«Guerra» all’alcol, la nuova ordinanza fa ancora discutere
Un dibattito bipartisan

«Guerra» all’alcol, la nuova ordinanza fa ancora discutere tutta Chivasso.
«Guerra» all’alcol
«Questa è l’ordinanza a del Comune di Sanremo valida su tutto il territorio. La foto scattata presso il Carrefour. Prima era pieno di persone che andavano a comprare alcolici e che spesso bivaccavano sulle panchine circostanti molestando i passanti. Ora non ci sono più…
Si può essere dalla parte di chi gli alcolici li vende anche ai minori, lamentarsi che non si fa nulla o semplicemente provare ad apprezzare chi mette in campo delle soluzioni che per quanto imperfette provano a dare un segnale. Io preferisco le soluzioni».
Pur cercando di sdoganare il «Pitòst che gnente a l'é mej pitòst» (Piuttosto che niente è meglio piuttosto), il segretario cittadino del Pd Massimo Corcione lancia un segnale netto al sindaco Claudio Castello, firmatario (con il comandante della Polizia Locale Marco Lauria) dell’ordinanza con cui vengono posti limiti alla vendita di alcolici sul territorio comunale, limitatamente a piazza Garibaldi, piazza XII Maggio 1944, via Torino, piazza della Repubblica e piazza Dalla Chiesa. Altrove, anche nelle aree limitrofe come via Po, piazza del Castello e piazza Carletti, nessun divieto.
Ed è proprio questo che ha fatto infuriare i commercianti, dato che la norma pensata per mettere un freno ai tre negozi etnici aperti quasi 24 ore su 24 ha creato «figli e figliastri» tra bar distanti pochi metri l’uno dall’altro.
La nuova ordinanza fa ancora discutere
Nel corso del prossimo Consiglio Comunale sarà nuovamente discussa la mozione sull’istituzione del «Sindaco della notte» proposta da Clara Marta, capogruppo di Forza Italia, mentre per Marco Riva Cambrino, attivista ed esponente socialista, «Non è in discussione il fatto che ci siano criticità. Nessuno nega che in alcuni quartieri si verifichino episodi di inciviltà e disturbo della quiete pubblica. Ma davvero la soluzione può ridursi a un divieto “a macchia di leopardo”, che colpisce alcune vie e ne risparmia altre, penalizza i commercianti di vicinato e ignora completamente le cause sociali e culturali del problema?
Come cittadino socialista, non posso che guardare con preoccupazione a un provvedimento che parla la lingua della burocrazia repressiva e non quella della politica trasformativa. Un provvedimento che semplifica dove servirebbe invece un pensiero più profondo, più critico, più umano.
E allora mi chiedo se davvero un’ordinanza di divieto e di limitazione sia compatibile con una cultura politica che si definisce progressista, di sinistra, ecologista. È questa la sinistra che vogliamo?
Una sinistra che si rassegna a usare la mano pesante invece che investire in presidi educativi, mediazione sociale, iniziative serali controllate, co-progettazione con i commercianti? Una sinistra che non prova nemmeno a coinvolgere i giovani, ma si limita a spostarli da una via all’altra, come se il problema fosse “dove si beve” e non “perché lo si fa”?».