Emergenza cinghiali nel Chivassese: "E' un pericolo per l’attività agricola"
La parole degli imprenditori della collina.
Emergenza cinghiali nel Chivassese. La presenza di cinghiali e selvatici non è compatibile con l’attività agricola.
Emergenza cinghiali nel Chivassese
«In un anno difficile, come il 2020, segnato dalla pandemia, abbiamo capito quanto sia importante l’agricoltura e l’ambiente eppure oggi dobbiamo tornare a parlare di fauna selvatica, in particolare di danni da cinghiali». Sono parole di Ornella Cravero, componente il direttivo di Coldiretti Torino e Consigliera dell’Atc, Ambito territoriale di Caccia To5.
«Oltre a essere pericolosi per la sicurezza stradale i selvatici arrecano ingenti danni al settore agricolo gravando economicamente sulle aziende - sottolinea Cravero -. Purtroppo nel 2020, causa Covid, sia il piano di contenimento sia la caccia hanno avuto periodi di sospensione incentivando così l’incremento della popolazione dei cinghiali. Il piano di contenimento effettuato dal personale della Città metropolitana di Torino e dai controllori volontari ha visto 1120 interventi (una media di 3 al giorno), con 1.169 capi abbattuti, cui vanno aggiunti i capi uccisi dai cacciatori durante il periodo di caccia. Il problema è però rimasto, come la consapevolezza che la presenza dei cinghiali non è più compatibile con l’attività agricola».
«Il risarcimento non è la soluzione»
La dirigente di Coldiretti Torino aggiunge:
«Il risarcimento dei danni dei cinghiali alle colture non è la soluzione perché noi agricoltori vogliamo portare a casa i frutti di quanto seminato per poterli vendere. Chiediamo con urgenza un intervento politico. Chiediamo di riprendere in mano la legge regionale sulla caccia e che venga attivato un coordinamento efficace e puntuale tra la Città metropolitana, la Regione, gli ambiti territoriali di caccia, i consorzi alpini e i parchi. Abbiamo poi bisogno di uno snellimento della burocrazia per permettere agli agricoltori che lo desiderano di effettuare la caccia ai selvatici nei propri terreni. Se questi provvedimenti tarderanno ad arrivare, rischiamo di perdere delle aziende agricole e il territorio, già molto fragile, diventerà abbandonato. Ciò che deve far riflettere è che non saremo più in grado di garantire un futuro ai nostri giovani che hanno iniziato l’attività agricola».
Il dramma degli imprenditori
Pier Luigi Lagna, imprenditore agricolo di Cavagnolo, spiega:
«La situazione dei cinghiali è drammatica. Il 50-60 per cento dei nostri campi viene danneggiato. Continuiamo a posizionare recinti elettrici che però non fermano più i cinghiali. C’è un problema con il risarcimento dei danni. Ci sono aziende che stanno davvero barcollando perché non riescono più a reggere le spese e i profitti agricoli, come si sa, sono sempre più ridotti. Da anni stiamo chiedendo a tutte le istituzioni di intervenire. Le poche battute di caccia per abbatter i selvatici sono ininfluenti rispetto alla popolazione degli ungulati che abita le nostre colline e il territorio del parco fluviale del Po».
Lauretta Minetto, imprenditrice agricola di Castagneto Po, si sfoga:
«Tutte le sere una dozzina di cinghiali arrivano nei miei campi, prati e cereali, e li devastano. Cosa mi aspetto? Più sicurezza, anche per la mia famiglia. Siamo quotidianamente a rischio per incidenti stradale causati da questi animali. Si tratta di problemi per i quali attendiamo risposte da anni attendiamo risposte. Poi c’è il problema delle coltivazioni danneggiate: lavoro i campi per nulla, con l’arrivo dei cinghiali i raccolti sono danneggiati e vanni persi. Il frutto del mio lavoro viene ridotto pari a zero. E negli ultimi anni la situazione è peggiorata. Se un tempo qui transitavano pochi cinghiali, uno o due, ora i selvatici si muovono in gruppo, con effetti devastanti sui coltivi. Per migliorare la situazione serve più impegno della politica. Siamo consapevoli che una soluzione definitiva sarà difficile da trovare. Chiediamo però che il problema dei selvatici venga almeno attenuato».
Pierangelo Cumino, presidente degli Atc To3, To4 e To5, sostiene:
«L’emergenza selvatici interessa molte parti dell’area agricola torinese. L’impatto dei selvatici è pesante. Alcuni giovani agricoltori sono stati costretti ad abbandonare le loro attività perché stufi di non poter raccogliere nulla dai campi. Mi rendo conto che la Regione Piemonte fa il possibile per ristorare i danni ma i tempi per le procedure sono troppo lunghi. Risolvere l’emergenza cinghiali non sarà semplice, ce ne rendiamo conto, e l’attuale normativa non sembra garantire un contrasto efficace ai danni. La Regione Piemonte dovrebbe emanare direttive chiare e unitarie, senza delegarle a Province e Città metropolitana. Una cosa deve essere chiara: la situazione va affrontata di petto».