Caso cittadinanze, la parola alla difesa
Chiedono un’assoluzione con formula ampia i legali dei quattro imputati a processo per l’inchiesta.

Chiedono un’assoluzione con formula ampia i legali dei quattro imputati a processo per l’inchiesta sulle cittadinanze iure sanguinis. «Non ci sono stati atti corruttivi, né falsi, né un'associazione per delinquere», dicono i legali nell’udienza del processo dedicata alle arringhe.
Sul banco degli imputati ci sono i dipendenti comunali crescentinesi Stefano Masino e Annalisa Aresi, e i due cittadini brasiliani Simone Terezinha Frassini e il figlio Raphael Bussolo.
Caso cittadinanze, la parola alla difesa
Nei loro confronti il pubblico ministero Carlo Introvigne aveva chiesto condanne per complessivi 19 anni di carcere: 5 anni e 9 mesi per Frassini, 5 anni e 4 mesi per Masino, 4 anni e 9 mesi per Aresi e 3 anni e 2 mesi per Bussolo per accuse che, a vario titolo, vanno dalla corruzione al falso alla violenza privata.
E' l'avvocato Gianmaria Mosca, che con la collega Erica Catellani difende Stefano Masino, ad aprire le arringhe: «Tutto l'impianto accusatorio di questo processo si basa su un gigantesco fraintendimento iniziale», dice. E il fraintendimento sarebbe relativo all'elemento psicologico, cioè alla volontà di vivere a Crescentino da parte dei brasiliani che chiedevano la cittadinanza. Un elemento che, secondo il legale, non sarebbe un requisito per ottenere la residenza. «Per poter chiedere la residenza in un certo Comune - ha detto - occorre essere fisicamente in un luogo; per ottenere la cittadinanza iure sanguinis occorre avere la residenza in un Comune italiano e un antenato che non abbia mai rinunciato alla cittadinanza. Ma una volta completato l'iter, ciascuno può andare dove meglio crede».
Un dato che, sia secondo Mosca che secondo i colleghi che difendono gli altri imputati, si ritrova nei regolamenti di decine e decine di Comuni italiani. Una lettura che, se venisse accolta dalla corte, farebbe cadere l’ipotesi accusatoria di corruzione che riguarda ben 80 capi di imputazione.
La difesa
Non solo: secondo i difensori la prova dell'estraneità degli imputati alle accuse di corruzione si troverebbe nelle registrazioni e nelle intercettazioni presentate dall'accusa come prova del versamento di mazzette. «Nelle intercettazioni che precedono i passaggi di denaro filmati dalle microspie – hanno detto i legali di Masino, Bussolo e Frassini - Frassini e Bussolo parlano esplicitamente di somme dovute a Masino per il pagamento delle bollette, del dentista e dell'affitto. Certo, Masino affittava due alloggi: ha sicuramente sbagliato, ma non è il tema del processo».
L'avvocato Catellani, invitando la corte a esaminare le trascrizioni dei circa sei mesi di intercettazioni, ha dato di Masino l’immagine di «Una persona normale, con aspirazioni semplici e piccoli progetti che pensava di poter realizzare attraverso le modeste entrate extra degli affitti. I passaggi di denaro filmati dalla Polizia non erano tangenti, ma il pagamento di affitti, bollette e spese mediche, come si evince dalle intercettazioni».
L'avvocato Gabriele Costanzo, difensore di Aresi ha invece sottolineato come: «La mia assistita svolgeva un lavoro burocratico: controllava che i documenti fossero in regola, che ci fosse la discendenza di sangue e rilasciava la residenza così come è previsto dalla legge. Che titolo avrebbe avuto per opporsi a una procedura prevista dalla legge?».
Rispetto alle contestazioni mosse a Frassini, che il pm Introvigne aveva definito: «il centro del sistema corruttivo», l'avvocato Maddalena Aldegheri ha sottolineato che la sua cliente, titolare dell’agenzia che svolgeva le pratiche per conto dei brasiliani, «aveva segnalato l'avvio della propria attività in Questura e aveva informato le istituzioni crescentinesi. Nessuno le ha mai fatto osservazioni sulla correttezza delle sue azioni: come poteva sospettare che avvicinarsi alla scrivania dell’impiegata fosse qualcosa di non opportuno se nessuno glielo ha mai fatto notare?».
Anche l’avvocato Aldegheri, è poi tornata sul tema della residenza concessa ai brasiliani: «Una volta diventati cittadini italiani potevano fare quello che volevano. Obbligarli a restare a Crescentino sarebbe stata una violazione della Costituzione e delle leggi europee».
Repliche e sentenza sono attesi ad aprile.