di effetti positivi di tali periodi di detenzione, posto che il Pasqua ha ripreso a delinquere una volta rimesso in libertà; ha inoltre evidenziato la caratura criminale del ricorrente, resa chiara dal ruolo di spicco avuto nell'associazione criminosa. Tali elementi hanno portato il Tribunale a ritenere, in modo affatto illogico, l'imminenza del pericolo di recidiva, nonché del pericolo di inquinamento probatorio, essendovi l'alta probabilità che, se posto in libertà, il Pasqua possa avvicinare coindagati e testimoni».
In tempi successivi alla firma della sentenza, Giuseppe Pasqua sarebbe stato scarcerato per motivi di salute.

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