Panamera, i Gioffrè non sono mafiosi. Parte del processo è da rifare
Erano accusati di estorsione aggravata dal metodo mafioso ed armi.
La seconda sezione della Corte di Cassazione, intervenendo nell’ambito dell’operazione «Panamera», ha accolto i ricorsi dei chivassesi Domenico e Francesco Gioffrè, accusati di estorsione aggravata dal metodo mafioso ed armi.
Panamera, i Gioffrè non sono mafiosi
La seconda sezione della Corte di Cassazione, intervenendo nell’ambito dell’operazione «Panamera», ha accolto i ricorsi dei chivassesi Domenico e Francesco Gioffrè, accusati di estorsione aggravata dal metodo mafioso ed armi.
Difesi dagli avvocati Antonino Napoli e Giuseppe Germanò del foro di Palmi, sono originari di Amato di Taurianova e legati da vincoli di parentela con i Gioffrè di Seminara, essendo i nipoti del defunto Vincenzo Domenico Gioffrè (detto Ringo) e cugini dei Gioffrè imputati nel processo «Artemisia».
I fatti
I due erano stati arrestati nel 2017 nel corso di un’inchiesta contro alcune persone ritenute affiliate alla ‘ndrangheta ed a cui venivano contestati, a vario titolo, oltre al delitto di associazione a delinquere di stampo mafioso, diversi reati di tentato omicidio, lesioni personali, estorsioni, danneggiamenti, traffico di droga, porto e detenzione di armi ed altro aggravati dal metodo mafioso.
Già il Giudice dell’Udienza Preliminare, in sede di rito abbreviato, accogliendo le argomentazioni degli avvocati Napoli e Germanò, aveva ritenuto insussistente il delitto di associazione mafiosa in quanto non si trattava di una locale o una ‘ndrina riconosciuta dal Crimine di Polsi. Il termine «bastarda», utilizzato da terzi nel corso delle conversazioni intercettat, per individuare il gruppo in cui sarebbero inseriti i due Gioffrè sarebbe stato, per i giudici del merito, riferito in senso atecnico rispetto alle plurime acquisizioni che individuavano compagini mafiose e di matrice ‘ndranghetista non riconosciute dal Crimine di Polsi, inteso come organismo criminale centrale e all’apice della gerarchia mafiosa reggina.
Il gruppo di persone a cui avrebbero fatto parte i due Gioffrè, ad avviso del GUP di Torino, non avrebbe goduto di fama criminale e di conseguenza non avrebbe potuto generare la forza di intimidazione tipica delle locali di ndrangheta.
La Corte di Appello aveva rigettato il ricorso della Procura avverso l’assoluzione per il reato associativo e, di contro, aveva condannato i due fratelli Gioffrè per i delitti di estorsione aggravata dal metodo mafioso ed il solo Francesco per armi.
Parte del processo è da rifare
La Corte di Cassazione accogliendo il ricorso proposto dall’avvocato Antonino Napoli, ha annullato la sentenza impugnata relativamente all’estorsione ai danni di Ivan Cozza ed all’aggravante del metodo mafioso nonché, per il solo Francesco Gioffrè, relativamente al porto abusivo di pistola mentre ha rigettato, o dichiarato inammissibile, i ricorsi degli altri imputati.
La Corte di Cassazione ha anche accolto il ricorso del Procuratore Generale avverso l’assoluzione pronunciata dalla Corte di Appello di Torino per gli imputati Antonio Guerra e Luciano Ilacqua per il reato di estorsione aggravata ai danni di Antonio Piperato, ed Antonio Guerra per il reato intestazione fittizia.
I Ricorrenti erano, oltre al Procuratore Generale ed ai due fratelli Gioffrè, Antonio Guerra, Francesco Grosso, Francesco Ilacqua e Luciano Ilacqua.