Il caso

Lo spettro dei maranza: ecco cosa può fare la scuola

Gli studenti chivassesi hanno sempre più paura di queste bande di maranza. Identificati i responsabili della scazzottata.

Lo spettro dei maranza: ecco cosa può fare la scuola
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Mentre nelle chat dei ragazzi continuano a rimbalzare i (numerosi) video della violenta scazzottata avvenuta due settimane fa in via Marconi, tra l’Europa Unita e la Cosola, genitori e Forze dell’Ordine si interrogano per capire perché, in primo luogo, nessuno dei presenti abbia anche solo pensato di chiamare il 112 dopo l'aggressione scatenata dai "maranza".

Lo spettro dei maranza: ecco cosa può fare la scuola

Tutti a guardare, con le braccia incrociate, conferma di quel «panem et circenses» sempre presente nella nostra storia sin dai tempi dei Romani.
E così, invece che gladiatori nell’arena, quella marea di studenti tutti vestiti di nero non ha mosso un dito per porre fine a quella scarica di pugni: qualcuno filmava, qualcuno ha messo mano al portafogli per scommettere, nessuno ha pensato di chiedere l’intervento dei Carabinieri.

Identificati i responsabili

L’Arma, però, non è certo stata con le mani in mano, e nel giro di poco ha scoperto l’identità dei due contendenti: uno sarebbe uno studente, sembra appena rapinato dalla banda dei maranza, l’altro un giovanissimo (16 anni) nordafricano residente in un centro della Collina.
Per maranza, scrive l’Accademia della Crusca, si intendono «Gruppi di giovani che condividono e ostentano atteggiamenti da strada, particolari gusti musicali, capi d’abbigliamento e accessori appariscenti e un linguaggio spesso volgare. (...) Inoltre, una buona parte di coloro che si (auto)definiscono maranza è composta da giovani italiani di seconda generazione di origine nordafricana e ragazzi nordafricani immigrati in Italia».

La scuola ha un ruolo fondamentale

Di questo disagio giovanile ne abbiamo parlato con Claudio Ferrero, dirigente scolastico dell’Europa Unita.

Negli ultimi anni si è assistito ad episodi di vandalismo e violenza tra gruppi di adolescenti. Qual è il ruolo della scuola di fronte a questo fenomeno?

«La scuola ha un ruolo fondamentale nella prevenzione e nell’educazione. I docenti si impegnano quotidianamente a lavorare sulla formazione dei ragazzi come cittadini responsabili. È essenziale creare un ambiente scolastico inclusivo, in cui gli studenti si sentano ascoltati e coinvolti. Il senso di appartenenza alla comunità scolastica può ridurre il rischio che i giovani cerchino riconoscimento e identità in gruppi devianti».

Nel concreto cosa fa il vostro istituto?

«Cerchiamo di intervenire su più livelli. In primo luogo, durante le attività curricolari, per esempio nelle ore dedicate all’educazione civica, realizziamo interventi didattici mirati all’educazione alla legalità, al rispetto degli altri, all’inclusione. In secondo luogo, la scuola realizza interventi finalizzati al miglioramento del benessere scolastico, per esempio è attivo un servizio di sportello di ascolto gestito da due insegnanti qualificati, abbiamo un progetto di tutoraggio tra studenti e uno che prevede l’affiancamento di un docente mentor, sono realizzate attività per la creazione di un gruppo classe e un ambiente accogliente e favorevole all’apprendimento. Stare bene a scuola può diventare uno stimolo per i giovani ad investire tempo e risorse in questo ambito perché lo percepiscono come rilevante per loro invece di perdersi in attività devianti. Infine, anche grazie ai progetti finanziati dal PNRR, la scuola arricchisce la propria offerta formativa con attività extracurricolari come teatro, sport, attività artistiche.
Certo non è facile, alcuni ragazzi provengono da realtà difficili. Per questo è importante fare rete con gli enti del territorio, così come con le forze dell’ordine con le quali siamo in continuo contatto e ci supportano per prevenire l’adozione di comportamenti devianti».

In che modo i docenti possono contribuire a prevenire il coinvolgimento degli studenti in attività devianti?

«I docenti sono figure chiave, perché trascorrono molto tempo con gli studenti e possono cogliere segnali di disagio o isolamento. Devono essere in grado di riconoscere questi segnali e intervenire tempestivamente, magari coinvolgendo la famiglia o il supporto psicopedagogico della scuola. I docenti, con empatia e sensibilità, possono diventare figure significative per i giovani e fare la differenza nella loro vita. Inoltre, attraverso una didattica coinvolgente e partecipativa, possono trasmettere valori di rispetto, responsabilità e convivenza civile, fondamentali per contrastare l’attrattiva delle bande giovanili».

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