Cinghiali tagliano la strada ad un 13enne in bici, è in ospedale
Ennesima tragedia sfiorata.
Ennesimo danno da cinghiali. Ennesima tragedia sfiorata. Questa volta non nei martoriati campi di mais della pianura o delle basse valli, ma sulla strada Provinciale 98 che collega Andezeno a Sciolze e che passa per Marentino. Una splendida strada collinare di provincia, ideale da percorrere in bicicletta. A maggior ragione se hai 13 anni e stai iniziando a provare le emozioni dell’andare in bici.
Cinghiali tagliano la strada ad un 13enne in bici
Il 13enne quella strada la percorre da almeno 3 anni e la conosce quasi a memoria e venerdì mattina, alle 7,30, la stava percorrendo per andare a scuola. Come tutte le mattina quando la stagione lo permette e inizia a fare caldo e bello. Venerdì mattina, però, i suoi sogni e il suo futuro hanno rischiato di infrangersi per sempre. Non per un suo errore, non per un suo sbaglio, ma perché all’improvviso 2 cinghiali sono sbucati fuori dall’erba e dal bosco e gli hanno tagliato la strada. Il giovane aveva il casco, altrimenti ora staremmo a parlare di un’altra storia. Due cinghiali saltano fuori dall’erba alta, lui riesce a evitare il primo, ma impatta sul secondo, fa un volo di 4 metri e si schianta al suolo, sbatte la testa e ha escoriazioni in tutto il corpo. Fortunatamente poco dopo passa un agricoltore, che chiama l’ambulanza e riescono a contattare la famiglia.
Le parole del papà
«Ci siamo spaventati tantissimo – racconta il padre – e abbiamo davvero temuto per le sorti di nostro figlio. È stato in ospedale per oltre 6 ore, gli hanno dato 10 punti di sutura e una prognosi di 15 giorni. Ora siamo davvero stufi e la cosa non deve finire qua. Non è possibile che la Regione o la Provincia non possano intervenire. Poteva davvero scapparci la tragedia». Intanto, il servizio di consulenza legale di Coldiretti Torino si sta attivando.
«Dal punto di vista civile e dei danni da risarcire in questo caso è responsabile la Regione Piemonte e la Provincia di Torino – spiega l’avvocato Marcello Bossi, dello Studio legale Angeleri Bossi – dal punto di vista penale bisogna fare delle valutazioni con il nostro ufficio e il nostro penalista».
Le parole di Coldiretti
Fabrizio Galliati, presidente Coldiretti Torino è oltremodo amareggiato e dispiaciuto. «La vicenda di questo ragazzo, cui faccio i miei migliori auguri per una pronta ripresa, è emblematica del livello di pericolo rappresentato da questi animali. Non solo più incidenti stradali e danni ai campi agricoli, qui diventa rischioso persiano andare a scuola in bicicletta! Il problema è ormai trito e ritrito e la situazione ben chiara alle autorità, non fosse che sono anni che ogni settimana ci occupiamo del problema, segnalando alle autorità competenti soluzioni e situazioni critiche, passando da riunioni a comunicati e andando da fasi fiduciose alternate ad altre, di pieno sconforto. Questa vicenda porta alla luce un ennesimo tassello del complesso puzzle della problematica cinghiali perché nell'area in ci si è svolta la vicenda insiste una Zrc, cioè Zone di ripopolamento e cattura, aree precluse alla caccia che hanno lo scopo di favorire la produzione di fauna selvatica stanziale, favorire la sosta e la riproduzione dei migratori. Queste aree, previste per legge hanno a oggi perso totalmente il senso per cui sono state ideate. Pensate che nel documento che ha istituito quella in oggetto lo scopo era quello di favorire la riaffermazione della lepre e della starna, mentre oggi sono diventate aree sicure per la proliferazione del cinghiale che ha occupato e devastato tutto. Da tempo chiediamo alla Regione Piemonte di verificare quali di queste aree abbiano ancora senso di esistere e comunque di realizzare un meccanismo di turnover. In questi anni le aziende agricole si sono fatte carico di un fardello che non meritano, credo siano sufficienti siccità, tempeste e venti oltre alle speculazioni di mercato per mettere a rischio l'impresa agricola e la famiglia che la conduce, mentre i ridicoli risarcimenti tardivi che vengono riconosciuti a fronte dei danni reali non fanno parte del patto tra agricoltore e natura. Se però, come è successo in questo caso, si comincia anche a mettere a repentaglio la possibilità di vivere in queste zone perché ormai poco sicure la questione prende una piega ancora più preoccupante e il mondo agricolo, da buona sentinella, è da anni che grida inascoltato».