Suicidio assistito di Martina Oppelli, Riva Cambrino tra i sostenitori
La donna ha scelto di denunciare, poche ore prima della partenza, l’azienda sanitaria di Trieste per tortura e rifiuto di atti d’ufficio

«Accanto a Martina. Per un diritto che non può più attendere». Marco Riva Cambrino, socialista e attivista chivassese, è tra i 31 sostenitori dell’iniziativa di aiuto al suicidio assistito in Svizzera di Martina Oppelli, architetta triestina affetta da sclerosi multipla in forma avanzata
Suicidio assistito di Martina Oppelli, Riva Cambrino tra i sostenitori
Domenica 3 agosto, attraverso il sito dell’Associazione Luca Coscioni, è stato reso pubblico che Martina Oppelli è morta il 31 luglio in Svizzera, ricorrendo al suicidio medicalmente assistito, dopo mesi di dinieghi da parte della ASL di competenza e in assenza di una legge che disciplini chiaramente il diritto alla morte volontaria nel nostro Paese.
Tra le 31 persone che hanno sostenuto moralmente, logisticamente ed economicamente l’iniziativa organizzata dall’Associazione Soccorso Civile, figura anche Marco Riva Cambrino, da anni impegnato nella difesa dei diritti civili e della libertà di scelta individuale.
Morire con dignità
«Ho deciso di sostenere Martina perché credo che nessuna persona debba essere costretta all’esilio per morire con dignità. La legge 219/2017 e la sentenza della Corte Costituzionale 242/2019 indicano un percorso, che le istituzioni sanitarie continuano troppo spesso a ostacolare, lasciando le persone nel dolore e nell’abbandono», dichiara Marco Riva Cambrino.
«Con il mio contributo ho voluto ribadire che la disobbedienza civile può essere un atto di responsabilità morale quando lo Stato viene meno alla sua funzione di tutela della dignità umana.
Sono consapevole che il mio gesto potrebbe avere conseguenze penali che prevedono la detenzione, e lo assumo con piena responsabilità.»
Un gesto lucido
Il gesto di Martina è stato lucido, consapevole e documentato. Dopo tre rifiuti da parte dell’ASL di Trieste nel riconoscere i requisiti previsti per l’accesso al suicidio medicalmente assistito, e dopo il silenzio delle autorità politiche e sanitarie, Martina ha scelto di denunciare, poche ore prima della partenza, l’azienda sanitaria per tortura e rifiuto di atti d’ufficio, con il supporto legale dell’Associazione Coscioni.
Come cittadino, attivista e membro di Soccorso Civile, Marco Riva Cambrino rivendica pubblicamente il proprio contributo a questa azione di giustizia e umanità, che si pone nel solco della obiezione civile e della lotta per il riconoscimento di un diritto fondamentale: quello all’autodeterminazione nel fine vita.
«Per chi, come me, si riconosce nella tradizione socialista – afferma Riva Cambrino – la disobbedienza civile non è una ribellione individualista, ma un atto collettivo e profondamente politico, radicato nella volontà di trasformare la società in senso egualitario e democratico. Quando le leggi, o la loro mancata applicazione, contraddicono i principi della giustizia e della dignità umana, disobbedire diventa un dovere morale. È un modo per restare fedeli a un’etica pubblica più alta della mera legalità, per richiamare le istituzioni alla loro missione di emancipazione e cura.»
L'augurio di una riflessione seria
L’auspicio è che anche a Chivasso e nel territorio piemontese, dove troppo spesso i temi bioetici vengono rimossi dal dibattito politico, si apra finalmente una riflessione seria, laica e rispettosa sul diritto a scegliere come e quando porre fine alla propria sofferenza, nel pieno rispetto della persona e della sua volontà.