la questione

«Ma quali ambientalisti populisti: il nucleare qui per scelta politica»

Cambursano replica alla «esternazione» di Fluttero sul Deposito Nazionale delle scorie

«Ma quali ambientalisti populisti: il nucleare qui per scelta politica»
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Il no pubblicamente manifestato dal comitato «Io mi rifiuto» alle scorie nucleari ha scatenato l’immediata reazione dell’ex sindaco e senatore Andrea Fluttero, che ha definito i suoi componenti «ambientalisti populisti».

Deposito di scorie nucleari

E' arrivata la pronta la replica di Renato Cambursano.
«Vorrei ricordare a Fluttero che nel 1988 - spiega Cambursano - quando tutti i sindaci dei 314 comuni della Provincia di Torino portavano i rifiuti o a Torino o altrove, come Chivasso, il sottoscritto si convenzionò con Italrifiuti per ottenere la disponibilità di smaltire quelli prodotti nel nostro Comune per una durata di 30 anni.
Peccato che durò solo due anni per la insipienza di tanti, troppi miei colleghi sindaci, e la discarica fu quadruplicata contro la nostra volontà. E poi qualcun altro andò Oltre Tevere (Vaticano) a perorare la causa che i terreni della Curia in zona Blatta fossero ceduti per ulteriormente ampliarla.
E siamo arrivati ad essere la più grande Discarica in Piemonte ancora attiva. Quindi non sono un “NIMBY – Non nel mio giardino”, perché nella mia vita i problemi li ho sempre affrontati e risolti e mai li ho rinviati ad altri.
L’ordinanza che bloccò il traffico in città da cui scaturì la realizzazione delle due bretelle e l’arretramento della barriera da Settimo a Rondissone l’ho emessa io e non lui. Non sono mai stato un “populista”, semmai un popolare».

La posizione di Cambursano

Qual è la sua posizione sulla questione dei rifiuti radioattivi?
«Nel 2010 ho votato a favore del Decreto Legislativo che dava l’avvio alla individuazione del sito per il deposito e allo stoccaggio. Sono quindi favorevole alla individuazione di un’area idonea per lo stoccaggio dei 78 mila metri cubi di scorie a bassa e medio bassa attività e per il deposito provvisorio dei 17 mila metri cubi di scorie radioattive ad alta attività. Quelle scorie devono andare via da Saluggia dove c’è l’80% di tutte quelle presenti in Italia e sono in zona fortemente a rischio.
Il Piemonte, ha già abbondantemente dato.
Ora tocca a qualcun altro per un problema di equità e di giustizia.
Invece no: SOGIN e ISIN (ex ISPRA), con la Carta delle Aree Potenzialmente Idonee – CNAPI – dei 12 Siti definiti “molto buoni”, ben sette sono in Piemonte, di cui due in provincia di Torino ed il nostro sito è il primo in graduatoria, il TO-10, Carmagnola, il TO 7 viene dopo, ma secondo SOGIN questa non è una classifica».

 

I criteri individuati da ISIN

Sempre Fluttero ha detto che non bisogna demonizzare i criteri individuati da ISIN. Secondo lei?
«Avrebbe ragione se fossero criteri scientifici, invece la mia impressione è che in alcuni casi siano arbitrari e in altri politici. Ora provo a dimostrarlo, anche con l’aiuto dello studio fatto sia dal Sindaco di Mazzè – dove si trova l’80% dell’area TO10 – sia e Presidente del nostro Comitato, Andrea Zavattaro.
Il nostro è il più vicino a Saluggia, peccato che anch’esso sia a 600 metri dal fiume Dora Baltea.
In prossimità del sito ci sono ben 6 centri abitati: Tonengo di Mazzè a meno di mille metri, Rondissone e Mandria di Chivasso a mille 200 metri dal centro e a mille da un asilo, Arè di Caluso, Campagna di Boschetto/Chivasso e Carolina di Caluso a mille 500 metri. Ma il criterio Ce12, parla di “distanza adeguata”, che vuol dire: mille? Mille duecento? Mille cinquecento? La ricerca fatta da Zavattaro è molto utile: dimostra che gli esempi portati dai Sogin in altri Paesi, come la Francia o la Spagna, non sono affatto confrontabili con il nostro, perché non ci sono centri abitati, neanche a 7.5 chilometri, quando invece da noi in un raggio tale ci sono ben 60 mila abitanti».

Il documento di Mazzè, Caluso e Rondissone

Il documento congiunto dei tre sindaci interessati al TO10, cioè Mazzè, Caluso e Rondissone, fa ampio riferimento alle specificità di questo territorio, dicendo che non sono compatibili con un simile impianto.
«Il richiamare le eccellenze enogastronomiche è giusto (Erbaluce, nocciole, canestrelli, colture biologiche), ma lo faranno tutti. A Carmagnola i peperoni e gli asparagi, in altre aree qualcos’altro. Come affermato da Portinaro di Trino, già consigliere di Sogin, “Le specificità le hanno tutti…”.
Occorre trovare altro, e qui il Documento congiunto individua già alcune grosse criticità: l’80% del sito è in area MAB-UNESCO- Colline del Po: non se n’è tenuto in conto, se non come criteri di approfondimento e non di esclusione come si doveva fare.
Il sito è ricompreso nell’area di ricarica della falda profonda che noi come Comitato avevamo già segnalato a proposito del progetto Caluso Biometano, ma che la sindaca di Caluso ha fatto finta di non saperlo, ora si: bene, non è mai troppo tardi.
Ci sono anche acque superficiali, che scorrono a 5/6 metri di profondità.
Il documento ha però dimenticato altre cose importanti, che sarebbe stato bene inserire.
Questo territorio ha una ricarica ambientale pesantissima: è già attivo un impianto per la triturazione di 60 mila tonnellate/anno di materiale edile ed affini (nei giorni scorsi è stato registrato nelle vicinanze il rumore assordante emesso da quest’infernale macchinario) senza contare le ingenti polveri sottili sollevate ed immesse nell’aria, ricordate dalla Città Metropolitana di Torino, che però giovedì scorso ha autorizzato senza attivare la VIA – Valutazione di Impatto Ambientale…
E’ al secondo tempo dell’esame della Città Metropolitana di Torino il progetto per il trattamento di 60 mila tonnellate/anno di RIFIUTI organici urbani della “Caluso Biometano.
Se poi allarghiamo l’orizzonte troviamo: San Benigno a Ovest, dove è previsto un altro impianto per il trattamento di altre 60.000 tonnellate/anno di Rifiuti Organici Urbani sempre dello stesso gruppo imprenditoriale di Verona, anche questo al secondo tempo dell’esame della Città Metropolitana di Torino; Chivasso a Sud, con un carico ambientale assolutamente insopportabile come la seconda Discarica del Piemonte per ampiezza e capacità, la Centrale Biogen all’interno dell’ex area Lancia ora Consorzio PICHI (che nel tempo ha creato notevoli problemi di inquinamento odorigeno), la Centrale Termoelettrica (con una potenza installata di 1.179 MW gestita dalla società A2A), la presenza di due realtà che sono assoggettate alle norme Seveso (il Deposito Esso e la Rivoira); Torrazza Piemonte ad Est con le discariche di Rifiuti industriali speciali, località dove è previsto il Deposito dello Smarino proveniente dagli scavi per l’Alta Capacità Torino-Lione; Rondissone, con il progetto già autorizzato dalla Città Metropolitana di Torino di un progetto per il trattamento di 41.000 tonnellate/anno di Rifiuti Organici Urbani, sul quale è pendente un ricorso al Consiglio di Stato.

Perché non viene mai utilizzata la parola Salute pubblica e/o tutela della salute dei cittadini?
Perché non si fa alcun riferimento al fatto che a livello europeo non sia ancora stato individuato il sito per lo stoccaggio definitivo delle scorie ad alta intensità e che quindi il “deposito provvisorio” delle medesime rischia non solo di durare molto a lungo, ma che sia proprio in Italia?
Perché non è stato detto che non può essere la stessa SOGIN né ISIN l’ente che certifica in via definitiva il sito, altrimenti si cascherebbe in clamoroso conflitto di interesse?
La nostra opposizione continua, e non è aprioristica di chi non gliene va mai bene una, ma di chi sa che può anche essere vero che l’impianto avrà le caratteristiche della massima sicurezza, ma sappiamo che questa in assoluto non esiste e quindi se qualcosa non funzioni, i primi a pagare saremmo noi, i nostri figli, nipoti e pronipoti».

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