CHIVASSO

Fotovoltaico, a Betlemme in arrivo «un maxi parco»

Potrebbe essere realizzato su un’area agricola di dieci ettari.

Fotovoltaico, a Betlemme in arrivo «un maxi parco»
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Fotovoltaico, in frazione Betlemme di Chivasso è in arrivo «un maxi parco».

Fotovoltaico, a Betlemme in arrivo «un maxi parco»

«I presupposti ideali dell’impianto agrivoltaico “Chivasso” sono mirati a un miglioramento qualitativo della salute del pianeta anche se appaiono, nel concreto, imprescindibili elementi “complementari” di disturbo (specialmente nella fase cantieristica, ancorché di breve durata). È un dato di fatto, che oltre ai benefici immediati o continuativi (generabili dalla realizzazione di una qualsiasi iniziativa etica) si presentino, al contempo, intrinseci ad essa, inevitabili effetti collaterali, dal momento in cui l’opera si inserisce come artefatto in un contesto preesistente.
Tuttavia, in virtù di tutte le soluzioni agro- ed eco- sostenibili (ed “eco-incentivanti”) adottate, il “parco ambientale agrivoltaico “Chivasso” mira ad annullare ogni forma di esternalità negativa, secondo la più ambiziosa “filosofia green”».
Con queste parole si chiude la «sintesi non tecnica» che accompagna la documentazione dell’impianto agricolo fotovoltaico da 5442,7 kWp che potrebbe essere realizzato alle porte di frazione Betlemme, su un’area agricola di una decina di ettari.
A promuovere il progetto è la «FLYNIS PV 14 srl», società con capitale sociale di dieci mila euro amministrata da Andrea Matteo Orzan, Ruiz Ramon Paramio e Alvaro Pozo Sanchez.

Il progetto

«Il riscaldamento globale, e tutte le drammatiche conseguenze ad esso riconducibili - si legge in premessa - ha subito addirittura - un’accelerazione nel quinquennio 2014-2019, sancendo, di fatto, la sconfitta delle attuali strategie messe in atto per contenere il global warming entro l’1.5°C e richiamando l’attenzione sull’esigenza di una nuova e rinnovata coscienza volta ad incrementare gli sforzi. (...) Se, quindi, risulta innegabile come una produzione diffusa da micro-impianti ubicati su edifici e manufatti risulterebbe ottimale e preferibile per innumerevoli ragioni (e.g. non occupazione di suolo, aumento di efficienza produzione-consumo, consapevolezza globale, limitazione degli impatti paesaggistici ...), è altrettanto vero come le dinamiche di crescita della micro generazione domestica diffusa soffrano una sintomatica lentezza (dovuta ad innumerevoli ragioni) non compatibile con l’urgenza dettata dal momento.
Ogni azione conta. In un disegno più ampio, quindi, è possibile interpretare le grandi centrali di produzione posizionate a terra come un’efficace strategia di breve-medio periodo in grado di offrire maggior tempo all’economia domestica per adeguarsi. Questo, a maggior ragione, nei casi in cui risulti possibile - come nel caso oggetto di proposta - attivare un connubio sinergico tra la produzione energetica e le attività agricole, al fine di consentire un uso plurimo delle terre e consentire un ottimale (quanto sostenibile) sfruttamento delle risorse per il rafforzamento in agricoltura e per la lotta ai cambiamenti climatici».

«In risposta a quanto rappresentato - si legge ancora - il progetto “Chivasso” intenderebbe contribuire al progressivo raggiungimento degli ambiziosi obbiettivi sopra descritti, creando un ponte tra tradizione e innovazione, tra passato e futuro, tra locale e globale in cui le esigenze collettive d'insieme non entrano in competizione con le esigenze del territorio, ma divengono motore di opportunità e sviluppo sostenibile, equo e duraturo. In quest’ottica, la sinergia tra modelli di agricoltura 4.01 e l’installazione di pannelli fotovoltaici di ultima generazione, potrà garantire una serie di vantaggi a partire dalla concordanza di intenti tra produzione energetica e agricoltura, fino ai più concreti risultati pratici: dall’ottimizzazione dei trattamenti, alla produttività quali-quantitativa dei raccolti, sino all’incremento della redditività e alla creazione di posti di lavoro (...). Nello specifico, il progetto proposto prevede un connubio virtuoso tra la produzione energetica e le attività agricole (agricoltura conservativa con rotazione colturale), al fine di soddisfare - in termini di sostenibilità ambientale -, il fabbisogno di energia da fonti rinnovabili e la valorizzazione del territorio e delle sue risorse.
«La parte agro-ambientale prevede la perpetrazione dell’uso agricolo delle aree di progetto, con rafforzamento della filiera agricola e ambientale locale attraverso il miglioramento dell’attuale conduzione agricola del fondo, tramite un piano di gestione agronomica orientato ai principi dell’agricoltura conservativa e della lotta integrata, e funzionale ai seguenti obiettivi: avviare, sull’intera superficie recintata, sotto la superficie dei pannelli, la coltivazione di cereali da granella avvicendati a specie erbacee leguminose; installare venti arnie per la produzione di miele (e suoi derivati) in un’area posta a Sud Ovest del sito di progetto. L’attività, così concepita e strutturata, sarà interessante anche al fine di incrementare la biodiversità, preservare la funzione produttiva delle terre, tutelare il suolo dall’erosione, migliorare progressivamente la fertilità del terreno e la quantità di carbonio organico, ridurre l’utilizzo di concimi e fitofarmaci». E ancora, è prevista «La piantumazione di fasce vegetate a valenza plurima con specie autoctone e la creazione di microhabitat attrattivi per la fauna minore. (...) Tale intervento consentirà, infatti, di incrementare la presenza di aree rifugio e di corridoi ecologici di interconnessione per la fauna locale e l’avifauna terricola stanziale».

Inutile dire che ambientalisti e residenti si stano già muovendo per ottenere e studiare la documentazione, commentando con un pizzico di ironia il particolare delle 20 arnie: «Un po’ pochine per dieci ettari, c’è chi ne ha di più nel cortile...».

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