La storia di Alina, la fibromialgia le ha devastato la vita
La 41enne inizia una battaglia contro un sistema sanitario che pare dimenticarsi dei pazienti
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Dieci anni di dolori atroci. Dieci anni di sofferenze inesplicabili, di visite mediche e di diagnosi sbagliate sino a quando finalmente, dopo un lungo peregrinare tra un ospedale e l’altro, le viene diagnosticata la fibromialgia. E per Alina Simona Dragomir, una giovane donna di soli 41 anni, inizia una battaglia contro una grave malattia ma anche contro un sistema sanitario che pare dimenticarsi dei pazienti affetti da questa patologia.
La storia di Alina, la fibromialgia le ha devastato la vita
“Per dieci anni i medici mi hanno detto che era tutto nella mia testa, che i dolori non esistevano-racconta Alina- Fino a che, ad agosto 2024, una dottoressa molto brava di Milano mi ha diagnosticato la fibromialgia. E’ una sindrome considerata reumatica che causa un aumento della tensione muscolare ed è caratterizzata da dolore ai muscoli e ai tessuti fibrosi, associato a rigidità, astenia, disturbi cognitivi, insonnia, alterazioni della sensibilità agli stimoli. L’approccio della cura riguarda diversi aspetti: non solo ho bisogno dei farmaci ma anche delle fisioterapie e del supporto psicologico”.
Nonostante circa due milioni di persone in Italia soffrano di questa patologia, la fibromialgia non è ancora riconosciuta ufficialmente come una malattia “invalidante”nell’ambito delle prestazioni sanitarie e non rientra nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). Ciò significa che le persone affette da tale sindrome non possono beneficiare dei trattamenti rimborsati dal Servizio Sanitario Nazionale, pertanto devono pagare le medicine per curarsi.
“I medicinali specifici per trattare la malattia, come gli antidolorifici o le terapie per migliorare la qualità del sonno, non sono coperti dalla mutua- spiega Alina- Ho da affrontare ogni mese spese notevoli: un’unica pastiglia per placare il dolore può costare 30 euro. E’ un lusso che pochi si possono permettere, non a caso la fibromialgia viene chiamata la “malattia dei ricchi” e questo non è giusto”.
Le tante difficoltà
Questa patologia invisibile ha poi dei risvolti sociali non indifferenti.
“La mia vita è cambiata- riferisce Alina. Fare dei lavori anche semplici di casa è un inferno. Li faccio ma poi mi devo fermare, aspettare e riprendere le forze per continuare dopo. I dolori non smettono mai. Non posso dormire. Ed è per questo che ci sentiamo un peso per la famiglia, per lo Stato e per chiunque decida di starci accanto. Di conseguenza, finiamo per isolarci. Lavoravo in un’azienda nell’ambito delle attività di controllo di qualità per assicurare che i prodotti avessero le caratteristiche corrette ma, adesso, non lavoro più”.
Ma, Alina non è sola. Lei partecipa alle attività dell’AISF ODV, l’Associazione Italiana Sindrome Fibromialgica di pazienti e medici che sviluppano dei progetti a sostegno dei malati fibromialgici. In questo periodo, i partecipanti dell’associazione fanno uno sciopero della fame a staffetta per chiedere il riconoscimento della fibromialgia come malattia invalidante e, quindi, per ottenere la gratuità dei farmaci.
“Non riusciamo a guarire, solo a convivere con la fibromialgia ormai- conclude Alina- Se avessimo l’opportunità di venire curati in modo gratuito, potremmo riprendere a lavorare e a non essere più un peso. Torneremo ad una vita dignitosa. La mia storia vuole essere un messaggio di speranza per ottenere quel cambiamento nel quale tutti speriamo”.
Non è giusto che la fibromialgia sia riconosciuta come malattia invalidante solo in poche regioni.Abbiamo tutti gli stessi diritti e siamo esseri umani che soffrono . Per non parlare delle spese mediche non rimborsabili e le visite specialistiche che ci vediamo obbligati a pagare di tasca nostra altrimenti dovremmo aspettare mesi per avere una visita con l'ASL. Purtroppo è una malattia cronica e siamo costretti a vivere così finché ai "piani alti " non venga riconosciuta come malattia invalidante. Vorrei proprio vedere se capitasse a qualcuno di loro.