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Banda di ragazzini fa il saluto fascista al passaggio del Treno della Memoria

Sdegno in stazione a Chivasso per quel gesto che richiama i momenti più bui della nostra storia.

Banda di ragazzini fa il saluto fascista al passaggio del Treno della Memoria
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Le risate, il braccio teso, i telefoni che filmano quel loro gesto assurdo quanto ignobile al passaggio del «Treno della Memoria» sul quarto binario della Stazione di Chivasso.

Banda di ragazzini fa il saluto fascista

Lunedì 10 ottobre, poco dopo le 22, la folla inizia a farsi largo in piazza Garibaldi in attesa del convoglio speciale che vuole, si legge nel sito istituzionale del Ministero della Difesa, «Mantenere vivo il ricordo di tutti i Caduti che, con il loro sacrificio, hanno contribuito a costruire l’unità nazionale e il concetto di Patria».

Bersaglieri, Alpini, Marinai, ferrovieri del Genio, tutti sono pronti, con divise e vessilli, a onorare il viaggio che, nel 1921, trasportò la salma del «Milite Ignoto» da Aquileia a Roma, ove ora riposa all’Altare della Patria.

All’improvviso, tra la folla si fa largo un gruppo di ragazzini: urlano sguaiatamente, tra le mani bottiglie di birra e Red Bull, salgono i gradini del sesto binario (dove in un primo tempo si pensava sarebbe arrivato il treno proveniente da Aosta) non contenendo «rutti» ed espressioni impossibili da riferire in questa sede.
Con la stessa velocità passano poi al quarto binario, fermandosi all’uscita delle scale.

Continuano a ridere e a gridare, senza minimamente curarsi delle reazioni di chi li circonda e attende il treno con il contegno dovuto alla «sacralità» dell’evento.
Qualcuno gli chiede di smettere, ma è come parlare al vento.

All’arrivo del convoglio, alcuni di loro si schierano alzando il braccio destro, in un «saluto romano» che si pensava cancellato dalla storia e che con il «Milite Ignoto» (legato alla Prima Guerra Mondiale) non ha comunque alcun legame. Ma loro, banalmente, non lo sanno, e dopo i «rutti» di cui sopra scatenano i peggiori rigurgiti fascisti.
Non ci sono immagini di quella profanazione del ricordo, non ce ne è stato il tempo, ma l’eco di quelle braccia tese raggiunge ben presto i presenti.

Lo sdegno

Qualcuno invoca una punizione esemplare, altri si accontenterebbero di cacciarli dalla Stazione a calci nel sedere, e come spesso accade «annusata l’aria» la banda si dilegua nel nulla, scomparendo lungo il corridoio della stazione.
Un gesto forse piccolo, ma che dimostra come l’ignoranza del passato possa causare danni anche dopo un secolo dalla marcia su Roma, il cui centenario cade il prossimo 27 ottobre.

Un gesto, comunque, che non può essere sottovalutato in un periodo in cui i monumenti vengono imbrattati con le svastiche (come successo a Montanaro, a Brandizzo e a Candia) o «adesivi omofobici di tenore fascista» vengono diffusi all’Università di Torino.

Molto probabilmente i responsabili di quanto accaduto lunedì in stazione non saranno mai individuati, ma è importante che arrivi alle loro orecchie la condanna di un’intera comunità.

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