Marco Bono, il «miracolo» del Beato don Secondo Pollo
Aveva nove anni quando, nel cortile, è caduto nella sgranatrice finendo in coma. Una notte, il cappellano Alpino è apparso in sogno al papà del giovane e ha portato i medici sulla strada giusta
Trentanove fratture in tutto il corpo, la milza spappolata, nessuna possibilità di sopravvivenza.
Questa la diagnosi dei medici quando si sono trovati di fronte il caso disperato di un bambino di nove anni, Marco Bono, caduto accidentalmente dentro agli ingranaggi di una sgranatrice nel cortile di casa sua, a Petiva, frazione di Cigliano. Ma, a meno di otto settimane dall’incidente, è fuori pericolo di vita. Come chiamarla: grazia ricevuta o miracolo? I medici non hanno saputo dare una spiegazione scientifica.
Marco Bono, il «miracolo» di don Secondo Pollo
Sono, invece, lui, Marco, e la sua famiglia, a dare una risposta a quanto è accaduto: è stata l’intercessione del Beato don Secondo Pollo.
Una storia venuta a galla dopo anni perché in questo periodo si è tornati a parlare del Beato in occasione di alcune ricorrenze.
A raccontare la storia è il nonno, Emiliano: «Era la sera del 6 marzo del 2009. Eravamo nel cortile di casa, io e mia moglie Elda, intenti a lavorare con la sgranatrice. D’un tratto abbiamo sentito gridare, abbiamo allora visto che Marco era finito dentro agli ingranaggi che lo facevano ruotare, risucchiato dalla sua giacca a vento. Mi sono precipitato a spegnere il trattore, ma ormai non lo sentivo più gridare. In quegli attimi terribili mi sono detto: è finita. Quando l’ho tolto da là dentro non respirava più. Sono allora accorsi i vicini, le mie sorelle, tutti, e abbiamo chiamato i soccorsi».
Sul prato di fronte la cascina, è atterrato un elisoccorso per portarlo all’ospedale Regina Margherita di Torino.
«I soccorritori - prosegue Emiliano - ci dicevano di non toccarlo, ma mio figlio Mario, suo padre, in un attimo di disperazione, l’ha messo in piedi. E’ stato proprio quel gesto avventato a fargli tornare il fiato».
I medici del Regina Margherita capiscono subito la gravità e mettono il bambino in coma farmacologico. La famiglia è disperata e prega con devozione don Pollo.
«Una sera - racconta Emiliano - ci siamo ritrovati a pregare nella chiesa della Madonnina dei prati. In questa chiesa don Pollo aveva spesso celebrato la Messa. C’erano parenti, vicini di casa, sacerdoti, erano anche venuti i compagni di classe di Marco che, sul suo banco di scuola, avevano messo una sua maglietta portata da mio figlio. Ci siamo riuniti per chiedere la salvezza del bambino».
Però i giorni passano e non ci sono miglioramenti. I medici non possono fare operazioni al bambino tanto la situazione è grave e viene tenuto in vita solo dalle macchine fin quando non accade qualcosa di particolare.
«Una notte - riferisce Emiliano - mio figlio ha sognato don Pollo che gli diceva di togliere un gesso dalla gamba del bambino. Il mattino seguente lo ha detto al medico. Il medico dapprima si è rifiutato perché in contrasto con le disposizioni mediche ma poi ha accettato, sapendo che non c’era più nulla da fare. Quando ha tolto il gesso dalla gamba ormai in cancrena, è uscita una mole tale di materia purulenta da schizzare fuori dal letto. La febbre si è abbassata e Marco si è svegliato. I parametri erano stabili, i medici hanno staccato le macchine ed hanno sciolto la prognosi: non era più in pericolo di vita. Era il giorno di San Marco. Erano passati circa due mesi dall’incidente il giorno in cui è stato dimesso: è tornato a casa, con le stampelle, ma sano e salvo».
«Si tratta - riferisce don Marcellin, cappellano del Trompone - di una delle tante grazie ricevute dal Beato».
Marco, adesso, ha ventiquattro anni. E’ un giovane in buona salute, si è diplomato all’Agraria e fa l’agricoltore a tempo pieno con tanta passione per la sua terra.
«L’ultimo ricordo - riferisce Marco - prima che accadesse quel fatto risale al momento in cui la nonna mi aveva detto di stare lontano dalla sgranatrice, poi non ricordo altro. Nel coma ho visto una luce bianca con due persone. Sentivo di avere la mia famiglia vicino, soprattutto mio padre (mancato quattro anni fa) che mi stava tutte le notti accanto. Ricordo anche l’affetto di mia mamma Dora e di mio fratello Andrea. I miei nonni Emiliano e Elda sono stati straordinari, a loro devo tutto. La mia vita è salva grazie al Beato don Pollo e alla Madonnina dei prati».
E’ stato realizzato un quadro votivo (ex voto per grazia ricevuta) raffigurante la scena dell’incidente che si trova ora presso la chiesa della Madonnina dei prati.
Ma è nella casa del ragazzo che si trovano le tracce del passaggio di questo sacerdote. Le sorelle di Emiliano, Bruna, Flavia, Luigina, Raimondina e Rosanna custodiscono (ed hanno anche restaurato) la stola che il Beato aveva indossato per la celebrazione della sua prima Messa ed aveva poi lasciato nella chiesa della Madonnina dei prati. Inoltre, possiedono un dipinto del Sacro Cuore di Gesù, donato proprio da don Pollo come regalo di nozze ai loro genitori, Vittorio Bono e Ardissino Albina, datato il 12 aprile 1934.
«C’è aria di santità nella nostra casa - riferiscono le sorelle Bono - ci sono testimonianze della vita del Santo. I nostri genitori lo avevano conosciuto prima della guerra. Dicevano che non era un sacerdote ma un “grande” sacerdote. Nelle frazioni di Cigliano, a Petiva e ai Ronchi, si recava a piedi per fare catechismo nelle stalle e per celebrare la Santa Messa nella chiesetta. D’inverno, faceva molto freddo, così nostra mamma gli preparava le borse dell’acqua calda. Don Pollo alla nostra famiglia non solo ha lasciato un segno materiale, i suoi paramenti sacri, ma pure spirituale: la grazia per Marco».
La storia del Beato
Secondo Pollo nasce a Caresanablot il 2 gennaio 1908. Compie gli studi nei seminari di Vercelli e nelle facoltà universitarie pontificie. E’ ordinato sacerdote il 15 agosto 1931 a Sostegno, in provincia di Vercelli. Don Secondo Pollo diventa ben presto responsabile in diversi seminari vercellesi, assistente diocesano dell’Azione Cattolica, professore e direttore spirituale del Santuario del Trompone. Lo descrivono «educatore di fine intuizione pedagogica» e non a torto se solo si considera quanto è amato e seguito dai giovani seminaristi. Gli anni trascorsi nell’Azione Cattolica sono quelli che mostrano alla diocesi vercellese il suo carattere dinamico ed efficiente con un tocco di novità, rappresentata dall’apertura al mondo laicale in generale e quello giovanile in particolare, dall’entusiasmo per le cose che si possono organizzare anche al di là dei confini parrocchiali. Sono soprattutto i giovani ad ammirare quel suo pregare e studiare anche rubando ore al sonno, quelle sue iniziative di fede capaci di coinvolgere tutti, ma proprio tutti. Senza risparmiarsi, anche quando lo chiamano ad andare al fronte, nonostante la menomazione all’occhio sinistro per una malattia sconosciuta. Arruolato nel battaglione alpino «Val Chisone», si rivela un cappellano alpino pieno di entusiasmo, con le sue preghiere sprona i giovani a stare vicino a Dio anche in grigioverde o con le stellette, cioè da semplici militari o da graduati. E’ nella battaglia di Dragali che il 26 dicembre 1941, sul Montenegro, accorrendo per portare soccorso ad un ferito viene colpito da una pallottola che gli recide l’arteria femorale. Muore dissanguato, come uno che ha donato tutto, fino alla fine. Lo Stato gli assegna subito la medaglia d’argento al valor militare e anche la Chiesa lo dichiara Beato: è il 23 maggio 1998 quando Papa Giovanni Paolo II lo beatifica nella cattedrale a Vercelli in mezzo ad un applauso fragoroso e il canto possente del Magnificat. La causa della beatificazione comprende la delicata prova del rituale miracolo («positio super miraculo») accertato nel 1991. Riguardo il miracolo accertato, il documento ufficiale del Vaticano così recita: «Si è certi del miracolo operato da Dio, per intercessione del Servo di Dio Secondo Pollo, sacerdote dell’Arcidiocesi di Vercelli, vale a dire della rapidissima, permanente e completa guarigione di Delinda Zarino da grave forma di psoriasi diffusa, con artrite psoriasica oligoarticolare, con asma bronchiale, in soggetto con ipertensione arteriosa e dislipidemia».