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‘Ndrangheta, i Vazzana verso il processo

Chiusa nei giorni scorsi l’indagine legata all’operazione «Platinum» della Dia.

‘Ndrangheta, i Vazzana verso il processo
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Sono ormai undici anni che, senza soluzione di continuità, che raccontiamo di come la 'ndrangheta tenti di imporre (e spesso ci riesca) il proprio controllo su di un territorio che non solo non ha anticorpi, ma risulta anche permeabile alle lusinghe di chi, in cambio, offre soldi e potere.

‘Ndrangheta, undici anni di inchieste

Dopo le storiche «Minotauro» e «Colpo di Coda», a cui sono seguite le comunque importanti «San Michele», «Alto Piemonte», «Cerbero» e «Carminius», ora torniamo ad occuparci della «Platinum», inchiesta condotta dalla DIA nel maggio del 2021 che sta avendo ancor oggi pesanti, pesantissime ripercussioni sulla vita politica chivassese.
La novità è di pochissimi giorni fa, ed è legata alla chiusura delle indagini che salvo (improbabili) colpi di scena porterà presto una quarantina di persone a processo.

I Vazzana verso il processo

Tra di loro anche i notissimi chivassesi Mario e Giuseppe Vazzana, con interessi nel settore alberghiero a Volpiano ma attivi anche a Chivasso con bar e attività commerciali «di famiglia». Secondo la Dia e il pm Valerio Longi, i Vazzana accanto a quella di rispettabili imprenditori avrebbero anche una seconda vita da affiliati alla ‘ndrangheta dai primi Anni ‘90.
Nel corso di questi trent’anni, sempre secondo le accuse avrebbero messo a disposizione di ‘ndranghetisti i loro hotel per garantire ospitalità «riservata» (non comunicata alla polizia come prevede invece la legge in materia) assumendo anche alle proprie dipendenze alcuni affiliati per consentire loro di ottenere misure alternative alla detenzione.
Le intercettazioni
Ma sono le numerose intercettazioni spuntate nelle carte dell’inchiesta ad aver scatenato il dibattito politico all’ombra della Torre Ottagonale, dato che in molte di queste il dialogo era tra Pino Vazzana e l’attuale sindaco Claudio Castello.
Non poche (e sono queste quelle che più hanno acceso il dibattito), erano precedenti alle elezioni.
«Alcune conversazioni telefoniche - si legge nell’ordinanza - seppure non possano dirsi chiaramente suggestive di un vero e proprio scambio elettorale politico mafioso, comprovano la sussistenza di un interesse di Vazzana alla realizzazione di proprie aspettative personali (in particolare la concessione dell’agognato campo da calcetto adiacente al bar in un’area di nuova edificazione), tanto da orientare il proprio sostegno alla coalizione dalla quale riteneva più probabile la soddisfazione del proprio interesse».
Il 12 giugno del 2017, dopo alcune telefonate (anche con sconosciuti) sull’analisi del voto - primo turno, ballotaggio successivo tra Castello e Matteo Doria - Vazzana era stato contattato anche da Castello, «Al quale Vazzana lascia chiaramente intendere di essersi attivamente impegnato per il conseguimento del suo successo elettorale. Inoltre, alla richiesta esplicita di Castello di continuare a fornire il proprio supporto anche per il ballotaggio, Vazzana gli assicurava l’impegno proprio e di altre persone non meglio identificate».
Castello si è sempre difeso ribadendo di non sapere che i Vazzana fossero legati alla criminalità organizzata, ma che fossero personaggi di un certo spessore, in quel mondo, lo si capisce anche da un passaggio dell’ordinanza relativo all’assetto della Green srl, la società che tra gli altri gestisce anche il «Nimbus Cocktail Bar», nel parco commerciale di via Impastato.
Tra i dipendenti della società, infatti, risultava anche la presenza di Saverio Barbaro, che tra il novembre 2015 e il febbraio 2017 ha percepito compensi per aver svolto attività lavorative. Saverio è il figlio di Giuseppe Barbaro, morto in carcere nel 2016, arrestato nell’ambito della «Minotauro».
E ancora, già nel 2019 i loro nomi si rincorrevano nella carte della «Cerbero», come detto altra importante operazione dei carabinieri finalizzata a tagliare le radici della criminalità organizzata calabrese.

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