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L’oculista Panico primario all’Humanitas «Gradenigo»

Da lunedì 8 giugno è infatti il nuovo responsabile.

L’oculista Panico primario all’Humanitas «Gradenigo»
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Un altro tassello importante nella lunga carriera dell’oculistica per Claudio Panico. Che non a caso è giudicata un’eccellenza in ambito italiano.

L’oculista Panico primario all’Humanitas «Gradenigo»

Un altro tassello importante nella lunga carriera dell’oculistica per Claudio Panico. Che non a caso è giudicata un’eccellenza in ambito italiano. Da lunedì 8 giugno è infatti il nuovo responsabile dell’oculistica Humanitas Gradenigo di Torino. Lo abbiamo incontrato per una lunga chiacchierata.

L'intervista

Come mai ha deciso di lasciare il pubblico per il Gradenigo?

«In realtà non ho abbandonato il pubblico, perché Humanitas Gradenigo è un ospedale pubblico, dotato di Pronto soccorso, a cui i pazienti possono accedere attraverso il Sistema sanitario nazionale. Inoltre, ho vinto un Concorso pubblico da direttore di un reparto di Oculistica. Ero entrato 41 anni fa all'Oftalmico di Torino e lì ho svolto il ruolo di primario per circa 20 anni. Dopodiché sono stato coinvolto nel progetto di rinnovamento dell’Oculistica di Humanitas Gradenigo: ci ho creduto immediatamente avendo fin da subito unità di intenti con la Direzione generale.
Il reparto di Oculistica è stato completamente rinnovato negli spazi e negli arredi, nelle sale operatorie e negli ambulatori, ma soprattutto nella dotazione di tutti gli strumenti tecnologici d’avanguardia. Ad esempio saremo i primi in Italia a disporre di un nuovo microscopio con visualizzazione 3D e risoluzione 4K integrata, che ci renderà sempre più leader nella microchirurgia tridimensionale a grande schermo, al fine di rendere gli interventi meno traumatici e meno invasivi».

La sanità privata può aiutare quella pubblica?

«Contribuiremo ad accrescere l’offerta sanitaria pubblica, offrendo molti servizi nuovi ed effettueremo un Pronto soccorso oculistico nella fascia diurna 8-19 attraverso una procedura di “fast track”, che selezionerà i pazienti con problemi oculistici urgenti e li prenderà immediatamente in carico inviandoli all’oculista di guardia. Ci proponiamo come Centro di eccellenza perché mettiamo a disposizione dei pazienti dell’Ospedale tutta l’esperienza dei nostri specialisti e il massimo della tecnologia per le diverse patologie trattate. Cataratta, maculopatia, tutte le patologie della retina e della cornea, l’Oculistica di Humanitas Gradenigo diventa un Centro di riferimento per l’intero territorio torinese, nel rispetto della tradizione dell’Ospedale. Anche da un punto di vista della sicurezza dei pazienti, l’Oculistica di Humanitas Gradenigo si pone all’avanguardia: i sei ambulatori di visita vengono occupati in modo alternato, permettendo l’opera di sanificazione tra un paziente e l’altro ed evitando qualsiasi forma di assembramento».

Quali nuove sfide l’aspettano?

«Stiamo mettendo a punto un servizio di “SOS retina”, in modo da dare una risposta rapida alle patologie della retina e alle maculopatie, proponendoci come Centro di eccellenza per l’esperienza dei nostri specialisti e per l’assoluta qualità delle nostre attrezzature nei distacchi di retina, fori e pucker maculari, tutti trattati con una chirurgia a piccolo calibro, senza suture. Proponiamo un ambulatorio di patologie corneali di secondo livello, mentre stiamo richiedendo l’accreditamento per effettuare i trapianti di cornea per contribuire ad alleggerire le altre realtà cittadine da interventi impegnativi e costosi e ridurre le liste d’attesa».

L'oculistica è una delle branche mediche che negli ultimi anni ha fatto passi da gigante. Quali altri sviluppi si attendono?

«Il nostro campo di interesse è sempre stato la chirurgia mininvasiva a piccolo calibro. Qui sono avvenuti e avvengono i grandi cambiamenti, che a volte stentano a diffondersi per l’oggettiva difficoltà di imparare nuove tecniche sempre più miniaturizzate e per gli importanti investimenti economici che richiedono. Si applica essenzialmente in due campi. Uno è il trapianto di cornea, dove il nuovo tipo di intervento si chiama DMEK. È indicato nei casi di edema della cornea, distrofia di Fuchs e cornea guttata, tutte patologie molto diffuse in Italia. Per affrontarle, fino a 10 anni fa, si trapiantava la cornea per intero, poi solo il 30 per cento con la (DSAEK). Oggi, con questa nuova tecnica si trapianta appena l’1 per cento della cornea con il risultato che il paziente ci vede già dopo un paio di settimane e i rischi di rigetto sono ridotti. In Italia gli interventi con questa tecnica pionieristica sono ancora poco diffusi.
L’altro campo è quello delle malattie della retina e della macula, dove la vitrectomia mininvasiva o “MIVS 27 gauge” è l’ultima novità. Prevede 3 piccolissime cannule introdotte nella parte bianca dell’occhio (sclera) delle dimensioni di un ago da insulina (400 micron), all’interno delle quali scorrono micropinze, microforbici, fibre luminose e uno strumento che taglia e aspira, il vitrectomo. Siamo stati tra i primi in Europa nel 2011 a contribuire allo sviluppo e alla diffusione di questa tecnica, introdotta in via sperimentale nel 2010 da un chirurgo giapponese, Oshima.
In modo completamente indipendente è stato sviluppato un sistema di visione panoramico 3D su schermo gigante. L’intuizione è stata di associare questo sistema di visione montato sul microscopio operatorio alla chirurgia mininvasiva.
Il futuro della chirurgia oculare è l’associazione tra l’infinitamente piccolo (ago da insulina) e l’infinitamente grande (schermo da 55 pollici): un minuscolo ago del calibro di 400 micron viene visualizzato sullo schermo come se fosse un ferro da calza e questo favorisce il controllo dei micromovimenti. La diffusione dell’associazione delle due tecniche in Italia è ancora marginale per gli alti costi delle attrezzature e per la curva di apprendimento. Avendo sviluppato un'esperienza di oltre duemila interventi, siamo uno dei pochissimi centri di oculistica pubblici ad utilizzarlo di routine».

Come ha vissuto da medico questa pandemia?

«All’Oftalmico, in una prima fase abbiamo dovuto sospendere tutte le attività ambulatoriali e chirurgiche non urgenti e successivamente anche quelle urgenti, essendoci la necessità di usare le sale operatorie come rianimazioni. La sensazione è stata qualche volta di impotenza nel governare un processo sconosciuto con regole nuove e ignote e anche lontane dalle nostre competenze. Ora, in Humanitas Gradenigo, abbiamo iniziato l’attività ambulatoriale alternando i sei ambulatori, per permettere le opere di sanificazione tra un paziente e il successivo e abbiamo ripreso a ritmo ridotto gli interventi di cataratta e le iniezioni intravitreali, seguendo scrupolosamente i percorsi consigliati ed effettuando i tamponi preparatori a tutti i pazienti da operare».

Lo sci è una sua grande passione, quanto le è mancata la montagna?

«Mia moglie Silvia e io abbiamo in comune un grande amore per la montagna e per lo sci agonistico. Facciamo parte di una squadra Master e ci alleniamo regolarmente tutti i fine settimana e nelle vacanze con un istruttore su un tracciato di gara, con risultati diametralmente opposti. L’importante è fare un’attività condivisa, che piaccia e impegni entrambi. Prima del lockdown, sono riuscito ad accompagnarla in qualità di mental coach ad Innsbruck, in Austria, dove si sono svolte le Olimpiadi Master e dove ha ben figurato. Non ha potuto, invece, difendere il titolo italiano 2019 in SuperG e in slalom speciale, per il sopraggiungere della pandemia. Ritengo comunque giusta la decisione di chiudere tempestivamente gli impianti sciistici, per non mettere a rischio la popolazione nelle code e sugli impianti di risalita. Quindi, per concludere, di fronte a questa immane tragedia, non è stata affatto una rinuncia».

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