La DAD vista da Adriano Allora: «Cosa si può fare per ridurre i danni»
Didattica A Distanza, famiglie, studenti.
Un mondo che dovrebbe viaggiare in parallelo ma che spesso, deve fare i conti con le difficoltà più diverse.
Il punto sulla Dad
Abbiamo chiesto un commento ad Adriano Allora: cofondatore di «MaieuticalLabs», dopo un dottorato in Ingegneria linguistica ha insegnato per alcuni anni Grammatica italiana, Linguistica generale e Informatica applicata alla Comunicazione presso l’Università di Torino e la «Guglielmo Marconi» di Roma.
«Finora la Didattica A Distanza (DAD) è stata affrontata come un ripiego: si è sperato che passasse in fretta e che fosse sufficiente tener duro; i più hanno pensato che potesse essere aggirata riproducendo on line le lezioni in classe e quasi tutti hanno immaginato che personale docente formato per insegnare in una certa situazione potesse farlo senza differenze in una situazione completamente diversa. In fondo, chi insegna conosce e sperimenta metodologie didattiche ogni giorno.
Ma la DAD non è una metodologia didattica. È una situazione. Una situazione in cui insegnare e imparare è più faticoso, perché richiede di ripensare una tradizione millenaria: prima dell’invenzione del telefono (1865), parlare per insegnare qualcosa a qualcuno significava condividere uno spazio.
La DAD parte quindi svantaggiata rispetto alla lezione in classe, ma c’è qualcosa che si può fare per ridurre i danni, iniziando col garantire al o alla studente alcune cose».
Uno spazio esclusivo
«Uno spazio esclusivo, magari una stanza con la porta: il rumore e le distrazioni che ci sono in classe sono parte dell’esperienza educativa. Quelli a casa, no.
Un dispositivo adeguato: un/a buon/a insegnante non fa videolezioni in cui mostra la propria faccia e basta ma condivide dei materiali, quindi uno schermo ampio permette ad esempio di leggere affaticandosi meno: un computer - purché corredato con telecamera, microfono e casse - è meglio di un tablet che è meglio di un cellulare. Una buona connessione, perché nelle lezioni in presenza non c’è mai nessuno che rimane scollegato.
Le scuole sono obbligate a fornire alle famiglie che non possono procurarseli schede telefoniche prepagate e dispositivi in comodato d’uso. Se una famiglia ha problemi in questo senso, prendere contatti con la scuola anche solo per avere un tablet significa aprire una finestra di dialogo che potrebbe rivelarsi essenziale per affrontare altri problemi, come la frequenza e l’attenzione.
Non solo: la Legge italiana riconosce dei Bisogni Educativi Speciali dipendenti da uno “svantaggio socioeconomico, linguistico o culturale”, quindi se non potete offrire a chi studia un’esperienza ottimale di apprendimento a casa, chiedete di accedere alle opportunità riservate a studenti con Bisogni Educativi Speciali (come la frequenza, pure con orario ridotto, a scuola).
Molte famiglie non approfittano di questo aiuto perché non vogliono che i loro figli e le loro figlie rimangano isolati a scuola, ma è possibile chiedere, per tutelare l’aspetto relazionale della crescita dell’individuo, che una percentuale della classe venga fatta turnare in presenza, a vantaggio di tutti.
Per chi rimane a casa, soprattutto per studenti fino alle medie, è importante che una persona adulta possa essere presente almeno all’inizio della prima lezione, per garantire che il primo aggancio col resto della classe avvenga senza problemi e che tutti i libri e i quaderni siano a portata di mano.
Infine, ricordarsi che la scuola non è un’isola, e funziona tanto meglio quanto più interagisce con la società che le sta intorno».