CHIVASSO

Antimafia, Prefettura e Comune chiudono la pizzeria Vecchio Cavour

La proprietà colpita da una «interdittiva». Serrande abbassate in attesa del ricorso al TAR

Antimafia, Prefettura e Comune chiudono la pizzeria Vecchio Cavour
Pubblicato:

«Non siate omertosi, denunciate, non bevete il caffè con i mafiosetti di turno, evitate di offrirglielo. Non andate a mangiare nei loro ristoranti, nelle loro pizzerie. State attenti quando entrate in un locale. Non comprate da chi è in odore di mafia».

Prefettura e Comune chiudono la pizzeria Vecchio Cavour

Era il mese di maggio quando, sollecitato dalle nostre domande, Nicola Gratteri, ora Procuratore Capo di Napoli e all’epoca guida degli uffici di Catanzaro, aveva pronunciato queste parole al Teatrino Civico di Chivasso durante la presentazione del suo libro «Fuori dai confini. La ’ndrangheta nel mondo», scritto a quattro mani con il giornalista Antonio Nicaso.
Sarà una suggestione, per carità, ma volgendo lo sguardo dal Teatrino quella che si vede è la pizzeria «Il Vecchio Cavour», gestita dalla famiglia Ilacqua, chiusa da qualche giorno perché colpita da una «Interdittiva antimafia». La comunicazione della Prefettura di Torino è arrivata a Palazzo Santa Chiara che, tramite i propri uffici, l’ha subito trasformata in una chiusura in risposta ad una SCIA.
Una formula burocratica che sta ad indicare «serrande abbassate» senza se e senza ma, in attesa di un assolutamente probabile ricorso al TAR.

Cos’è l’Interdittiva

«L'interdittiva antimafia - spiega il Ministero dell’Interno - svolge una funzione di “frontiera avanzata” nel continuo confronto tra Stato e anti-Stato e si sostanzia in un provvedimento amministrativo di natura preventiva del Prefetto, che ha la finalità di tutelare l'ordine pubblico, la libera concorrenza tra le imprese e il buon andamento della Pubblica Amministrazione.

Esso non si fonda su dati certi, ma su una valutazione probabilistica in base a indizi gravi, precisi e concordanti e non ha natura afflittiva, ma tende a impedire che la criminalità organizzata penetri e si infiltri all'interno dell'economia legale.

La discrezionalità amministrativa conferita dalle norme del Codice Antimafia ha indotto la giurisprudenza ad elaborare criteri per stabilire la legittimità delle valutazioni compiute dagli organi di governo in sede di interdittiva: così come sostenuto dal Consiglio di Stato, infatti, la valutazione compiuta dal Prefetto è “sindacabile in sede giurisdizionale in caso di manifesta illogicità, irragionevolezza e travisamento dei fatti”, mentre al giudice amministrativo è precluso l’accertamento dei fatti posti a fondamento dell’atto. La costante giurisprudenza del Consiglio di Stato ha chiarito che il pericolo di infiltrazione mafiosa deve essere valutato secondo un ragionamento induttivo, di tipo probabilistico, che non richiede di attingere un livello di certezza oltre ogni ragionevole dubbio, tipica dell’accertamento finalizzato ad affermare la responsabilità penale, e quindi fondato su prove, ma implica una prognosi assistita da un attendibile grado di verosimiglianza, sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, sì da far ritenere “più probabile che non”, appunto, il pericolo di infiltrazione mafiosa.

Quanto alla concezione probabilistica, il Consiglio di Stato ha stabilito che in caso di adozione di misura interdittiva “l'interprete è sempre vincolato a sviluppare un'argomentazione rigorosa sul piano metodologico, ancorché sia sufficiente accertare che l'ipotesi intorno a quel fatto sia più probabile di tutte le altre messe insieme, ossia rappresenti il 50% + 1 di possibilità, ovvero, con formulazione più appropriata, la cosiddetta probabilità cruciale".

La cornice normativa è definita dal comma 3 dell'art. 84 del D.Lgs n. 159/2011 e consiste “nell'attestazione della sussistenza o meno di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all'articolo 67, nonché, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 91, comma 6, nell'attestazione della sussistenza o meno di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate indicati nel comma 4”.

Le cause di decadenza, come precisato dall'art 67 richiamato dall'art. 84, riguardano “licenze, autorizzazioni, concessioni, iscrizioni, attestazioni, abilitazioni ed erogazioni di cui al comma 1, nonché il divieto di concludere contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, di cottimo fiduciario e relativi subappalti e sub-contratti, compresi i cottimi di qualsiasi tipo, i noli a caldo e le forniture con posa in opera”.

Il pericolo dell’infiltrazione mafiosa deve ancorarsi a condotte sintomatiche e fondarsi su una serie di elementi fattuali, taluni dei quali tipizzati dal legislatore, mentre altri, “a condotta libera”, sono lasciati al prudente e motivato apprezzamento discrezionale dell’autorità amministrativa, che “può” desumere il tentativo di infiltrazione mafiosa, da provvedimenti di condanna non definitiva per reati strumentali all’attività delle organizzazioni criminali “unitamente a concreti elementi da cui risulti che l’attività di impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose o esserne in qualche modo condizionata”».

Seguici sui nostri canali