nome di battaglia «Giorgio»

Addio a uno degli ultimi partigiani

Dall’Anpi di Chivasso un toccante ricordo di Natale Cerutti, 92 anni.

Addio a uno degli ultimi partigiani
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Addio a uno degli ultimi partigiani. Dall’Anpi di Chivasso un toccante ricordo di Natale Cerutti, 92 anni, nome di battaglia «Giorgio».

Addio al partigiano Giorgio

«Scompare uno degli ultimi partigiani e lo annunciamo con commozione e dolore: a 92 anni è venuto a mancare Natale Cerutti (nato il 16 febbraio 1928), nome di battaglia “Giorgio”, tessera ad honorem della sezione Anpi di Chivasso».
Inizia così il ricordo che Vinicio Milani, presidente dell’Anpi di Chivasso, fa di un «combattente per la Libertà» che, negli anni bui del fascismo, non ha esitato di scegliere da che parte stare, a rischio della propria vita.
«Natale - scrive Milani - è stato un amico, un autentico democratico.
Lo ricordiamo per il suo esempio di uomo e antifascista, sappiamo che nulla è mai scontato, né la libertà, né la democrazia, né i diritti sociali e individuali. Ma la sua vita ci ha insegnato che dobbiamo sempre lottare e vigilare perché quanto è stato raggiunto possa essere un punto fermo da condividere fra tutti.
Se ne è andato un altro giusto che ha lottato per la nostra libertà e per la democrazia.
Grazie Partigiano Natale ci mancherai ma ti ricorderemo e trasmetteremo ai giovani i valori per cui hai fatto tanti sacrifici».

Morto a Ciriè

La sua morte avvenuta all’ospedale di Ciriè, dopo una breve malattia. Le sezioni Anpi di Chivasso e di Montanaro lo ricordano con affetto e lo ringraziano per la sua attiva partecipazione alla lotta di Liberazione e fanno le più sentite condoglianze alla figlia Ivana, al genero Luigi Carnero e alla nipote Alessandra.

Una pagina del suo diario

«Ero quindicenne -scrisse Natale Cerutti - e lavoravo al Cimitero Monumentale di Torino. Lì avvenne un mio infortunio. Cadendo da una certa altezza, subii tre fratture. Era il 22 gennaio 1944. Ricoverato d'urgenza all'Ospedale Molinette, mi caricarono su un camion e con altri ammalati mi trasportarono in Cuorgnè, dove era stato allestito un Ospedale di ripiego… Ed è lì che cominciai a capire e vedere quel che stava iniziando di tremendo per tutti noi, giovani e adulti. I primi scontri armati tra due parti avverse. Una forte armata con roccaforte e l'altra povera di armamenti ma armata di grandi ideali che cominciava ad organizzarsi in piccoli gruppi formando le prime Brigate, con diverse tendenze, ma tutte unite per un futuro migliore. Brigate con nomi diversi: Matteotti, Garibaldi, Giustizia e Libertà, Monferrato Autonomi …
Venni dimesso dopo 2 mesi. Nel frattempo, mio padre aveva rimediato una camera in affitto in quel di Montanaro, paese in cui era nato. Mi trovai finalmente unito con entrambi i miei genitori. Non conoscevo nessuno, a parte i miei parenti da parte di padre, ma quando si è giovane le prime amicizie si creano in fretta, il mio primo e poi grande amico si chiamava Giuseppe Savio ed è appunto con lui ed altri due che cominciai salendo su un camion di sera la mia vita partigiana, purtroppo creando di certo un forte dolore e ansia ai nostri genitori. Forse a nostra discolpa, l'incoscienza della gioventù…».

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