La Procura vuole sequestrare la discarica di Chivasso: la Corte di Cassazione dice "no"
Per i magistrati eporediesi è stato cagionato un «disastro ambientale», ma il ricorso è inammissibile
«Il ricorso, presentato dal Procuratore della Repubblica di Ivrea avverso ordinanza del Tribunale del riesame di Torino, è pertanto inammissibile per difetto di legittimazione del Pubblico Ministero che l'ha proposto».
La Procura vuole sequestrare la discarica di Chivasso: la Corte di Cassazione dice "no"
Bastano queste poche parole, in calce alla sentenza pronunciata lo scorso 17 maggio dalla Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione (presidente Luca Ramacci e relatore Alberto Galanti), per svelare un «segreto» di cui nessuno era a conoscenza, né gli organi d’informazione (sempre più costretti alle veline a causa di norme che in teoria sono a tutela dei «cittadini», in pratica sono una versione moderna della censura) né tanto meno i residenti o i comitati ambientalisti che da sempre si occupano della discarica di frazione Pogliani di Chivasso.
E così, da quella scarna sentenza (finalmente pubblica) si viene a sapere che da più di un anno la Procura della Repubblica di Ivrea, guidata da Gabriella Viglione, chiede il sequestro preventivo dell’impianto di Regione Pozzo (discariche Chivasso 1, Chivasso 2 e Chivasso 3, di proprietà della SGRA srl) ricevendo in cambio una serie di «no».
La vicenda
Nel primo provvedimento, il Pubblico Ministero titolare aveva contestato a sei indagati il «Reiterato e mancato raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle fonti di contaminazione, progetto determinazioni dirigenziali del servizio tecnico del Comune di Chivasso; per avere gli imputati, con il reiterato e mancato raggiungimento degli obiettivi di cui sopra, cagionato la compromissione o comunque il deterioramento significativo e misurabile della falda acquifera sottostante la zona delle discariche; per avere gli imputati Cagionato un disastro ambientale, in relazione alla offesa alla pubblica incolumità a causa del tipo di compromissione determinata, intrinsecamente pericolosa, dei suoi effetti lesivi e in funzione del potenziale numero di persone offese o comunque esposte al pericolo, ragiona del grave problema di migrazione del biogas all'interno della sottosuolo della discarica, la cui estrazione non è resa possibile, con il conseguente rischio di esplosioni, peraltro già verificatesi negli anni precedenti».
Il Pubblico Ministero il 26 luglio del 2022 aveva già ricevuto un no al sequestro da parte del GIP di Ivrea, ottenendo una seconda bocciatura, lo scorso 5 dicembre, da parte del Tribunale del Riesame di Torino che ha riunito ben sei procedimenti penali.
Il ricorso
Nel ricorso alla Corte di Cassazione, la Procura di Ivrea «Contesta l'affermazione del Tribunale di Riesame, il quale, pur evidenziando come emerga pacificamente dagli atti che l'asporto del percolato da parte di SMC prima e di SGRA dopo è stato effettuato in maniera insufficiente ed inadeguata rispetto al cronoprogramma originale, i provvedimenti che disciplinavano il provvedimento di bonifica sarebbero difficilmente intelligibili in riferimento agli obblighi di gestione del percolato, e soprattutto che non appare provato tale inadeguata gestione del percolato abbia determinato l'integrazione dei reati contestati, vale a dire l'inquinamento ambientale e l'omessa bonifica. (...) Censura la decisione del tribunale del riesame laddove che non siano sufficienti, in assenza di altri elementi, gli sforamenti per nichel, manganese e ammoniaca riscontrati per anni a partire dal 2006 nella falda sottostante le discariche, né che il sito fosse stato già dichiarato sito inquinato».
Accuse gravissime, che si sono però scontrate contro la burocrazia che ha dichiarato inammissibile il ricorso in quanto non avrebbe dovuto presentarlo il PM di Ivrea.
E i cittadini? Loro possono aspettare. E se non sanno, è meglio per tutti...