«La ’ndrangheta c’è ancora e si è evoluta»
L’allarme della Procuratrice Capo di Ivrea, Viglione lanciato durante un incontro organizzato da Libera
«La ‘ndrangheta c’è ancora e si è evoluta». Nonostante le operazioni antimafia «Cartagine» (condotta a metà Anni ‘90), «Minotauro» (nel 2011, portando allo scioglimento di due Consigli comunali in Canavese, quello di Leini e quello di Rivarolo), e «Platinum» (2021), la criminalità organizzata è «sopravvissuta».
«La ’ndrangheta c’è ancora e si è evoluta»
«Sono almeno cinque le “locali” (ossia le ‘ndrine) sul territorio con a capo famiglie calabresi» le parole della Procuratrice Capo di Ivrea, Gabriella Viglione durante l’incontro pubblico organizzato nella serata di giovedì scorso, 16 novembre, allo Zac! da Libera di Ivrea.
«Ci sono tutt’ora dei processi in corso e richieste di rinvio a giudizio - ha proseguito citando l’ultima relazione antimafia della Dia - La criminalità organizzata è una struttura che impregna questo territorio».
Se da quella parte si sente «una forte presenza», dall’altra molto poco, «per non dire niente viene segnalato». Sono le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e le intercettazioni telefoniche («se e quando ancora possibili»), i principali strumenti degli investigatori per «raccordare i fatti - ha rimarcato Viglione - ravvisando il vincolo mafioso».
Gli indicatori sono: traffico di droga, gli incendi
E poi come «indicatori» ci sono anche quei reati commessi e legati alle principali attività della criminalità organizzata, quali il traffico di droga, gli incendi - quest’ultimi, come evidenziato dalla procuratrice capo di Ivrea, in «un numero esorbitante sul territorio» - e le estorsioni. Ma, oggi, la ‘ndrangheta si insidia soprattutto nel tessuto produttivo, mettendo peraltro in crisi le attività regolari. «In più si muovono nel mondo economico ed imprenditoriale - ha proseguito la procuratrice capo nel corso del suo intervento - riciclando il denaro dei traffici illeciti».
E’ più facile (anche a fronte della crisi economica) ed è anche più «proponibile» celarsi dietro ad un’azienda che produce. «Nella relazione della Dia si evidenzia, ad esempio, come la mole di fondi del Pnrr sia territorio di conquista molto appetibile per queste realtà mafiose - ha rimarcato Gabriella Viglione rispondendo alle domande del pubblico sulle aree di interesse della criminalità organizzata - utilizzando delle imprese che apparentemente sono legali e talvolta si muovono anche in modo regolare, poi c’è il mondo degli appalti e poi c’è quello del concorso esterno».
E in questo ambito diventa sempre più complicato arginare le infiltrazioni: «Chi svolge un’attività imprenditoriale apparentemente è un’attività lecita - ha ribadito la procuratrice capo - Quindi, le possibilità di cogliere lì dentro il reato mafioso è sempre più difficile. Le zone grigie sono anche questo: una realtà sociale ed economica che si avvale di strumenti in teoria leciti per fini illeciti ne favorisce ovviamente il melange».