Massimo, da un semplice asma alla sindrome di «Churg Strauss»

Massimo, da un semplice asma alla sindrome di «Churg Strauss»
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Massimo Guariento è un uomo 51 anni che da ormai sette anni è consapevole di essere uno dei pochi piemontesi affetti da una malattia rara, la sindrome di Churg-Strauss: i casi che si registrano nella nostra regione si contano sulle dita di una mano.

Massimo, da un semplice asma...

Una malattia che Guariento vuol far conoscere perché la diagnosi possa venire effettuata in tempi brevi. Proprio con questo obiettivo nasce il progetto«IN-Formare» sull’EGPA che si pone l’obiettivo di affrontare alcuni punti irrisolti del viaggio del paziente, favorendo l’avvio di buone prassi per la diagnosi e la gestione della malattia. Un progetto per il quale è partita una raccolta fondi che sarà attiva sino alla fine del mese e alla quale si può aderire andando sul sito https://www.insiemeperapacs.org/

La storia

Massimo oggi ha 51 anni e da sette anni, appunto, sa di essere affetto da questa malattia rara. Ma il percorso di diagnosi non è stato proprio breve e forse tutto è cominciato nel 2002 quando ha avuto i primi episodi di asma.
Oggi, chiacchierando con lui in redazione, possiamo solo immaginare la paura e lo stato d’animo che ha vissuto quando ha iniziato il suo percorso: «Tutto è cominciato nel 2002 quando sono stato in Pronto soccorso a Chivasso per un’asma non allergica. Mi hanno dato una cura, che negli anni ho effettuato. Da quel giorno sono passati anni, molti anni.
Poi, nel giorno di Pasqua del 2015, ricordo che stavo andando al mare quando gli amici iniziano a dirmi che ero rosso in volto. Effettivamente non stavo benissimo, ma me la sentivo lo stesso di andare. Così raggiungo la meta, però inizio ad avere la febbre. Appena rientrato dal breve soggiorno, vado dal mio medico che pensando fosse una bronchite mi prescrive l’antibiotico e il cortisone. Ma nulla, la cura non ha effetti. Anzi, i sintomi aumentano. Compare anche un mal di testa molto forte. Così decido di andare in Pronto a Chivasso perché la situazione peggiora sempre più. Al nosocomio mi diagnosticano la scarlattina, perciò un’altra cura. Poi la situazione peggiora. Il mal di testa non mi permette nemmeno più di dormire la notte. Così ritorno in Pronto. Era una domenica mattina. A quel punto mi ricoverano, ma in Pronto soccorso perché non capiscono quale sia il reparto idoneo alle mie condizioni. Sono stato lì due settimane. Esami continui. Ad un certo punto la diagnosi era polmonite, ma non era nemmeno quella la malattia. Alla fine il Primario di Ematologia Roberto Freilone, parlando con una pneumologa dell’Asl To4, ha capito che si trattava di granulomatosi eosinofila con poliangioite. Così, non essendoci il reparto a Chivasso, mi consigliano l’ospedale San Luigi ad Orbassano. Qui comincio il percorso terapeutico normale, tra immunosoppressori e cortisone. Una cura che è durata tre anni, ma ogni cinque o sette mesi avevo una ricaduta. Nel 2018 il medico mi indica che l’unica strada era una cura di monoclonali. Così vengo dirottato al San Giovanni Bosco, al centro di malattie rare, dove mi confermano la diagnosi fatta nel 2015 e la cura con le monoclonali. Ed ecco che mi sottopongo al ciclo di monoclonale che mi risolve la soluzione. La mia situazione di stabilizza, prendo 5 milligrammi al giorno di cortisone, una dosa necessaria per tenere sotto controllo l’infezione. La sua origine? Non si sa, ma uno dei primi sintomi è stato l’asma».

Una dura realtà

Nella parole di Massimo però si comprende la paura che ha vissuto quando gli è stata diagnosticata la malattia: «Mi è crollato il mondo addosso. Una malattia che colpisce dieci pazienti ogni milione di abitante. E all’inizio non conoscevo nessuno nella mia situazione. Poi, grazie ad un collega che usava già Facebook, ho trovato un gruppo. Mi sono iscritto, ho iniziato a confrontarmi. Nel 2016 ad una cena ho conosciuto una ventina di persone affette dalla sindrome. E mi sono sentito fortunato. Perché? Perché i miei problemi era minimi rispetto a chi aveva difficoltà ai reni, fibromalgie, difficoltà motorie o neurologiche.
Io certo, avevo avuto i miei problemi. Avevo difficoltà ad andare a lavoro, quando la malattia era acuta, non riuscivo ad andare in palestra. I movimenti più banali sembravano estremi perché ero stanco e avevo male. Certo, ho un’invalidità minima ma sto bene. Posso lavorare, con il tempo sono tornato in palestra. Oggi apprezzo uno stile di vita sano dal punto di vista alimentare. Questo perché ho avuto la fortuna di avere medici consapevoli, perché il lavoro di equipe nei vari nosocomi è stato efficace. Proprio per questo motivo voglio, insieme all’associazione, divulgare anche tra i medici la conoscenza di questa malattia e alcuni professionisti del territorio sono entusiasti di questo».
Insomma, la storia di Massimo è una di quelle che deve insegnare a non sottovalutare alcun sintomo e che è importante l’informazione in campo medico, a prevenire situazioni che potrebbero peggiorare.

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