Protocollo Italia-Albania, la riflessione dell'ex sindaco
"L’ossessione del governo Meloni contro la giustizia, anche europea"

In una riflessione sull’accordo tra Italia e Albania per la gestione dei migranti, l'ex sindaco di Chivasso, Libero Ciuffreda, da sempre molto attento alle vicende albanesi, esprime il suo punto di vista. L'articolo che segue, datato 4 agosto 2025, è un commento critico che solleva questioni sul rapporto tra il governo Meloni e le istituzioni giudiziarie, sia italiane che europee.
Protocollo Italia-Albania, la riflessione dell'ex sindaco
L'ex primo cittadino, oggi Presidente del Movimento Federalista Europeo del Piemonte, Libero Ciuffreda scrive:
L’ossessione del governo Meloni contro la giustizia, anche europea
Soltanto qualche mese fa, chi non lo ricorda, la Corte d’Appello di Roma non aveva convalidato il trattenimento di 43 persone migranti a Gjader, in Albania, richiedenti asilo e così tornarono in Italia. Così accadde a ottobre e a novembre 2024, di nuovo i giudici italiani decisero di non convalidare il trattenimento e rinviarono il giudizio alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, chiedendole di esprimersi definitivamente sulla questione: quando un Paese potrà essere considerato sicuro, per le persone che ci vivono? Quali sono i criteri da utilizzare per definire “Paese di origine sicuro” quello dei migranti, che giunti in Italia, chiedono protezione e di non essere espulsi verso quei Paesi che non garantiscono il rispetto dei fondamentali diritti umani?
I giudici della Corte d’appello di Roma, hanno più volte ribadito che le leggi italiane e la nostra Costituzione, non possono essere in contrasto con il diritto europeo. Numerosi esponenti della maggioranza governativa, li hanno accusati di essere schierati contro il Governo, insomma di essere “toghe rosse”.
La recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea ha dato ragione ai giudici italiani. Sprezzanti alcuni commenti dei leader del Governo italiano, che questa volta accusano i giudici riuniti a Lussemburgo di aver fatto “un’invasione di campo” e di esercitare il loro potere in contrasto con le prerogative politiche del Governo e del Parlamento. Non curanti della nostra Costituzione (articoli 1,11, 117) e dei Trattati dell’Unione, che stabiliscono il principio del primato del diritto dell’Unione, per assicurarne l’uniforme applicazione e interpretazione in tutti gli Stati membri, da Palazzo Chigi si sono susseguite critiche di orientamento nazionalistico, di netto rifiuto della dimensione europea e di fatto di disconoscimento della Corte di Giustizia Ue.
A questo punto una domanda sorge spontanea: chi sono i membri della Corte di Giustizia Europea e da chi vengono nominati? Saranno tutti “toghe rosse” e schierati contro l’Italia? Niente di tutto ciò. La Corte di Giustizia è composta da 27 giudici (uno per Stato membro, in modo da rappresentare tutti gli ordinamenti giuridici nazionali dell’Ue) e da 8 avvocati generali. I giudici e gli avvocati generali sono designati di comune accordo dai governi degli Stati membri per un mandato di 6 anni rinnovabile. Questa attività viene svolta presso la sede di Lussemburgo dal 1952 e cioè da quando i sei Stati membri (tra questi l’Italia), fondatori della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA), delegarono la Corte per garantire il rispetto del diritto comunitario e di farlo applicare uniformemente da tutti gli Stati membri.
Per tornare al tema migranti e al Centro in Albania, scopriamo dunque che non sono affatto giudici schierati, contro l’uno o l’altro Stato, né a favore o contro il Governo italiano, ma che con le pronunce pregiudiziali la Corte interviene per dare chiarimenti ai giudici nazionali che hanno dubbi sull’interpretazione o sulla validità di normative comunitarie.
Dall’inizio dell’entrata in vigore del protocollo Italia-Albania, senza timore di esser smentito, malgrado la grancassa “partitica” contro i giudici, possiamo affermare che l’operazione è finta male. Innanzitutto male per i migranti. Le storie che raccontano coloro che sono riusciti ad uscire, perché riconosciuti validi i ricorsi contro tali provvedimenti, raccontano quotidiane violazioni dei diritti umani; assenza di assistenza sanitaria; tentativi di suicidi, pur di uscire dall’inferno di Gjader. Non è servito, trasformare dall’11 aprile, l’impianto semi-carcerario di Gjader, in un Cpr. Altri ricorsi arriveranno ed emergeranno storie inquietanti che getteranno nuove ombre sui centri in Albania.
Eppure il Governo italiano continua ad insinuare e a gridare al complotto, alzando il tiro contro i magistrati. Ovviamente gli schieramenti avversi, non si fanno sfuggire l’occasione, così i principali esponenti di partito fanno a gara per accusarsi tra di loro e sperare di guadagnare qualche punto di consenso elettorale, spesso facendo confusione tra la difesa dei diritti e la propaganda elettorale.
Dopo la pronuncia del primo agosto della Corte di Giustizia europea è atteso un secondo giudizio del tribunale, che dovrà chiarire se le due strutture situate in territorio extra Ue, siano realmente assimilabili a quelle italiane e quindi in linea con le direttive europee. Se i giudici europei, ricordiamolo ancora una volta, nominati dai singoli Stati appartenenti all’unione, sanciranno l’illegittimità di questi trasferimenti, anche la “sorella d’Italia” dovrà rassegnarsi. Alla violazione dei diritti umani, si aggiungerà anche il danno erariale, già stimato intorno a 1 miliardo di euro sprecato (ad oggi sono stati trasferiti in Albania 132 persone), in spregio alla povertà dilagante tra gli italiani e al servizio sanitario sempre più in affanno.
In certe situazioni chiedere scusa, non è lesa maestà, ma l’ammissione che tutti possono sbagliare, certo stupisce che a cadere in errore siano un Governo e un Parlamento di uno dei Paesi fondatori dell’Ue, che può vantare una Costituzione che dovrebbe saper guidare, anche i più spregiudicati inseguitori di consensi elettorali.
Il Cpr di Gjader, tanto voluto dalla Meloni, come ha scritto Flavia Perina su un noto quotidiano italiano, “è un guaio di cui non ci si libera, e il solo modo di esorcizzarne il fantasma è dire: colpa dei giudici (nazionali ed europei) se non funziona come dovrebbe”.