FOGLIZZO

Ezio e la battaglia contro il Covid: "85 giorni tra la vita e la morte"

E quest’uomo ricorda tutto di quei giorni. La corsa in ambulanza, la terapia intensiva poi la guarigione ed infine il recupero.

Ezio e la battaglia contro il Covid: "85 giorni tra la vita e la morte"
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Miracolato. Fra la vita e la morte a causa del Covid-19, Ezio Mollo, 69 anni, consulente del lavoro, è guarito. E quest’uomo ricorda tutto di quei giorni. La corsa in ospedale in ambulanza, la terapia intensiva poi la guarigione ed infine il recupero.

Ezio e la battaglia contro il Covid

Miracolato. Fra la vita e la morte a causa del Covid-19, Ezio Mollo, 69 anni, consulente del lavoro, è guarito. E quest’uomo ricorda tutto di quei giorni. La corsa in ospedale in ambulanza, la terapia intensiva poi la guarigione ed infine il recupero.
Un calvario durato 85 giorni. Sino al ritorno a casa, il 4 febbraio scorso.

L'intervista

Cosa si ricorda di quei giorni?

«Avevo iniziato ad avvertire dei dolori alle ossa, il 7 novembre scorso, così sono andato fare il tampone, l’esito è stato positivo. Quindi, mi sono messo in quarantena ma non mi sono preoccupato, non avevo mai avuto patologie e mi sentivo abbastanza bene. Poi, l’improvviso peggioramento. E’ stato nella notte fra il 12 e 13 novembre. Mi mancava l’aria. Non riuscivo più a respirare. Allora, mia moglie ha chiamato il 118 che mi ha portato d’urgenza all’ospedale di Chivasso».

I medici ospedalieri capiscono subito come la situazione sia grave.

«Le mie condizioni peggioravano - prosegue Ezio - ero agitato, mi hanno messo il casco C-pap per aiutarmi a respirare. Ricordo ancora quell’infermiera, Valentina, che prese le mie mani fra le sue dicendomi parole di conforto sino a quando mi addormentai».

Purtroppo, la situazione precipita in pochi giorni. Il 23 novembre i medici devono intubare l’uomo e porlo in coma farmacologico.

«Dopo due settimane mi sono svegliato - ricorda - non sapevo più chi fossi. Mi sono guardato attorno, vedevo tutti vestiti con tute bianche, soltanto gli occhi però, tutti coperti, tutti uguali. Qualcuno aveva un cartellino: Rita, Giovanna o Maria. Però, il calore umano c’era, certo che c’era. E quando mi hanno fatto fare la prima videochiamata a casa, piangevo di gioia».

Poi, la guarigione ed infine la riabilitazione al Trompone di Moncrivello.

«Grazie - conclude Ezio - è questo che voglio dire a tutti i sanitari che mi hanno salvato. Il medico di base Antonino Careri, il primario di rianimazione Enzo Castenetto, infermieri e operatori socio sanitari, Valentina e Alessandra. Sono stati loro i miei angeli. E’ stata una guerra ma l’ho vinta per metà grazie a loro, per l’altra metà grazie a qualcuno da lassù, in cielo».
Con la voce rotta dall’emozione, gli occhi pieni di lacrime, Loredana Magro, moglie di Ezio e consulente del lavoro a Foglizzo, ricorda quei terribili giorni: «Uno dei momenti più brutti è stato quando hanno intubato mio marito, la situazione era gravissima. Il medico mi ha chiamata con una videochiamata per farmelo salutare dicendomi che non sapeva cosa sarebbe potuto succedere dopo. Compresi che poteva essere l’ultima volta che lo vedevo».

Le parole della moglie

Loredana si ferma qualche istante poi riprende:

«Sono seguiti giorni di angoscia - prosegue - tutti i giorni i medici mi chiamavano per riferirmi le sue condizioni, sempre gravi: un bollettino di guerra. Non c’erano speranze. I suoi polmoni erano gravemente compromessi. E poi ogni sera mi chiamava il dottor Careri per l’aggiornamento quotidiano. Ero sola a casa, positiva al Covid. Questi sono stati i miei angeli. E poi tutte le altre persone che mi sono state vicine, dandomi la forza di andare avanti».

Poi, i primi segnali di ripresa che alimentano la speranza.

«Quando sembrava che Ezio avesse sconfitto il Covid, è subentrata un’altra infezione dovuta all’Acinetobacter - riferisce - Si tratta di un batterio letale, resistente ad ogni antibiotico. Sono stati altri giorni drammatici sino a quando è riuscito a sconfiggerlo. Poi, la riabilitazione al Trompone per riprendere a fare le cose di prima e quando mi hanno detto che finalmente potevo vederlo non l’ho più riconosciuto».

Un lungo calvario che ha lasciato un segno.

«La nostra vita è cambiata - conclude Loredana - adesso, apprezziamo tutte le cose della vita, anche le più piccole. Anche solo un piccolo caffè. E’ una delle prime cose che mio marito mi ha chiesto quando è tornato a casa. E’ il segnale di voler ritornare alla vita. A quella vita che quando ti senti sfuggire di mano apprezzi più di prima. E riprendi poi in mano grazie al sostegno di tutti, dei medici, degli amici e della fede. Tanta fede».

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