SALUGGIA

«Prigioniero in casa perchè lo scooter dell’Asl è rotto»

Enzo Rosa non può permettersi la riparazione percepisce solo 341 euro di pensione

«Prigioniero in casa perchè lo scooter dell’Asl è rotto»
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La storia di Enzo Rosa potrebbe capitare a chiunque. Perchè lui, classe 1963, sino a cinque anni fa viveva tranquillamente la sua routine. Di professione panettiere, aveva un’attività a Livorno Ferraris mentre abitava a Saluggia, in una casa che stava comprando con i frutti del suo lavoro. Ma due ictus hanno completamente rivoluzionato la sua esistenza. Ha smesso di lavorare, ha perso la casa perché non è più stato in grado di pagare il mutuo. Oggi Rosa vive nella casa del papà a Sant’Antonino una vita difficile, solo una cugina lo aiuta.

«Prigioniero in casa perchè lo scooter dell’Asl è rotto»

«Ho 60 anni e dopo due ictus mi trovo a vivere in queste condizioni – racconta Rosa – Sono invalido all’85%, lo ha decreto l’Inps. Quello che io chiedo non è molto, ma solamente un aiuto per vivere dignitosamente.
L’AslTo4 di Chivasso mi ha assegnato uno scooter per disabili, lo ha pagato l’azienda sanitaria. A febbraio si è rotto e ho iniziato a chiedere aiuto per la riparazione. Mi sono rivolto al mio medico di base, agli assistenti sociali che mi seguono, all’ufficio dedicato alle politiche sociali del Comune di Saluggia ma nulla. Quello però era l’unico mezzo che mi permetteva di uscire di casa. Nessuno però lo vuole riparare, l’Asl mi ha detto che mi riconosce 100 euro per l’intervento ma come faccio a sistemarlo: ho una pensione da 341 euro al mese. Come faccio a vivere se mi privo anche di questi denari per sistemarlo? Io da febbraio vivono come un carcerato in casa mia. Se non fosse per mia cugina che mi accompagna alla Posta non uscirei mai. Nemmeno la Oss che mi hanno assegnato mi aiuta ad uscire, eppure i medici dicono che dovrei camminare, muovermi. Ma nulla, nonostante io abbia un girello da interno e uno da esterno, non mi fa camminare. Il motivo? Perché non vuole prendersi responsabilità. Ma non bastano quei pochi passi che io posso fare in casa per soddisfare le esigenze dei medici. È un controsenso. Tutto.
Prima dell’ictus la mia vita era bella, grazie alla mia professionalità avevo ottenuto importanti riconoscimenti, i miei biscotti erano famosi. Adesso tutti mi hanno dimenticato e chi dovrebbe sostenere un disabile come me, si gira dall’altra parte.
Io non chiedo tanto, vorrei solamente che gli Enti mi aiutassero a sistemare lo scooter così da poter tornare a vivere, ad uscire ed incontrare le persone. Chiuso in casa, ripeto come un carcerato, non è vita».

Un appello che Enzo Rosa lancia al Comune, all’Asl e a coloro che lo seguono nel suo percorso.

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