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Caso Corcym, i sindacati: "Vogliamo il piano industriale"

E' questo il nuovo nome dell’azienda nata dall’acquisizione del business delle valvole cardiache di LivaNova PLC da parte di Gyrus Capital, fondo di investimento che opera nei settori della sanità e della sostenibilità.

Caso Corcym, i sindacati: "Vogliamo il piano industriale"
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Corcym, è questo il nuovo nome dell’azienda nata dall’acquisizione del business delle valvole cardiache di LivaNova PLC da parte di Gyrus Capital, fondo di investimento che opera nei settori della sanità e della sostenibilità.

Caso Corcym

Corcym, è questo il nuovo nome dell’azienda nata dall’acquisizione del business delle valvole cardiache di LivaNova PLC da parte di Gyrus Capital, fondo di investimento che opera nei settori della sanità e della sostenibilità.

Una società che si era presentata ai sindacati con grandi progetti tant’è che quest’ultimi erano rimasti molto sorpresi.
Aspettative che però non sono state rispettate e proprio per questo ieri, martedì 5 ottobre nella sala riunioni dell’azienda si è svolto un incontro tra le Rsu e i sindacati per comprendere come procedere.

"Vogliamo il piano industriale"

«Siamo piuttosto scettici sui vertici di questa società e le loro scelte perché ad oggi l’azienda non ha ancora presentato un piano aziendale. - spiega il sindacalista della Uil Gigi Guasco - Lo avrà? Noi gradiremmo, al di la di tutte le condizioni che ci sono, conoscerlo perché c’è qualcosa che non quadra a questo punto. Noi aspettiamo da mesi il piano industriale. Quando abbiamo avuto l’incontro, ironicamente potrei dire “in cui l’Angelo scendeva dal cielo con la veste di Amministratore delegato”, Christian Mazzi ci ha raccontato che ci avrebbe presentato un piano industriale quinquennale. Un aspetto che ci ha sorpresi perché in questo mondo aziende che hanno un piano di due anni è già cosa stratosferica, ci sembrava di un altro pianeta il suo annuncio e oggi credo proprio che loro non sappiano cosa sia un piano di cinque anni.
Noi vorremo il piano per i prossimi dodici mesi, siamo disponibili a cercare di ridurre i tempi del piano industriale ma non possiamo ad oggi non averlo. Il perché? Perché questo disagio è concreto e pesante.
Nelle relazioni industriali, nonostante le grandi capacità delle nostre Rsu viste anche le loro esperienze, si è sempre cercato di essere il più disponibili possibili a fronte degli impegni presi dalle aziende. Ma questa disponibilità non è stata ripagata perché manca la documentazione.
È un obbligo per l’azienda darci il piano industriale, perché serve per capire il loro interesse a rimanere su questa realtà e quale sviluppo dovrà avere l’area industriale di Saluggia».

«Questa nuova società voleva sconvolgere il mondo, doveva rifare tutto. - tuona Guasco - Risultato: c’era un tetto che perdeva da marzo, adesso ci sono gli operai che lavorano con il telo sulla schiena. Assurdo. Inconcepibile.
Le Rsu stanno ancora cercando una strada per il dialogo ma se le condizioni sono queste dovremmo trovare un’altra soluzione.
E’ arrivato il momento di esigere un atteggiamento diverso perché, nell’ottica della collaborazione, vorremmo discutere di cose concrete, ognuno per il proprio ruolo».

L’autocertificazione Covid19

A lasciar perplessi i sindacati che hanno poi diramato un comunicato è anche la dichiarazione sostitutiva di certificazione che i lavoratori hanno ricevuto insieme alla busta paga.
Nel comunicato si legge, infatti, che «non è prevista nessuna autocertificazione di percorso vaccinale». Proprio per questo i sindacati stessi chiedevano di non consegnare il modulo.
«In questo caso l’azienda ha dichiarato che si è trattato di un errore fatto dall’ufficio competente - spiega ancora Guasco - Quel modulo non doveva uscire. Sulle modalità di controllo del Green Pass, invece, non sappiamo ancora come agiranno».
Elisa Giordano

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