CRONACA

Distrutto l’impero dei Vazzana: confiscati beni per 8 milioni

Il provvedimento è stato eseguito tra Chivasso e Volpiano dalla Direzione Investigativa Antimafia

Distrutto l’impero dei Vazzana: confiscati beni per 8 milioni
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Otto milioni di euro. A tanto ammonta il valore dei beni confiscati ai fratelli Giuseppe e Mario Vazzana, che il giudice del Tribunale di Ivrea Stefania Cugge (a latere Antonio Borretta e Lucrezia Natta) ha condannato rispettivamente a sei anni e otto mesi e sei anni e undici mesi di reclusione nella sentenza di primo grado legata al processo «Platinum».

Distrutto l’impero dei Vazzana

La Direzione Investigativa Antimafia, infatti, ha dato esecuzione tra Chivasso e Volpiano al decreto di confisca di beni, emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale del capoluogo piemontese, guidata dal giudice Giorgio Gianetti, su proposta avanzata dalla DIA e dalla locale Procura della Repubblica, nei confronti dei due imprenditori di 58 e 61 anni.

Confiscati beni per 8 milioni

La confisca è il risultato della complessa attività di analisi del materiale acquisito dal Centro Dia di Torino nel corso dell’operazione «Platinum», che ha consentito di documentare efficacemente e ricostruire l’imponente patrimonio accumulato dai due imprenditori (presunti) affiliati alla locale ’ndranghetista di Volpiano, riconducibile all’impiego di capitali provenienti dalle attività illecite della struttura criminale.
La misura, adottata nei confronti dei due fratelli, dei loro familiari stretti e di altri prestanome, ha interessato otto compendi aziendali (bar, ristoranti, hotel, una tabaccheria), quote societarie di un’impresa di ristorazione, 14 immobili, sei autovetture (tra cui una Volvo e una Bmw), una motocicletta e 19 rapporti finanziari, per un valore complessivo di circa 8 milioni di euro.
A Chivasso, dopo aver gestito il bar del Campus delle Associazioni, erano al bancone del bar «Nimbus» all’interno dell’area commerciale a nord della città, locale che dopo il sequestro e una lunga chiusura ha ora riaperto con un’altra gestione.
Giuseppe e Mario Vazzana sono stati poi colpiti dall’applicazione della misura personale della Sorveglianza Speciale di Pubblica Sicurezza, con obbligo di soggiorno nel comune di residenza e divieto di allontanarsi senza autorizzazione del giudice, per la durata di 5 anni.
I Vazzana, che sarebbero legati alla potente famiglia degli Agresta e il cui arresto aveva scatenato il dibattito politico chivassese a causa di alcune telefonate di Giuseppe con l’allora candidato sindaco Claudio Castello, dovevano rispondere del primo capo d’imputazione, ovvero di associazione di tipo mafioso (articolo 416 bis del Codice Penale), «Per aver fatto parte dell’associazione mafiosa denominata ‘ndrangheta, operante da anni sul territorio piemontese, avvalendosi della forza di intimidazione del vincolo associativo e delle conseguenti condizioni di assoggettamento e di omertà createsi nel territorio, ed avente propri referenti di collegamento con le strutture organizzate insediate in Calabria, costituita da diverse articolazioni territoriali denominate locali e ‘ndrine, e in particolare della Locale di Volpiano».
Nello specifico, «I due fratelli risulterebbero affiliati prima del 27 febbraio 1991, in qualità di partecipi, creando e gestendo attività d’impresa anche mediante l’impiego dei proventi di illecite attività del locale, ponendo costantemente a disposizione degli altri affiliati, anche di altre articolazioni territoriali della ‘ndrangheta, le strutture ricettive gestite al fine di garantire ospitalità riservata e non registrata nei registri di pubblica sicurezza, concedendo in uso gratuito immobili ad uso residenziale ad altri appartenenti al locale, assumendo alle formali dipendenze delle imprese da loro gestite appartenenti al locale o ad altre articolazioni territoriali della ‘ndrangheta, anche al fine di consentire la fruizione di misure alternative alla detenzione, con il compito di assicurare le comunicazioni tra gli associati, partecipare le riunioni ed eseguire le direttive dei vertici della società e dell’associazione, riconoscendo e rispettando le gerarchie e le regole interne al sodalizio».

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