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Esame medico urgente: più di un mese per ottenerlo

L’appuntamento solo dopo la minaccia di rivolgersi ai giornali.

Esame medico urgente: più di un mese per ottenerlo
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Più di un mese per prenotare una colonscopia da effettuare entro dieci giorni. L’appuntamento solo dopo la minaccia di rivolgersi ai giornali.

Un mese per prenotare un esame medico

Trentasei giorni (festività incluse) per ottenere una colonscopia che avrebbe dovuto essere effettuata entro un massimo di dieci.
«E solo dopo la minaccia di raccontare tutto ai giornali».
Questa l’incredibile storia raccontata da Tina, chivassese che si è fatta portavoce del marito Giovanni, colpito da gravi problemi di salute.
«Tutto è iniziato lo scorso mese di ottobre - spiega Tina - quando mio marito è stato colpito da un infarto. Lì è iniziato il nostro calvario. E’ stato in rianimazione, e a gennaio è stato operato (a Torino) per un aneurisma al cuore, sanguinante. Una volta arrivati a casa abbiamo iniziato a fare i conti con il diabete, ora siamo a quattro insuline al giorno, e dopo poco, andando in bagno, ha trovato delle tracce di sangue. Abbiamo pensato a delle emorroidi, ma parlandone con il nostro medico di base ci ha subito indirizzati ad una serie di esami clinici precisi, tra cui appunto la colonscopia. Prima, però, siamo passati dal Pronto Soccorso, da cui siamo stati dimessi con uno sciroppo.
Dopo due o tre giorni di continui sanguinamenti siamo tornati dal nostro medico che ci ha compilato la prima impegnativa con priorità B, ovvero “da eseguire entro 10 giorni”.

La ricetta aveva una priorità

Ogni richiesta ha validità tre giorni, e per farvi capire quanto abbiamo penato il medico ce ne ha firmate sei: addirittura in una aveva messo la priorità “U”, ovvero esami “da eseguire nel più breve tempo possibile e, comunque, entro 72 ore”, ma la risposta è stata che non si trattava di un esame così urgente.
Da lunedì 3 agosto ho fatto un’infinità di telefonate al Cup (per il Coronavirus non è possibile prenotare di persona in via Po), ma gli operatori non sono mai riusciti a trovarci una data entro i dieci giorni dalla richiesta. Rispondevano “Ci spiace, non c’è posto” aggiungendo “Non lo so” alla mia richiesta di come poter ottenere l’appuntamento. Ripeto: anche se alcune le ho perse, ho avuto tra le mani sei impegnative con sei date diverse.
Ad un certo punto, esausta, il 14 agosto chiamo direttamente l’ambulatorio dell’ospedale, ma mi trattano come una poveretta non in grado di capire le cose: ripetevano “Deve chiedere l’impegnativa non con la U di Udine, ma con la B di Bologna”, senza voler capire che il problema fosse l’impossibilità di ottenere un appuntamento nei tempi.

La moglie vuole andare a fondo

Ho alzato la voce: “Se a mio marito dovesse accadere qualcosa, giuro che la vengo a prendere”. Mentre aspettavo fuori dalla caserma dei Carabinieri, mi richiamano dall’ambulatorio dicendo di correre al Pronto Soccorso, perché interessandosi poi direttamente ci avrebbero fatto l’esame dopo aver chiesto (noi) l’emocromo.
Torno a casa, chiamo il 118, andiamo in ospedale ma a parte l’esame del sangue null’altro. Dopo Ferragosto la solita trafila: unica possibilità di uscirne, rivolgersi a una struttura privata con una spesa di 300 euro.
Lunedì 31 agosto ho telefonato all’Asl, e all’ennesimo “Non possiamo farci nulla” ho risposto dicendo che avrei parlato con i giornali.
Poco dopo mi chiama il nostro medico, a sua volta contattato dall’Asl: appuntamento il 7 settembre, a Ciriè. Traete voi le conclusioni».

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