Questa è l’ennesima storia di carte bollate, ricorsi e controricorsi che porteranno ad una conclusione, forse, solo tra anni. Il punto di partenza è l’interdittiva antimafia che lo scorso luglio ha colpito la CSG Costruzioni di Castelrosso, in liquidazione giudiziale (procedura aperta il 30 luglio presso il Tribunale di Ivrea e depositata il 6 agosto), una realtà di grande rilievo che negli anni (oltre ad interventi privati come duecento alloggi a San Donato Milanese o ville di pregio a Torrazza Piemonte) ha firmato lavori importanti come la rifunzionalizzazione dello storico complesso carcerario «Le Nuove» di Torino e il restauro conservativo del Museo Egizio, sempre nel capoluogo piemontese, senza dimenticare il rifacimento della Sala Consiliare e della Sala Morando del Consiglio Regionale del Piemonte e la Sala Vip dell’aeroporto di Caselle.
Interdittiva antimafia alla CSG Costruzioni di Castelrosso
Non si conoscono i dettagli del provvedimento, per cui l’azienda avrebbe già ottenuto la sospensiva concessa a chi chiede di essere soggetto a controllo giudiziario. La sua durata è stata recentemente estesa, dalla Corte Costituzionale, fino al riesame del Prefetto, in caso di esito positivo del controllo, per evitare danni irreparabili all’impresa e favorire il suo reinserimento nel circuito legale.
A Chivasso, il cantiere della mensa della scuola “Dasso”
A Chivasso, fino a pochi mesi fa la CSG era impegnata nella realizzazione della nuova mensa della scuola «Dasso» di via Blatta (appalto ceduto ad un’altra azienda ad inizio anno), mentre sempre in Piemonte nel 2024 aveva vinto l’appalto dell’Unione montana Valli Borbera e Spinti per lavori di ampliamento della Pinacoteca del convento di Voltaggio, nell’Alessandrino, che ospita oltre duecento dipinti sacri.
Poi, lo scorso 2 luglio, la notifica dell’interdittiva a tutti gli enti che avevano rapporti di collaborazione con la CSG.
Cos’è l’Interdittiva
«L’interdittiva antimafia – spiega il Ministero dell’Interno – svolge una funzione di “frontiera avanzata” nel continuo confronto tra Stato e anti-Stato e si sostanzia in un provvedimento amministrativo di natura preventiva del Prefetto, che ha la finalità di tutelare l’ordine pubblico, la libera concorrenza tra le imprese e il buon andamento della Pubblica Amministrazione.
Esso non si fonda su dati certi, ma su una valutazione probabilistica in base a indizi gravi, precisi e concordanti e non ha natura afflittiva, ma tende a impedire che la criminalità organizzata penetri e si infiltri all’interno dell’economia legale.
La discrezionalità amministrativa conferita dalle norme del Codice Antimafia ha indotto la giurisprudenza ad elaborare criteri per stabilire la legittimità delle valutazioni compiute dagli organi di governo in sede di interdittiva: così come sostenuto dal Consiglio di Stato, infatti, la valutazione compiuta dal Prefetto è “sindacabile in sede giurisdizionale in caso di manifesta illogicità, irragionevolezza e travisamento dei fatti”, mentre al giudice amministrativo è precluso l’accertamento dei fatti posti a fondamento dell’atto. La costante giurisprudenza del Consiglio di Stato ha chiarito che il pericolo di infiltrazione mafiosa deve essere valutato secondo un ragionamento induttivo, di tipo probabilistico, che non richiede di attingere un livello di certezza oltre ogni ragionevole dubbio, tipica dell’accertamento finalizzato ad affermare la responsabilità penale, e quindi fondato su prove, ma implica una prognosi assistita da un attendibile grado di verosimiglianza, sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, sì da far ritenere “più probabile che non”, appunto, il pericolo di infiltrazione mafiosa.
Quanto alla concezione probabilistica, il Consiglio di Stato ha stabilito che in caso di adozione di misura interdittiva “l’interprete è sempre vincolato a sviluppare un’argomentazione rigorosa sul piano metodologico, ancorché sia sufficiente accertare che l’ipotesi intorno a quel fatto sia più probabile di tutte le altre messe insieme, ossia rappresenti il 50% + 1 di possibilità, ovvero, con formulazione più appropriata, la cosiddetta probabilità cruciale”.
Il pericolo dell’infiltrazione mafiosa deve ancorarsi a condotte sintomatiche e fondarsi su una serie di elementi fattuali, taluni dei quali tipizzati dal legislatore, mentre altri, “a condotta libera”, sono lasciati al prudente e motivato apprezzamento discrezionale dell’autorità amministrativa, che “può” desumere il tentativo di infiltrazione mafiosa, da provvedimenti di condanna non definitiva per reati strumentali all’attività delle organizzazioni criminali “unitamente a concreti elementi da cui risulti che l’attività di impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose o esserne in qualche modo condizionata”».