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Coronavirus, i sindacati: "LivaNova deve chiudere due settimane"

La richiesta non è stata accolta dall'azienda.

Coronavirus, i sindacati: "LivaNova deve chiudere due settimane"
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Tornano agli onori delle cronache le vicende di LivaNova, la multinazionale che ha assorbito l’ex Sorin di Saluggia. I sindacati la scorsa settimana hanno avanzato una richiesta che non è stata accolta: «Si mette a rischio la salute di troppe persone, non solo dei dipendenti. Si deve chiudere per 2 settimane per l'emergenza Coronavirus».

Coronavirus, LivaNova

Questa volta la diatriba tra azienda e sindacati riguarda la sicurezza dei dipendenti in questa pandemia. Infatti, di fronte all’emergenza sanitaria del Coronavirus Covid-19, le Rsu hanno fatto una richiesta chiara all’azienda.
«La Rappresentanza sindacale unitaria – spiega Gigi Guasco  sindacalista - dopo essersi confrontata con i dipendenti, ha inviato una lettera all’azienda nella quale solleva la preoccupazione in questa situazione non proprio rosea, visti anche i casi di positività presenti in paese. I rappresentanti sindacali hanno chiesto a LivaNova di chiudere due settimane ma l’azienda ha risposto ribadendo l’indispensabilità dell’attività produttiva e l’unicità della professionalità di quelle donne che, poche settimana fa, però non servivano a nulla e che dovevano essere licenziate per spostare la produzione delle valvole cardiache biologiche in Canada, a Vancouver. Nello scritto, infatti, l’azienda spiega che spera che non capiti nulla e che la responsabilità, qualora ci sia qualche contagio, sarà individuale delle persone che potrebbero causare il problema. Dunque, obbliga i dipendenti a lavorare ma se si ammalano non è un problema della società bensì del singolo soggetto positivo al Covid. Questo è però un ragionamento fuori di ogni logica perché voglio capire cosa succederà quando, mai dovesse capitare, che una degli 83 angeli del cuore dovesse ammalarsi? L’azienda perderebbe così la sua grande professionalità. Se questo discorso arrivasse dalla dirigenza DiaSorin vista la situazione potrei capirla, loro stanno lavorando proprio su questo campo. Ma LivaNova produce strumenti che oggi i medici e gli ospedali non utilizzano perché ogni operazione, a meno che sia d’urgenza, è stata cancellata. I medici, infatti, non stanno operando al cuore. Io credo che l’unica indispensabilità di questa azienda sia quella del business.
In questi giorni l’azienda ha fatto un’altra folle scelta: ha aumentato la presenza dei dipendenti, addirittura facendogli fare anche gli straordinari. Mi auguro che il Prefetto di Vercelli, che è a conoscenza la situazione, valuti in maniera attenta la scelta visto che ora è lui che ha i poteri di prevederne la chiusura. Anche perché non posso credere alle parole di Confindustria quando dice che se le aziende chiudono due settimane potrebbero non riapre. Se fosse realmente così sono aziende che erano già cotte, che avevano già seri problemi prima. Tutto questo certo non tocca i dirigenti che lavorano comodi dalle proprie case in smart working, loro non hanno problemi. Peccato che i tanti operai si, e che non siano solo loro a vivere questa situazione di forte pericolo ma anche tutti coloro che vivono con loro. Il contagio sarebbe immenso. Un paradosso ancora: in America, la terra dove loro volevano spostare la produzione, lo Stato chiude gli stabilimenti, qui loro decidono di andare avanti. Ricordiamo, inoltre, che un problema grosso di questo sito è cagionato dall’entrata e dall’uscita perché c’è un’unica strada, dunque impossibile creare delle diversificazioni di percorso».

Il tema dei licenziamenti

Ma Guasco tocca anche il tema licenziamenti: «Quando usciremo da questa situazione, LivaNova continuerà con la sua procedura di licenziamenti. Certo, oggi non può per via del blocco per due mesi delle procedure previsto dal Decreto Cura Italia ma quando tutto sarà terminato, i dipendenti avranno anche questo problema».
Intanto l’azienda invia una nota: «Possiamo considerare archiviato il potenziale rischio di contagio riconducibile ai 2 casi sospetti che vi erano stati segnalati. La persona in attesa di esito del tampone da Covid-19 è risultata negativa e la persona che ha dichiarato di aver avuto un “contatto stretto” risulta asintomatica ed in buone condizioni di salute. Entrambe le persone sono in convalescenza e non presenti sul posto di lavoro. L’impegno dell’azienda è quello di tenervi informati e di comunicare in maniera trasparente ed immediata: “quello che ci viene comunicato, quando ci viene comunicato”. In queste ore stiamo valutando gli ulteriori impatti del DPCM del 22 Marzo 2020, per garantirci il supporto da parte della filiera di fornitori di prodotti/servizi che devono sostenere le attività produttive ritenute “essenziali”».

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