È un «vaso di Pandora» quello che si sta scoperchiando nell’ospedale di Settimo Torinese, sempre più al centro delle inchieste giudiziarie, incentrate soprattutto sui presunti maltrattamenti che sarebbero stati commessi nel reparto di lungodegenza.
Legati, sedati, lasciati sporchi per giorni
Sono 24 le persone, tra infermieri e «oss», ovvero gli operatori socio-sanitari, colpiti da avviso di garanzia con richiesta di sospensione dal servizio e convocazione per l’interrogatorio davanti al giudice per l’indagine preliminare, previsto per dicembre.
Di queste, la maggior parte risiede fra Torino, Settimo, San Mauro, Grugliasco, Chivasso, Borgaro, Rivoli, Leini e Pavone Canavese: 18 di loro erano professionalmente legate alla «Cm Service Srl» di Cascinette di Ivrea, ovvero la società che gestiva l’appalto dei servizi socio-assistenziali nel periodo di osservazione degli inquirenti, ovvero tra marzo e aprile 2024. Le accuse nei loro riguardi sono particolarmente gravi. Si passa dall’uso di presidi contenitivi – come fasce, cinture addominali, polsiere – per quasi 24 ore al giorno (gli unici momenti in cui non venivano applicate erano i pasti e i momenti dei cambi di carattere igienico) e con modalità del tutto contrarie ai dettami delle linee guida regionali.
Il dramma dei nonni in ospedale
L’obiettivo, così come sostiene chi sta indagando, sarebbe stato quello di bloccare in maniera sistematica il paziente, in modo tale che lo stesso non avesse opportunità di suonare il campanello e «disturbare» il personale.
Ma c’è di più. Ovvero le sedazioni altrettanto sistematiche nelle ore notturne. Una scelta che sarebbe stata fatta – sempre stante le tesi degli inquirenti – per permettere a infermieri e oss di facilitare il riposo dei lavoratori nelle ore notturne. E questo nonostante il loro lavoro prevedesse i turni notturni allo stesso modo di quelli diurni. Con le stesse mansioni e responsabilità.
E non finisce qui. Perchè sarebbe emerso come diversi pazienti sarebbero stati lasciati abbandonati a loro stessi, con i cambi dei pannolini che sarebbero avvenuti a distanza di 2-3 giorni. E anche in questo caso, senza rispettare le normative vigenti regionali.
Per gli inquirenti c’è anche un’altra ipotesi, attualmente in fase di verifica: sedazioni e azioni contenitive sarebbero state messe in atto per «mascherare» l’assenza del personale, presente solamente a livello virtuale: ovvero solo sui registri, forse con bollature effettuate da altre persone.
Di casi ne sarebbero emersi tantissimi. Come quello del centenario, di cui parliamo nell’articolo a pagina 11.
Oppure la donna 91enne che viene sedata a più riprese dall’infermiera e dall’oss perché «ansiosa». O la paziente 89enne con emorragia cerebrale, legata al letto attraverso i polsi anche se la prescrizione di contenzione non risultava essere registrata sulla scheda assistenziale. Per non parlare di un’altra 89enne legata al letto dalle braccia attraverso un pezzo di stoffa – che sarebbe risultato persino sporco – per farla smettere di urlare. Una donna che si stava lamentando solamente perché voleva essere cambiata dopo essersi «fatta addosso» i bisogni. Senza tralasciare diversi «nonnini» con piaghe da decubito causate dalle troppe ore passate bloccati al letto con le misure contenitive.
Misure anche piuttosto rudimentali ma efficienti. Come quella del pannolone usato come «camicia di forza» e frasi da far gelare il sangue: «Ma non hai un c..o da fare invece di urlare? Ti meriteresti uno straccio in bocca» o «dovete stare zitti, avete capito?». Dopo gli interrogatori di dicembre, il GIP deciderà sulle misure interdittive. A quel punto sarà la conclusione delle Indagini Preliminari da parte della Procura e solo allora il PM deciderà se richiedere l’archiviazione o il rinvio a giudizio degli indagati. Nel frattempo, l’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Torino ha già comunicato di volersi costituire parte civile nel procedimento in corso. «Facendo riferimento a quanto emerso dalle indagini, sta venendo alla luce una situazione sempre più articolata e delicata. Seguiremo con attenzione l’evoluzione dell’inchiesta, che potrebbe in futuro estendersi anche ad altre figure professionali. L’Ordine sottolinea la volontà di tutelare l’immagine della professione infermieristica e al contempo il diritto dei cittadini di ricevere cure sicure per la tutela della propria salute. Ogni eventuale responsabilità individuale dovrà essere accertata nelle sedi opportune, nel pieno rispetto del principio di innocenza. Solo dopo gli accertamenti potranno, e se necessario dovranno, essere intraprese le iniziative disciplinari del caso», dichiara il presidente Ivan Bufalo.
L’assessore Riboldi
Dopo gli ultimi sviluppi dell’indagine, l’assessore regionale alla Sanità, Federico Riboldi, parla di «Vicenda terribile e inaccettabile. Episodi così gravi gettano discredito su un sistema che ogni giorno funziona grazie a centinaia di medici, infermieri e operatori che con professionalità e dedizione si prendono cura dei pazienti». L’assessore ricorda come «la Regione Piemonte abbia già stanziato 37 milioni di euro per acquistare la struttura e porre fine a una gestione, fin dall’inizio poco chiara, con modalità amministrative, oggi, del tutto fuori dai modelli regionali di riferimento. Una volta accertate le responsabilità, i colpevoli dovranno risponderne davanti alla giustizia ordinaria e riceveranno il massimo delle sanzioni possibili anche da parte del governo regionale».
Per Riboldi, «la Regione continuerà a vigilare per garantire dignità ai pazienti, rispetto per chi lavora nella sanità piemontese e trasparenza totale nella gestione delle strutture pubbliche».