Dal Canale Cavour spunta un arsenale della ’ndrangheta
Dopo 13 anni dal ritrovamento a Castelrosso, fucili e mitragliatori affiorano dal fango
Mitragliatori, fucili a canne mozze, pistole, munizioni. Un vero e proprio arsenale quello che, sabato 5 marzo, è emerso dal fondo melmoso del Canale Cavour, nel territorio di frazione Arborea di Verolengo.
Dal Canale Cavour spunta un arsenale della ’ndrangheta
E’ stato un passante a lanciare l’allarme al 112, ed immediato è stato il primo intervento dei Carabinieri di Verolengo a cui si sono aggiunti, in supporto, altri equipaggi della Compagnia di Chivasso al comando dei Capitani Urbano Marrese ed Enrico di Lascio.
Gli inquirenti, coordinati dalla Procura della Repubblica di Ivrea, mantengono il massimo riserbo sulla vicenda, anche se non sembrano esserci dubbi sull’origine di quelle armi: nessun residuato bellico abbandonato da un collezionista, ma «artiglieria» recente e in uso alla criminalità organizzata.
Qualcuno, forse fiutando l’aria e temendo di subire delle perquisizioni, ha pensato bene di disfarsi delle armi che custodiva («Per conto di chi?» la domanda che negli uffici giudiziari e nei corridoi delle caserme tutti si stanno facendo) lanciandole, magari senza nemmeno scendere dalla propria auto, nel Canale Cavour.
Gli uomini dell’Arma sono ora al lavoro per ricostruire la storia di quell’arsenale, che stando alle condizioni in cui è stato ritrovato non sembra aver passato molto tempo nelle gelide acque del canale che, da Chivasso, porta l’acqua nelle risaie di Vercellese e Novarese.
Il precedente
Un ritrovamento praticamente identico era avvenuto nel marzo del 2010 (periodo dell’anno in cui il Canale Cavour si trova in secca) nei pressi del cimitero di Castelrosso.
Tredici anni fa, i carabinieri coordinati dall’allora Capitano Dario Ferrara (ora Tenente Colonnello, comandante del Nucleo Investigativo di Roma) avevano rinvenuto dodici pistole, nove fucili e un migliaio di proiettili, alcuni del calibro utilizzato dai «cecchini».
Armi moderne, rubate nel Nord Italia e rimaste in acqua pochi mesi. Tra le pistole, ne spiccavano due: una dorata (forse quella del «capo), la seconda dotata di un sofisticato puntatore.
Il sospetto, nel 2010 come oggi, è che fucili e pistole formassero la potenza di fuoco di un gruppo legato alla criminalità organizzata, e che l'armiere abbia deciso di disfarsene sentendosi braccato.