Droga e 'ndrangheta, chiesti 35 anni di carcere
Regione Piemonte e il Comune di Volpiano si sono costituiti parte civile.

Si avvia alle battute conclusive a Ivrea il processo di primo grado che vede coinvolti alcuni dei nomi emersi nella maxi-operazione Cerbero, condotta dai Carabinieri della Compagnia di Chivasso.
Droga e 'ndrangheta, le battute finali
Nella giornata di giovedì 22 luglio, infatti, il Pubblico Ministero Laura Ruffino ha iniziato la fase di discussione con la sua requisitoria, durante la quale ha illustrato le posizioni (molto diverse tra loro) che secondo la Procura i vari imputati hanno rivestito nell’ambito dello spaccio di stupefacenti.
La richiesta del PM
Il conteggio finale degli anni di carcere richiesti dal PM si ferma a 35, a cominciare da Domenico Spagnolo, 42 anni (difeso dall’avvocato Emanuele Zanalda), al quale, unico tra tutti gli imputati a processo a Ivrea, è stata contestata anche l’accusa di presunto concorso esterno in associazione mafiosa, in aggiunta a quella di presunta associazione finalizzata al narcotraffico. Per Spagnolo il Pubblico Ministero ha chiesto 11 anni e mezzo di carcere.
Per quanto riguarda Massimiliano Lastella, 45 anni, rappresentato in aula dal legale Marco Latella, l’accusa è di presunta associazione finalizzata al narcotraffico. A Lastella sono stati imputati anche alcuni episodi di spaccio. Per lui la richiesta è stata di 12 anni. Alcune contestazioni riguardano fatti commessi in concorso con altri individui che, però, saranno oggetto di procedimenti separati.
Angelo Sgambati, 39 anni, difeso dall’avvocato Maria Daniela Rossi, deve anch’egli rispondere di episodi di spaccio. Per lui, la richiesta del Pubblico Ministero è stata di 7 anni.
Infine, a Mattia Corgnati, 29 anni, e Sharan Neretti, 33 anni, sono contestati episodi di detenzione e cessione di sostanze stupefacenti. La richiesta è stata di assoluzione per Corgnati, per mancanza di prove accertate, e 5 anni per Neretti.
La costituzione di parte civile
All’udienza erano presenti anche l’avvocato Alessandro Mattioda e Giulio Calosso, che rappresentano rispettivamente la Regione Piemonte e il Comune di Volpiano, enti che si sono costituiti parte civile.
Nel processo di primo grado che si è chiuso a marzo a Torino, al Comune di Volpiano era stato assegnato un risarcimento provvisionale per danni d’immagine di 15mila euro.
Le parti si aggiorneranno il 14 ottobre, quando a prendere la parola davanti al collegio composto dal presidente Elena Stoppini e a latere dai giudici Stefania Cugge e Antonio Borretta, saranno gli avvocati difensori degli imputati.
Manca poco, dunque, alla sentenza di primo grado del procedimento eporediese che segue la maxi-operazione che si è svolta all’alba del 5 novembre 2019, un terremoto che scosse le fondamenta delle locali di ‘ndrangheta di Volpiano e San Giusto Canavese, attive anche nel Chivassese.
Nel giro di poche ore, erano stati eseguiti quasi 70 ordini di arresto in tutta Italia, oltre al sequestro di beni mobili e immobili, conti bancari e sostanze stupefacenti. Fulcro delle operazioni erano state le dichiarazioni rilasciate agli inquirenti dal pentito classe ‘88 Domenico Agresta.