’Ndrangheta, il Pm chiede sei anni e otto mesi per Giuseppe Vazzana
Battute finali per il processo legato all’operazione Platinum
Una condanna a sei anni e otto mesi per l’imprenditore chivassese Giuseppe «Pino» Vazzana e a otto anni e cinque mesi per suo fratello Mario, anche lui conosciutissimo in città.
’Ndrangheta, il Pm chiede sei anni e otto mesi per Vazzana
Queste le richieste che nel pomeriggio di martedì 13 giugno, il Pubblico Ministero Valerio Longi ha presentato nell’aula del Tribunale di Ivrea, davanti al Presidente Stefania Cugge, con giudici a latere Antonio Borretta e Lucrezia Natta.
Pene pesanti, comunque «abbassate» dagli «sconti» legati alle attuanti generiche prevalenti sulle aggravanti: per Giuseppe Vazzana (su cui pesava anche una recidiva), infatti, la richiesta di partenza era di dieci anni di reclusione.
I Vazzana, il cui arresto ha scatenato il dibattito politico chivassese a causa di alcune telefonate di Giuseppe con l’allora candidato sindaco Claudio Castello, devono rispondere del primo capo d’imputazione, ovvero di associazione di tipo mafioso (articolo 416 bis del Codice Penale), «Per aver fatto parte dell’associazione mafiosa denominata ‘ndrangheta, operante da anni sul territorio piemontese, avvalendosi della forza di intimidazione del vincolo associativo e delle conseguenti condizioni di assoggettamento e di omertà createsi nel territorio, ed avente propri referenti di collegamento con le strutture organizzate insediate in Calabria, costituita da diverse articolazioni territoriali denominate locali e ‘ndrine, e in particolare della Locale di Volpiano».
Il caso
Nello specifico, «I due fratelli risulterebbero affiliati prima del 27 febbraio 1991, in qualità di partecipi, creando e gestendo attività d’impresa anche mediante l’impiego dei proventi di illecite attività del locale, ponendo costantemente a disposizione degli altri affiliati, anche di altre articolazioni territoriali della ‘ndrangheta, le strutture ricettive gestite al fine di garantire ospitalità riservata e non registrata nei registri di pubblica sicurezza, concedendo in uso gratuito immobili ad uso residenziale ad altri appartenenti al locale, assumendo alle formali dipendenze delle imprese da loro gestite appartenenti al locale o ad altre articolazioni territoriali della ‘ndrangheta, anche al fine di consentire la fruizione di misure alternative alla detenzione, con il compito di assicurare le comunicazioni tra gli associati, partecipare le riunioni ed eseguire le direttive dei vertici della società e dell’associazione, riconoscendo e rispettando le gerarchie e le regole interne al sodalizio».
Le altre richieste
Mario Vazzana, invece, deve rispondere anche di aver utilizzato 40 mila euro procurati da Antonio Agresta - considerato capo del locale di Volpiano - per l’acquisto di un ristorante.
Presente in aula anche l’avvocato Andrea Castelnuovo, che rappresenta Palazzo Santa Chiara come Parte Civile, che nel suo intervento ha chiesto un risarcimento di 30 mila euro (con una provvisionale immediatamente esecutiva di 20 mila) rimarcando il gravissimo danno d’immagine subito dal Comune di Chivasso.
Impossibile non cercare collegamenti con le intercettazioni che hanno tirato in ballo il sindaco Castello in merito al bar del Campus delle Associazioni e a quello dell’area commerciale a nord della città, non «penalmente rilevanti» ma comunque in grado di scatenare un’ampia polemica.
Le parole dell'avvocato
«Il fatto che il Sindaco sia comparso di fronte a questo Tribunale come testimone - ha dichiarato Castelnuovo - è stato oggetto di un’eco giornalistica localmente sensazionale, che dà la misura della rilevanza della vicenda per la popolazione locale: è sicuramente sconvolgente per la pax sociale sapere che, non ancora spenta l’eco del processo Minotauro, soggetti che prima del processo erano considerati cittadini modello ammantati di considerazione e stima a livello cittadino come imprenditori e come persone, possono essere coinvolti in un reato grave come l’associazione di tipo mafioso è un vulnus all’immagine del Comune di immediata percezione».