Il paese senza pediatra: scoppia la polemica
Dopo la scomparsa del dottor Pier Carlo Michelone, a Livorno non è più stato aperto alcuno studio.
Da un anno Livorno è senza un pediatra. Dopo la scomparsa del dottor Pier Carlo Michelone, morto il 27 dicembre del 2020, in paese non è più stato aperto alcuno studio pediatrico e molte famiglie in questi giorni hanno espresso tutto il loro disagio.
Il paese senza pediatra
Da un anno Livorno è senza un pediatra. Dopo la scomparsa del dottor Pier Carlo Michelone, morto il 27 dicembre del 2020, in paese non è più stato aperto alcuno studio pediatrico e molte famiglie in questi giorni hanno espresso tutto il loro disagio.
Scoppia la polemica
«Sono senza patente, mio marito lavora: come faccio a portare il bambino dal pediatra a Santhià quando sta male?», si è chiesta una livornese sul gruppo Facebook “Sei di Livorno se”. Questa domanda ha innescato il dibattito, molti genitori si sono lamentati per la situazione che dura da molti mesi e qualcuno ha anche provato a lanciare una raccolta firme per smuovere la situazione. Per oltre trent’anni, Michelone ha curato il bambini del paese, ma anche quelli del circondario, e ritrovarsi improvvisamente senza un pediatra ha sconvolto le abitudini dei livornesi, costretti ad andare a Santhià o a rivolgersi privatamente a dei professionisti. «Non tutti però se lo possono permettere», commentano altri livornesi, chiedendo a gran voce l’intervento del Comune e quello del sindaco, Stefano Corgnati.
L'ex assessore
Per la verità, come sottolineato dall’ex assessore alla sanità Bianca Mezzalama in un commento alla discussione, l’amministrazione comunale non c’entra nulla e non ha alcun peso in questo tipo di decisioni, che spettano solo all’Asl di Vercelli. «Purtroppo i pediatri convenzionati con sistema sanitario sono rimasti in pochi. E quando i pediatri vanno in pensione, come è accaduto a Livorno e in altri comuni, i posti vacanti rimangono scoperti. Quelli dei paesi vicini coprono la carenza ma difficilmente aprono un altro ambulatorio. In ogni caso, la decisione non dipende dal Comune ma dall’Asl, che valuta in base al numero totale dei bimbi del distretto già coperto dai pediatri in attività». Ma in molti non si arrendono e promettono battaglia: «Chiamiamo in massa l’Asl e rompiamo le scatole. Questa situazione è assurda». Chissà se basterà a smuovere le acque.