il caso

Abitano nei camper e nella baracche, la Chivasso della disperazione

Un problema di igiene.

Abitano nei camper e nella baracche, la Chivasso della disperazione
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Abitano nei camper e nella baracche, la Chivasso della disperazione. Tutto questo in via Orti, nel parcheggio tra via Po e il deposito bus.

Abitano nei camper

Una maglietta o un paio di pantaloni stesi ad asciugare al sole, biciclette legate ora a un palo ora a un altro, luci fioche che, di notte, si intravedono tra le tende spesse.
Se qualche anno fa avevamo scritto del «Grand Hotel Disperazione» (la struttura ex Ferrovie di via Ceresa trasformata in ricovero da alcuni senza tetto), ora dobbiamo parlare di «Camping». Da qualche tempo, infatti, è impossibile non notare l’aumento esponenziale di vecchi camper e furgoni che hanno visto tempi migliori nel parcheggio di via Orti compreso tra la rotonda di via Po e il deposito degli autobus.
Un piazzale isolato ma illuminato, diventato isola ed approdo per chi non ha altro se non, appunto, un vecchio camper.
La conferma arriva anche dal ragazzo che si è «inventato un lavoro» diventando, di fatto, custode del piazzale. Arriva tutte le mattine, piazza tavolino e sedia e tra una pagina del Corano e un po’ di musica controlla che nessuno rubi o danneggi i camper.
A ieri, martedì 30 marzo, sarebbero almeno quattro i veicoli occupati, ma la situazione è in continua evoluzione.
Il problema, più che per i camper (tutti assicurati) è legato alle condizioni igieniche in cui vivono gli occupanti, dato che il parcheggio non è attrezzato per essere usato come campeggio.

Gli orti al Canale Cavour

Altre sistemazioni di fortuna sono state ricavate tra gli orti comunali lungo il Canale Cavour.
Una «forzatura» nell’uso delle casette nota da tempo, ma anche in questo caso l’amministrazione ha la consapevolezza di trovarsi davanti a persone con una vita già al limite, che non hanno davvero un altro posto dove andare.
Diverso è il danneggiamento come quello subito dai bagni presenti tra gli orti di via Mezzano: ora la finestra sul lato esposto ad ovest è stata chiusa, ma fino a poche settimane fa era utilizzata come ingresso da chi sfruttava i bagni anche come ricovero notturno.

Il dormitorio

Una situazione pesante, acuita dalla crisi e dalla pandemia, a cui in qualche modo si deve far fronte.
Vero, il dormitorio offre un letto e un caffè, ma si tratta comunque di una struttura che apre alle 19, che chiude intorno alle 7 e che a causa del Covid non mette più a disposizione la cucina: «Prima - ci racconta uno degli «utenti» del dormitorio - tra tutti mettevamo insieme qualche euro per comprare delle pasta e un po’ di pomodoro, ora non possiamo nemmeno cucinare quello. Di giorno non abbiamo un posto dove andare, se non le panchine della stazione o quelle nei parchi, e di conseguenza non ci resta che vagare per la città senza una meta».
Senza fare polemiche, fatte queste premesse l’amministrazione potrebbe forse ripensare all’utilizzo della villa confiscata di corso Galileo Ferraris, che venendo meno la presenza dei richiedenti asilo potrebbe essere trasformata (come già era stato proposto anni fa) in una struttura in grado di ospitare chi ha perso tutto e ha chiesto solo di poter tornare a vivere con dignità.

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