CRESCENTINO

Caso cittadinanze, il sindaco in Questura ad aprile per segnalare le tante stranezze

Un’operazione che aveva visto piombare in Comune gli agenti della Questura.

Caso cittadinanze, il sindaco in Questura ad aprile per segnalare le tante stranezze
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Sono trascorsi 49 giorni dallo scandalo cittadinanze a Crescentino. Un’operazione che aveva visto piombare in Comune gli agenti della Questura. E, a fronte di questa vicenda, il capogruppo di minoranza Fabrizio Greppi aveva presentato un’interrogazione per conoscere a fondo l’intervento svolto dal sindaco, visto che lui stesso aveva spiegato di aver fatto una segnalazione alla Questura.

Caso cittadinanze

E nel corso del Consiglio comunale di lunedì 30 novembre, nonostante l’assenza del firmatario dell’interrogazione, il primo cittadino Vittorio Ferrero (nella foto) ha relazionato: «Come già dichiarato pubblicamente, nell’aprile 2020, sono stato coinvolto nell’attività investigativa condotta dalla Procura della Repubblica al Tribunale di Vercelli».

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Il sindaco in Questura

«Nella tarda mattinata di domenica 5 aprile - Ferrero entra nello specifico dei fatti - era intento a suddividere i pacchi contenenti le mascherine destinate ai nuclei familiari residente in via Fermi. In quell’occasione notavo che ben sei nuclei familiari (per un totale di 12 persone), tutti con nomi e cognomi chiarimenti di origine sudamericana, e tutti residenti presso lo stesso indirizzo, corrispondente alla residenza del dipendente comunale Stefano Masino. Ho immediatamente notato l’anomalia, ma ho comunque richiesto ad un addetto di procedere alla consegna dei pacchi. Nel primo pomeriggio l’addetto mi riconsegnava i pacchi riferendomi di non aver rinvenuto nessuno dei soggetti stranieri all’indirizzo di residenza. Tali circostanze, hanno ovviamente suscitato in me più di un interrogativo, specie con riferimento al fatto che fossero stabilite ben 12 residenti in un’unica unità abitativa che certamente non disponeva di idonei spazi. A ciò si aggiunga che io ero a conoscenza del fatto che tale immobile fosse di proprietà del dipendente comuna le,ufficiale deputato al rilascio e alla verifica delle residenze attribuite. Ancora a fine giornata, all’esito della distribuzione delle mascherine, venivano riconsegnati in Comune ulteriori pacchi, sempre destinati a cittadini sud americani non reperiti presso l’abitazione sita all’interno del territorio comunale ove risultano residenti. Il giorno successivo, lunedì 6 aprile, il dipendente Masino si offre di provare a contattare lui direttamente gli stranieri e di occuparsi della consegna dichiarando di sapere come fare. Anche tale ultima circostanza mi destò perplessità e scelsi quindi di non affidarmi a lui per la consegna. Ritenni quindi necessario procedere ad ulteriori verifiche. Atteso che le residenze erano tutte riferite a cittadini stranieri, decisi di rivolgermi alla questura di Vercelli ove ha peraltro sede l’ufficio immigrazione al controllo degli accertamenti in tale ambito. Dopo aver preso contatti con la questura, fui invitato a presentarmi alla squadra mobile di Vercelli il 7 aprile. Venni sentito a sommarie informazioni ed esposi la vicenda. Al termine di tale colloquio venni informato che era in corso un’attività di controllo e verifica del lavoro svolto dall’ufficio anagrafe di Crescentino a seguito di una segnalazione dell’ufficio immigrazione, per un’anomala concentrazione di residenti brasiliani in territorio comunale: circa 150 a fronte dei circa 8000 residenti totali. Appresi che l’attività investigativa era finalizzata a verificare l’eventuale commissione di illeciti nel rilascio della cittadinanza a cittadini brasiliani. Mi fu altresì chiesto se avessi mai certificato o presieduto a dei riti per la concessione a qualche cittadino brasiliano. Risposi di no. Gli inquirenti mi dissero di non riferire a nessuno, nemmeno i miei colleghi di Giunta, la testimonianza di mantenere il più assoluto riserbo in merito all’attività investigativa in corso. Da quel momento, e fino a 14 ottobre, giorno degli arresti mi sono attenuto a tali prescrizioni. Chiaramente non è stato facile tacere ai miei colleghi di amministrazione che vi era la possibilità che nel nostro Comune si stessero compiendo attività illecite o comunque irregolari. Confido in ogni caso nel lavoro dell’autorità giudiziaria, soggetto che avrebbe potuto appurare correttamente i fatti. Per tali ragioni mi astenni dall’avviare indagini interne agli uffici comunali che non avrebbero avuto altra conseguenza se non quella di ostacolare l’operato degli inquirenti. In tutto questo periodo non sono mai stato a conoscenza della presenza di telecamere e microfoni posizionati dalla polizia di Stato presso l’ufficio anagrafe. Non saprei altresì dire con certezza quando questi siano stati posizionati. Sono certo che la polizia sia perfettamente in grado di svolgere l’attività investigativa».

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