il caso

'Ndrangheta, azienda di trasporti chivassese finisce nella «lista nera»

Bocciata la richiesta di iscrizione all’elenco dei fornitori della Prefettura. Troppi legami con la criminalità organizzata.

'Ndrangheta, azienda di trasporti chivassese finisce nella «lista nera»
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Parentele, amicizie, rapporti di lavoro, una ragnatela che copre ogni cosa marchiandola per sempre. Parliamo della ’ndrangheta, che ogni settimana si conferma sempre più radicata nel territorio chivassese. Nomi nuovi, mai letti nelle carte delle ordinanze che ci accompagnano dal 2011 ad oggi scritti accanto a quelli di chi sta scontando la propria pena in carcere, aziende fiorenti su cui ora cade più di un sospetto.

'Ndrangheta, azienda di trasporti finisce nella «lista nera»

La storia che stiamo per raccontare parte da una sentenza (piena di omissis) pronunciata dalla Prima Sezione del Tar del Piemonte (presidente Paola Malanetto, estensore Angelo Roberto Cerroni) lo scorso 23 giugno e pubblicata pochi giorni fa.
Al centro, il ricorso (bocciato) presentato da un’azienda di trasporti con sede a Chivasso contro il provvedimento del Prefetto di Torino che aveva bocciato la richiesta di «Iscrizione nell'elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori (White list) istituito presso la Prefettura di Torino», e contro «L'informazione interdittiva antimafia adottata dal Prefetto di Milano».
La titolare dell’azienda (una donna ripetiamo assolutamente sconosciuta alle cronache), nel 2014 aveva come detto chiesto l’iscrizione nella White List per la sua società attiva nell’ambito dell’autotrasporto conto terzi (anche in discarica), ricevendo però il rigetto dell’istanza «Essendo emersi elementi dai quali riteneva sussistente il concreto pericolo di infiltrazioni mafiose tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi dell’impresa».

La sentenza

«La ricorrente - scrivono i giudici nella sentenza - è, in primo luogo, figlia di - Canio - (quelli utilizzati sono tutti nomi ipotetici), ucciso il 7 marzo 1989, a detta della stessa, per mano di ignoti ed estraneo, se non vittima, delle attività delle organizzazioni mafiose operanti nella zona. In verità, dalle risultanze info-investigative si evince che Canio fosse elemento di spicco del clan “Tizio - Caio” operante in - OMISSIS - con ramificazioni anche in Piemonte, in cruenta contrapposizione con il clan - OMISSIS - da cui ne uscì vittima a seguito di un agguato sanguinoso.

I rapporti più significativi sarebbero allo stato intrattenuti con il cugino di primo grado, - Tizio -, destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP del Tribunale di Torino per violazione, tra l’altro, dell’art. 416-bis c.p. in quanto questi sarebbe parte “dell’associazione mafiosa ‘ndrangheta operante in Piemonte, quale esponente della famiglia - Tizio Caio -, operante in - OMISSIS - con la dote quantomeno di Picciotto, attivo a Montanaro, a Torino e nelle province di Torino, Novara e Vercelli, con la qualità di partecipe attivo alla associazione di stampo mafioso denominata ‘ndrangheta con il compito di assicurare le comunicazioni tra gli associati, partecipare alle riunioni ed eseguire le direttive dei vertici della società e dell’associazione, riconoscendo e rispettando le gerarchie e le regole interne al sodalizio e mantenendo rapporti con appartenenti ad altre cosche, con lo scopo di commettere delitti in materia di armi, esplosivi e munizionamento, contro il patrimonio, la vita e l’incolumità individuale, in particolare, commercio di sostanze stupefacenti, estorsioni, usure, furti, abusivo esercizio di attività finanziaria, riciclaggio, reimpiego di denaro di provenienza illecita in attività economiche, corruzioni, favoreggiamento latitanti, corruzione e coercizione elettorale, intestazione fittizia di beni, ricettazione, omicidi; acquisire direttamente e indirettamente la gestione e/o il controllo di attività economiche, in particolare nel settore edilizio, movimento terra, intrattenimento notturno e calcistico, acquisire appalti pubblici e privati; ostacolare il libero esercizio del voto, procurare a sé o ad altri voti in occasione di competizioni elettorali convogliando in tal modo le preferenze su candidati a loro vicini in cambio di future utilità”.

Invero, la caratura criminale di - Tizio - appare corroborata da innumerevoli altri pregiudizi penali e di polizia, essendo stato attinto da altre ordinanze cautelari per fatti di ricettazione, violazione della normativa sulle armi e gli stupefacenti, oltre a figurare come frequentante di soggetti pregiudicati afferenti a sodalizi criminosi di matrice ‘ndranghetista.

Sempre nella rete dei cugini di primo grado della ricorrente figura - Caio -, vittima superstite degli stessi agguati mafiosi in cui cadde, invece, vittima il padre della ricorrente e destinatario di provvedimenti restrittivi nel maggio del 1990 per associazione per delinquere di tipo mafioso, omicidio ed estorsione. Infine, la ricorrente è anche cugina di - Tizia -, moglie di - Fenio -, attualmente detenuto per scontare la pena dell’ergastolo riportata il 30 luglio 2013 con sentenza della Corte di assise di -OMISSIS-.

Sotto tale ulteriore angolo visuale le risultanze info-investigative sono prodighe di elementi fattuali di elevato valore sintomatico: in particolare, il fratello della ricorrente, - Nevio -, è additato espressamente come coadiuvante l’attività di impresa e risulta aver intrattenuto continuativi rapporti di natura confidenziale o fiduciaria con - Tizio - avendogli concesso in uso – come risulta da numerosi controlli stradali - un autocarro di sua proprietà, precedentemente acquistato da - Decio -, ulteriore esponente della locale ‘ndrina di Chivasso, attinto dalla medesima ordinanza cautelare che ha interessato lo Tizio. In diversi frangenti, il fratello - Nevio - e il figlio della ricorrente, - Sempronio -, sono stati sottoposti a controlli di polizia in compagnia tra loro e, in un’altra occasione, in compagnia di un cittadino marocchino pluripregiudicato per numerosi reati in materia di armi e per rapina.

A ciò si aggiunga che anche - Caio - non si è limitato alla cura dei rapporti familiari, ma ha stretto con la ricorrente rapporti di natura economico-professionale, essendo risultato alle dipendenze dell’impresa individuale dal 2005 al 2012 e comparendo alla guida di un mezzo intestato alla stessa in data 29 settembre 2014. Il complesso delle evidenze probatorie corrobora la tesi sostenuta dall’Amministrazione circa l’assiduità, l’intensità e l’intreccio dei rapporti familiari e lavorativi tra la ricorrente e i familiari appartenenti ai sodalizi criminali la quale non viene scalfita dalle deduzioni attoree, che si limitano ad un tentativo di confutazione apodittica non suffragato da alcun elemento probatorio.

(...) Nel caso venuto all’odierno esame il compendio di situazioni indizianti è fitto e variegato, intersecando legami di natura familiare o parentale a situazioni di comprovata cointeressenza, collaborazione o frequentazione non sporadica, né casuale e viene acuito dal fatto che i personaggi che orbitano nella trama di relazioni attorno all’attività di impresa sono tutti gravati da pregiudizi o carichi penali per fatti di marcato disvalore sociale invariabilmente riconducibili al fenomeno associativo di stampo ‘ndraghetista».

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