A pochi giorni dall’avvio del servizio di refezione scolastica, al Comune di Chivasso si registra un ravvedimento quasi unanime.
Finora oltre il 90% delle posizioni debitorie (il dato è in evoluzione) sono state sanate ed, in questo modo, la mensa organizzata dall’Ufficio Istruzione, con la consulenza dietologica del tecnici dell’AslTo4, sarà garantita alla quasi totalità degli alunni che ne hanno fatto richiesta.
Mensa: i morosi pagano, ma manca il regolamento sui “panini”
«La sensibilizzazione a regolarizzare la propria posizione è servita – ha dichiarato con soddisfazione il sindaco Claudio Castello – non tanto per lo spettro del pasto portato da casa, quanto per un principio di civiltà e legalità per il quale i servizi non obbligatori vanno corrisposti sulla base delle proprie possibilità economiche.
Una risposta indiretta anche per chi ha cercato di strumentalizzare la questione dal punto di vista sociale. La compartecipazione del Comune di Chivasso nei confronti delle famiglie più fragili è massima, tanto che nella fascia più bassa, ad esempio, l’utente spende 171 euro all’anno per il primo figlio e 135 per il secondo, a fronte di un costo totale di 1116 euro per ogni alunno. Il Comune di Chivasso, complessivamente, a sostegno delle fasce di fragilità economica previste esborsa ogni anno circa mezzo milione di euro.
Per i casi particolarmente critici, poi, a prescindere dalla fascia ISEE, con attestazione del CISS, è prevista l’esenzione totale».
«Si chiude una polemica finalizzata a delegittimare un servizio importante del Comune di Chivasso – ha aggiunto l’assessore comunale all’Istruzione Gianluca Vitale – chi evade crea un danno alla collettività, mentre va dato grande rispetto a quei genitori che, con grandi sacrifici e onestamente, pagano il servizio e le tasse.
Chi è in difficoltà va sostenuto perché nessuno può rimanere indietro se vive un disagio economico e sociale. Ma chi può pagare, perché ha redditi alti e non lo fa, crea un danno a tutti i chivassesi e questo è intollerabile in un contesto economico quale quello che stiamo vivendo».
E adesso cosa accadrà?
Il regolamento di attuazione del «panino a mensa» è stato demandato ai dirigenti scolastici, e le famiglie sono in attesa di una circolare che ad oggi, però, non è ancora stata pubblicata. Secondo qualche voce di corridoio, nemmeno redatta…
Il problema, in soldoni, è «come» gli studenti che si porteranno il panino da casa potranno mangiarlo. Con gli altri studenti (e così cade il tema della contaminazione…)? In una stanza a parte (e allora addio alla mensa come momento di socialità…)? Ci saranno controlli su cosa mangeranno i bambini (e quindi per assurdo uno si potrà portare la carbonara, la parmigiana di melanzane o da buoni chivassesi «buseca» il mercoledì e «bagna cauda» il venerdì)?
E ancora: se il panino portato da casa va bene, perché non vanno bene i dolci o le pizzette per un compleanno? E chi potrà controllare che gli studenti non si scambino i panini (con i rischi legati a eventuali allergie o intolleranze o motivi religiosi), o che quello seduto in mensa guardando la sua pasta in bianco non chieda al compagno un morso della sua croccante «rosetta» con la frittata?
Sempre non vinca la fronda che chiede che gli studenti che hanno scelto il panino siano fatti addirittura uscire da scuola.
Dalle scuole tutto tace
Abbiamo provato in ogni modo a contattare i dirigenti scolastici degli Istituti Comprensivi «Cosola» (Vincenza Tascone, anche alla guida del liceo «Newton») e «Dasso» (Daniela Franzino), ma non siamo riusciti ad andare oltre al centralino. Tutti impegnati, tutti impossibilitati a risponderci, anche solo telefonicamente. Comportamento «antipatico» fin che si vuole ma assolutamente comprensibile, dato che restando a tema alimentare immaginiamo che i presidi avrebbero fatto volentieri a meno di questa «patata bollente» scaricata «pilatescamente» loro dal Comune.
L’intero sistema è a rischio
Il vero rischio, come ripetono da giorni anche gli altri amministratori che seguono affacciati alla finestra i fatti chivassesi, è che si scateni un «addio alla mensa» (in grado di far collassare il sistema) anche da parte di quelle famiglie in fascia alta di reddito che hanno sempre pagato le tariffe massime (chi ha redditi bassi non ha mai pagato e continuerà su questa linea – anche sarebbe il caso di rivedere il sistema in quanto «gratis» viene spesso visto come «dovuto» e come un servizio «non da rispettare», come accade anche per lo scuolabus), ma che ora potranno contare su di un sistema decisamente più economico.
E’ fuori discussione, infatti, che una «schiscetta» costi meno del buono mensa (a Chivasso arriva a 5.60 euro) con il «vantaggio» di far mangiare al proprio figlio i cibi che gli piacciono. E allora, il tema della mensa come educazione alimentare?
Ma questa, è un’altra storia.