LA TESTIMONIANZA

«Lei è mia mamma, si chiama Patrizia: l’ospedale, la sua vita»

Il racconto del figlio della caposala del Pronto soccorso di Chivasso.

«Lei è mia mamma, si chiama Patrizia: l’ospedale, la sua vita»
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«Lei è mia mamma. Si chiama Patrizia e ha 59 anni. Ha dedicato tutta la vita alla sua professione che ama in maniera smisurata grazie ad un senso etico fuori da ogni ordinario. L’ospedale è a tutti gli effetti la sua vita».

«Lei è mia mamma, si chiama Patrizia: l’ospedale, la sua vita»

«Lei è mia mamma. Si chiama Patrizia e ha 59 anni. Ha dedicato tutta la vita alla sua professione che ama in maniera smisurata grazie ad un senso etico fuori da ogni ordinario. L’ospedale è a tutti gli effetti la sua vita».
Con queste parole Stefano Italiano, figlio di Patrizia Mello, caposala del Pronto soccorso di Chivasso racconta chi è la sua mamma. Lo fa con orgoglio, non con paura perché lui sin da piccolo, come suo fratello Andrea, è cresciuto seguendo gli insegnamenti della sua mamma che gli diceva sempre che «non c’è da preoccuparsi perché a prendere le decisioni ci sono sempre persone responsabili e competenti».

La caposala con gli occhi del figlio

Dunque Stefano, quando sente la sua mamma, perché ormai dal 2 marzo non la vede se non da uno schermo del suo smartphone, non si preoccupa che viva una situazione pericolosa.

«Quando sento le sue parole subisco il suo stress e la sua stanchezza - racconta Stefano - non la sua paura perché so che non ne ha. In questa emergenza mamma è messa sotto pressione ma sono sicuro, perché lei è così, che sta prendendo tutte le precauzioni necessaria. E’ una donna meticolosa, che si attiene alle regole. E’ precisa nel suo lavoro.
E anche quando va a casa è attenta a non creare un contatto con mio papà Armando. Se lei è in una stanza, papà è in un’altra. Non toglie mai la mascherina, è ormai più di un mese che la indossa. E lo fa per la sua salute, per quella di papà ma anche per quella di tutti i suoi pazienti.
Io sono orgoglioso di mia mamma, sono fiero del suo lavoro e del suo impegno. Sono fiero del suo senso etico».

Amore e orgoglio che Stefano ha voluto condividere con tutto il mondo. Ha voluto raccontare della sua mamma che da settimane è segregata in Pronto soccorso, reparto che dirige, 16-20 ore al giorno.

«Io la posso vedere solo in videochiamata e mio padre non può stare più di qualche minuto nella sua stessa stanza. - ribadisce - Nonostante tutto, sotto quella mascherina sfoggia il suo miglior sorriso. Il perché lo so: non vorrebbe essere in nessun altro posto che lì, nel suo Pronto soccorso».

Patrizia è uno dei nostri eroi in questa guerra che si chiama Coronavirus. Una guerra che combatte con tutta la sua squadra e con l’amore della sua famiglia.

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