Fratelli Vazzana, bocciato il ricorso in Cassazione
«Gravitano storicamente nell’ambito malavitoso»

«In buona sostanza, le sentenze di merito descrivono un contesto familiare in cui i fratelli Vazzana e il padre gravitano storicamente nell’ambito malavitoso, il che rende obiettivamente non distinguibile gli apporti da ciascuno prestato, se non in presenza di singoli e specifici reati scopo».
Fratelli Vazzana, bocciato il ricorso in Cassazione
Pubblicata mercoledì 21 maggio la sentenza con cui la Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione, presidente Ercole Aprile e relatore Paolo Di Geronimo, ha rigettato il ricorso contro la sentenza della Corte d’Appello di Torino presentato, tra gli altri, da Giuseppe e Mario Vazzana, 59 e 62 anni, coinvolti nell’operazione «Platinum» del maggio 2021. Molto conosciuti in città, a livello di famiglia gestivano bar e tabaccheria nell’area del centro commerciale «Bennet».
Difesi dagli avvocati Giuseppe Spinelli e Salvatore Cerra (Mario) e Cosimo Palumbo (Giuseppe), i fratelli Vazzana hanno presentato una serie di motivazioni, tutte cassate dalla Suprema Corte.
Ricorso di Giuseppe Vazzana
«Il ricorrente - si legge - ha dedotto il vizio di motivazione rappresentando una pluralità di aspetti di dubbia valenza probatoria ai fini della dimostrazione della sua appartenenza alla locale di Volpiano, nonché la carenza di effettivi riscontri alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia. Si tratta di doglianze che, in concreto, si risolvono in una riproposizione di questioni di puro merito, senza che dalla sentenza impugnata emergano effettivi profili di manifesta illogicità o contraddittorietà. Deve, altresì, evidenziarsi l’infondatezza del vizio di motivazione desunto dal fatto che la posizione di Giuseppe Vazzana sarebbe stata esaminata congiuntamente a quella del fratello Mario, senza operare un’effettiva distinzione di ruoli. La censura non tiene conto del fatto che i due fratelli Vazzana avevano una posizione per molti versi sovrapponibile, essendo indicati entrambi quali appartenenti al sodalizio e coinvolti nella gestione di attività imprenditoriali, finalizzate al reimpiego di proventi illeciti, riconducibili ad attività familiari, in gran parte avviate dal padre dei predetti. In buona sostanza, le sentenze di merito descrivono un contesto familiare in cui i fratelli Vazzana e il padre gravitano storicamente nell’ambito malavitoso, il che rende obiettivamente non distinguibile gli apporti da ciascuno prestato, se non in presenza di singoli e specifici reati scopo.
Ulteriore aspetto di doglianza è quello relativo alla presunta mancata individuazione dell’apporto causale fornito da Giuseppe Vazzana al sodalizio, essendosi dato rilievo alla mera nozione di “appartenenza”, senza specificare le effettive condotte partecipative. Anche su tale aspetto, tuttavia, il ricorso si limita a prospettare censure alla motivazione che non tengono adeguatamente conto della ricostruzione operate nelle conformi sentenze di merito, nelle quali si descrive il ruolo dell’imputato, indicato quale soggetto che si occupava del reimpiego di proventi illeciti, investiti principalmente nell’attività alberghiera e di ristorazione.
Ricorso di Mario Vazzana
«Il ricorso proposto da Mario Vazzana - proseguono i giudici - pone essenzialmente questioni di fatto, sollecitando la rivalutazione di elementi asseritamente non valutati correttamente da parte dei giudici di merito. Al netto delle plurime e inammissibili deduzioni fattuali, l’aspetto maggiormente rilevante riguarda la discrepanza temporale tra l’asserita appartenenza al sodalizio, risalente alla fine degli anni ’80, e la costituzione della locale di Volpiano, temporalmente collocata a partire dal 1994. La difesa ha sostenuto che non si potrebbe ritenere l’attendibilità della ricostruzione secondo cui Vazzana era partecipe di un’associazione ancor prima che la stessa fosse stata costituita. La tesi, per quanto suggestiva, non è condivisibile.
Le sentenze di merito hanno fornito un quadro complessivo della partecipazione dei componenti della famiglia Vazzana all’associazione di tipo ‘ndranghetistico, descrivendo uno stabile e consolidato inserimento nel contesto criminale di riferimento che, evidentemente, presupponeva l’adesione al sodalizio a prescindere dalle diverse articolazioni temporali da questo assunte nel corso del tempo.
La ricostruzione operata sulla base delle dichiarazioni del collaboratore tiene conto dell’intera vicenda della famiglia Vazzana e tale elemento è stato correttamente valorizzato al fine di valorizzare la stabilità nel tempo dell’intraneità in contesti malavitosi. A fronte di una storica appartenenza all’associazione di stampo mafioso, non vi è alcuna incompatibilità con la circostanza (peraltro evocata, ma non oggetto di specifico accertamento in questo procedimento) secondo cui locale di Volpiano avrebbe iniziato ad operare dal 1994.
Nel caso di specie, infatti, non viene descritta una iniziale appartenenza ad una associazione di tipo diverso, bensì si è ritenuto che la famiglia Vazzana (il padre prima e poi entrambi i figli) siano sempre stati affiliati alla ‘ndrangheta, il che ha comportato la loro partecipazione anche alla locale di Volpiano, dal momento della sua emersione».