Una drammatica conclusione 

L’appello del papà Franco Dal Bello: «Fate il testamento biologico. Per Michela la morte è durata più di 8 anni»

Era il 18 gennaio di un anno fa quando finalmente la giovane ha esalato l’ultimo respiro dopo un’assurda agonia

L’appello del papà Franco Dal Bello: «Fate il testamento biologico. Per Michela la morte è durata più di 8 anni»
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E’ passato un anno da quando le sofferenze di Michela Dal Bello sono terminate.
Era infatti il 18 gennaio del 2022 quando «Miki» ha aperto le sue ali ed è volata via. Aveva 36 anni.
Una ragazza «piena di vita» ed entusiasmo che un destino crudele l’ha condannata a 8 anni di «non vita».
Suo papà Franco in questo lungo periodo di coma ha tenuto sulla sua pagina Facebook una sorta di diario, per raccontare la sofferenza, la rabbia di vedere un corpo deteriorarsi giorno dopo giorno tenuto in vita da un’assurda burocrazia.
Da qui il suo appello a fare il testamento biologico affinché nessuna debba patire quello che ha passato la sua splendida Miki.

L’appello del papà Franco Dal Bello

Ha scritto l’ultima pagina di questo diario proprio in questi giorni: «Perché è giusto che dopo 8 anni di ribalta sulla scena (della quale ne sono artefice io) abbia il giusto oblio».
Nel racconto-ricordo scrive che Michela stava morendo dal 17 ottobre 2013, quando a Genova per un’operazione dovuta a complicanze di un incidente stradale con gli amici nel 2003, si è rotta la carotide: «Ed il suo io si è perso nel sangue sulle lenzuola e a terra».
Prosegue: «Vi avverto, da ora in poi sarò crudo… Sarò crudo perché la situazione lo è, questa è l'ultima occasione che ho per “utilizzare” Michela per farvi capire che dovete andare nel vostro Comune a sottoscrivere il vostro testamento biologico. E’ importante ed irrinunciabile e non rimandabile, non finite come Michela. Per voi, ma anche per chi vi vuole bene come noi lo vogliamo a Michela».
Qui le parole piovono addosso come macigni: «Operazione, pare tutto ok , ma il 17 ottobre giorno del mio compleanno la rottura della carotide... Corsa nel corridoio a prendere il defibrillatore poi in sala operatoria... La tracheotomia, scheggiato un incisivo durante l'intubazione. Ormai è tardi, il vivere è evaporato. Dopo due giorni ulteriore operazione e sostituzione del tratto della carotide con una artificiale. Conseguenze: battito cardiaco a 180 per 3 mesi mentre il cervello non riesce a coordinare respiro e battiti. Dopo 6 mesi di nutrizione forzata c’è un rigetto. Arriva la condanna che bisogna non permettere: la PEG!
Un tubo nella pancia, da dove ci butteranno dentro di tutto, pappa color caffelatte, acqua, ogni tipo di medicinale (antibiotici, farmaci per l’epilessia, per urinare, la purga, cortisone, eparina, etc - 17 medicinali in tutto). Poi cerotto a rilascio lento di oppiaceo, sostituito ogni 3 giorni, lavata e rigirata più volte al giorno, la lotta contro i decubiti».

Strazianti le parole di papà Franco

«I tendini si ritirano ed il corpo va incontro a una contrazione, tende ad assumere la posizione fetale, ciò non permette l'igiene da parte di chi si occupa di ciò. Quanto dolore». - Afferma papà Franco. -  Un’altra operazione per mettere una macchinetta sotto pelle nel ventre per iniettare con un tubicino nella colonna vertebrale il medicinale per i tendini. «Ogni 5 settimane un viaggio in ambulanza ad Alessandria per ricaricare questa pompa del medicinale. Questo per 8 anni: il corpo si è abituato al suo nuovo modo di esistere, il cuore pompa il sangue nelle vene, le vene e i capillari arrivano dappertutto... Il tempo scandito da veglia e sonno, gli occhi in veglia aperti verdi bellissimi anche se ciechi, gli occhi chiusi in sonno e lì pare veramente che dorma normalmente, solo che non esiste più il suo io, il pensare, l'essere presente, l'essere nella ragione, l'essere nel mondo anche se ristretto di una stanza-tomba, l'essere in un letto-bara».
«Poi il corpo non regge più questo martirio, iniziano i primi scompensi, i muscoli non esistono più, la pelle diventa acquosa facilmente esposta a lesioni. Così iniziano i decubiti… Non si trovano più le vene per fare le flebo e le iniezioni.
La PEG (la condanna da evitare) ogni tanto si sposta ed entra più in profondità nello stomaco, quello stomaco che non è più abituato a ricevere cibo: è diventato piccolo e basta poco che la PEG spostandosi provochi la bile con conseguenze disastrose».
Poi la PEG non funziona più allora l'alternativa per alimentare è tramite vena che è quasi impossibile trovare. Praticamente non c’è più alimentazione, ciò che resta è Valium, morfina, ossigeno.

Una drammatica conclusione

La drammatica conclusione: «Si avvicina l'epilogo di questa esistenza. Ero preparato a questo, però mi ero illuso di vederla morire come se si addormentasse, anestetizzata dalla morfina, come in un sonno dalla vita alla morte. Invece non è così, magari fosse così… I reni non funzionano più, così il sangue non è più depurato e i liquidi si mischiano al sangue, i polmoni si riempono di liquido e il respiro diventa affannoso, battiti a 150, le punta delle dita bluastre, la pelle grigia, gli occhi velati da un gel bianco che non fa più ammirare il verde.
Credo di aver detto tutto, ora archivio questo mio scritto. Ho tenuto questo diario in onore di mia figlia Michela e far conoscere la sua storia. Per far sapere che ci sono queste realtà, ma che si possono evitare facendo il testamento biologico. Ci sono realtà che condannano alla non vita individui che non si possono opporre e non possono chiedere di volare via liberi. Fate in modo di no finire in questo limbo, perché la vita va vissuta se tale si può definire».
Ora addio, Michela.

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