Affitti dei terreni, il Comune ha vinto il ricorso di Inwit
La società contestava, a fine anno 2022, la fondatezza del sollecito di pagamento del canone contrattuale

Il Comune di Monteu da Po, assistito dall’avvocato Patrizia Bugnano, ha avuto ragione nel contenzioso avviato dinanzi al Tribunale di Ivrea dalla società Infrastrutture Wireless Italiane S.p.A. (Inwit S.p.A.), uno dei principali gestori di siti che ospitano gli apparati di trasmissione degli operatori di telefonia mobile.
Affitti dei terreni, il Comune ha vinto il ricorso di Inwit
Inwit Spa è subentrata a Vodafone Italia Spa nel contratto di locazione di una porzione di terreno di proprietà del Comune appartenente al patrimonio disponibile dell’Ente, stipulato per l’installazione di una stazione radio base per il servizio di telecomunicazioni, a fronte del pagamento di un canone annuo di 8.000 euro.
La società Inwit contestava, a fine anno 2022, la fondatezza del sollecito di pagamento del canone contrattuale inviatole dal Comune, appellandosi alla presunta applicabilità al caso di specie del c.d. canone antenne (ex lege 160/2019, per l’importo fisso calmierato di euro 800 annui), comunicando nel contempo che avrebbe provveduto all’esclusivo pagamento di quest’ultimo, di fatto “autoapplicandosi” una decurtazione del 90% dell’importo pattuito nel contratto.
Conseguentemente l’Amministrazione Comunale – dopo svariati solleciti – emetteva accertamento esecutivo patrimoniale intimando il pagamento di circa 19mila euro per i canoni di locazione scaduti e versati all’Ente in misura parziale. L’accertamento veniva contestato dalla società, che proponeva opposizione dinanzi al Tribunale di Ivrea.
Il processo
In sede processuale il Comune di Monteu da Po ha ribadito e documentato quanto già sostenuto nei propri reiterati solleciti a Inwit, ovvero che il terreno concesso in locazione appartiene al patrimonio disponibile dell’Ente e che, pertanto, per effetto della sua natura patrimoniale disponibile, non è soggetto all’applicabilità del citato canone antenne invocato dalla società locataria.
Tale bene assolve, infatti, una funzione di utilità economica per l’Ente il quale, in un’ottica di valorizzazione del patrimonio, deve finalizzarne la gestione alla produzione di un reddito. L’Amministrazione Comunale ha pertanto sostenuto in giudizio che la norma di legge non contiene i presupposti per applicare un regime contrattuale derogatorio a quello privatistico: accogliere una tesi diversa farebbe, infatti, venir meno il dovere dell’Ente di valorizzare il proprio patrimonio immobiliare nonché il rispetto degli equilibri di bilancio.
La tesi fatta propria dal Comune era già stata sostenuta dall’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI) e dall’Istituto per la Finanza e l’Economia Locale (IFEL) che, in una Nota interpretativa, affermava: “rimangono esclusi dall’applicazione del canone unico gli impianti posizionati su beni patrimoniali disponibili dell’ente, la cui presenza è regolata da contratti di locazione disciplinati dalle norme di diritto privato. Per tale tipologia di beni, infatti, la P. A. si comporta alla stregua di qualsiasi soggetto privato e può, quindi, legittimamente prevedere il pagamento di un canone di locazione da parte del soggetto occupante il terreno oggetto del contratto di locazione, non trovando applicazione la disciplina del canone unico”.
Poiché sull’interpretazione dell’art. 54 del D. Lgs. n.259/2003 (Codice delle comunicazioni elettroniche) la giurisprudenza di merito non è pacifica né concorde, l’esito processuale grazie al quale il Tribunale di Ivrea ha accolto la tesi del Comune e rigettato l’opposizione all’accertamento esecutivo di Inwit, acquista peso e significato per analoghi contenziosi che proliferano su tutto il territorio nazionale: la pronuncia eporediese rappresenta, dunque, un precedente importante per quegli Enti che intendono affermare il diritto/dovere di amministrare con scienza e coscienza.