CRESCENTINO

Una vita tra misurazione della glicemia, farmaci e calcoli: l’Odissea dei genitori T3

Una situazione difficile che affrontano da tre anni: «Mia moglie ha dovuto lasciare il proprio lavoro»

Una vita tra misurazione della glicemia, farmaci e calcoli: l’Odissea dei genitori T3
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La loro vita ormai è un destreggiarsi tra monitoraggio della glicemia, conteggi per un’alimentazione equilibrata e naturalmente somministrazione di glucagone e insulina al loro piccolo di sei anni. La loro giornata è fatta di decisioni, spesso salvavita, perché basta un dosaggio sbagliato e la crisi arriva. Sono due genitori caregiver, o meglio Genitori T3 perché così vengono chiamati i papà e le mamme dei bambini affetti da diabete di tipo 1. Una malattia autoimmune, il sistema immunitario attacca le cellule beta nel pancreas che producono insulina rendendo i piccoli come Marco (nome di fantasia) dipendenti da iniezioni di insulina quotidiana per controllare i livelli di glucosio nel sangue.

Bimbo affetto da diabete di tipo 1

Una malattia che a Marco è stata diagnosticata nel gennaio del 2022, quando lui aveva tre anni come racconta la mamma oggi 35enne: «Lui è nato di 35 settimane all’ospedale di Casale Monferrato. Era prematuro, tachicardico e aveva il cordone che lo bloccava. Fino al parto, tutto era stato perfetto, una gravidanza senza problemi poi… non c’era alcun segnale del diabete».
Nella cucina della loro casa in centro a Crescentino, c’è il cellulare per monitorare costantemente l’insulina, le medicine da dare appena suona lo smartphone e i fogli della dieta del loro piccolo. Ma ci sono anche le bellissime foto di questa famiglia che ha compreso quanto siano significative le piccole cose, quegli aspetti che spesso passano in secondo piano ma che sono alla base della felicità: «La nostra è certamente una vita complicata – racconta il papà 36enne e operaio di un’azienda crescentinese che gli ha riconosciuto l’esonero dal lavoro notturno proprio per via delle condizioni di salute del suo piccolo – Una vita normale ce la meritavamo ma siamo contenti che lui sia nostro figlio, che lui sia con noi. Una volta guardavamo le sottigliezze, adesso non più. Per esser felici ci basta poter uscire con i nostri bimbi, anche solo un paio d’ore».

Per lui, la sua giovane mamma ha rinunciato a tutto, al lavoro (aveva aperto uno studio professionistico) e alle sue passioni. Vive in simbiosi con lui, sono poche le ore che non sono insieme.

La scoperta

«Abbiamo scoperto che il nostro piccolo era diabetico perché c’erano stati diversi segnali che ce lo avevano fatto presagire anche se il pediatra ci diceva di no. Eppure una sera, la ricordiamo benissimo, è stato male e siamo corsi in Pronto soccorso a Chivasso. Dopo le analisi, hanno contattato l’ospedale pediatrico Regina Margherita. Lo hanno stabilizzato, era già in pre coma – raccontano i genitori – Da lì abbiamo iniziato il nostro percorso, perché anche noi abbiamo dovuto comprendere la malattia e come agire. Abbiamo dovuto iniziare a capire i meccanismi della glicemia, a fare i conti con le ipoglicemie notturne. Senza contare quanto una semplice malattia, anche solo un’influenza, possa mandare in tilt il suo sistema perché naturalmente non ha fame quando non sta bene e dunque diventa difficile dosare i quantitativi di zuccheri che ingerisce tant’è che noi abbiamo scelto di esser sempre con lui. O meglio mia moglie. Anche quando è a scuola, infatti, mezza giornata lei è sempre nel plesso (non nella classe) perché così può intervenire subito».

L’Odissea dei genitori T3

«A scuola abbiamo trovato insegnanti e bimbi speciali che hanno compreso la situazione – raccontano – Quest’anno lui frequenterà la scuola primaria e il Comune ha accolto la nostra richiesta di avere un educatore tutti i pomeriggi che possa seguirlo. Per questo ringraziamo il sindaco Vittorio Ferrero che non ci ha negato questa possibilità. Come dobbiamo ringraziare il dirigente scolastico Nunzio Faraci che prima all’infanzia e ora alla primaria ci sta seguendo e supportando».
Ma non tutte le istituzioni prestano la stessa attenzione come ci racconta il papà: «Noi ci troviamo ad affrontare grandi difficoltà. Ad esempio, ora che ha il microinfusore (una battaglia per avere questo che funziona molto bene, abbiamo dovuto anche cambiare diabetologo pediatrico) ci vengono solo più riconosciute 50 striscette e 50 aghi per la misurazione della glicemia. Una quantità assurda perché rimane il metodo sicuro per conoscere i veri livelli della glicemia capillare. E dunque dobbiamo comprarle noi. Così anche il glucagone, il farmaco salvavita che non possiamo non avere. E poi le visite, tutte a pagamento. Ma l’Inps riconosce a nostro figlio, solamente per i mesi di frequenza scolastica, un assegno di 330 euro. Poco, troppo poco. Ecco io voglio chiedere al Presidente della Regione Alberto Cirio maggiore attenzione per i bambini malati di diabete di tipo 1. Che il suo governo sovvenzioni la ricerca perché ad oggi solo noi singoli privati lo stiamo facendo, noi con il 5 per mille e altre donazioni. Abbiamo bisogno della nostra Regione per dare un futuro a tutti i bambini».

Il papà poi parla anche della loro situazione economica: «Siamo una famiglia di quattro persone e solamente io lavoro, mia moglie per seguire nostro figlio non può lavorare. Mi chiedo perché lo Stato non studi una legge, come esiste la 68 del 1999, anche per i genitori caregiver come me? Un canale apposito affinché i genitori di disabili possano, in caso di licenziamento o perdita del lavoro, trovare immediatamente un’altra occupazione. E poi penso anche: ma se io non dovessi più esserci, come farebbe mia moglie con due bimbi a vivere se non può lavorare per stare con lui? Ecco, lo Stato deve intervenire e trovare una soluzione vera. Dunque chiedo al Governo e alla nostra Regione di impegnarsi su questi temi per le famiglie che come noi vivono questa situazione».

Il sogno del piccolo

Una famiglia speciale che non fa mancare mai un sorriso ai suoi piccoli, due bimbi che vivono questa vita con tante limitazioni certo ma circondate dall’amore. E il piccolo, mostrandoci i suoi giochi, sorride. E’ felice. E ci confessa che un giorno gli piacerebbe finire tra i «Guinness World Records». E lo fa stringendo forte l’edizione 2015.

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